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12.12.2024

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I primi libri liturgici
31 Gennaio 2014

I primi libri liturgici

 


Il Vangelo si propaga in tempi apostolici per il bacino del mediterraneo e l’Asia minore, nel greco internazionale (Koiné). Così, la redazione definitiva del Nuovo Testamento si fa in questa lingua e la versione dell’Antico Testamento che usano i cristiani sarà quella greca, conosciuta come traduzione de “i Settanta”. Anche la maggioranza dei primi scritti cristiani si stende in lingua greca ed in greco sono le prime formule liturgiche che, di modo catechetico o testimoniale, ci sono giunte.
Questo è il caso, per Roma, della tanto conosciuta Tradizione Apostolica (sec. III), libro che presenta come “apostolici” molti usi romani antichi per difenderli di fronte all’arrivo di nuove forme liturgiche. Questo testo non fu mai propriamente un libro usato per celebrare, bensì un libro apologetico che presenta formule “tipo” di quello che sarebbero state le antiche orazioni romane.
Oggi qualche autore, dopo che la critica storica ha scartato l’attribuzione di questo scritto al polemista presbitero romano chiamato Ippolito, arriva perfino ad affermare che questi non fossero usi romani, bensì di qualche comunità orientale. La cosa certa è che in quelle epoche antiche Roma, prima con Antiochia e poi con Alessandria, fu sempre in relazione con l’Oriente. Inoltre è indiscutibile che, quanto agli usi liturgici, la Tradizione Apostolica raccoglie quello che Roma conserva.
Ma dietro il cambiamento di lingua, c’è qualcosa di più. Vi è, in primo luogo, il lungo processo di inculturazione della “fede” in Roma e nella sua ampia area di influenza. Toccò ai Padri apostolici e, specialmente agli Apologisti, lottare per distinguere chiaramente la Verità cristiana dagli errori pagani, in polemica con quei riti e miti che nelle loro forme potevano assomigliare alle tradizioni cristiane. Soltanto più tardi, a partire dal secolo V, si potrà cominciare ad assumere “linguaggi” e forme cultuali o sociali romane nel culto cristiano.
Doveva formarsi un “vocabolario” della fede in una lingua, prima che questa potesse tradurre l’intera Bibbia o la Liturgia. In ciò furono di grande aiuto gli scrittori delle province più romanizzate: il nord dell’Africa (Cartagine) – prolifici autori antichi come san Cipriano o il teologo Tertuliano che sfortunatamente finì per diventare montanista – o la Spagna, con grandi latinisti già alla fine del secolo IV, prima delle invasioni barbariche del V, per esempio Prudenzio, il grande innografo latino. In realtà, le prime versioni dell’intera Bibbia in latino, chiamate “Vetus Latini”, sono africane ed ispaniche.
Non v’è da meravigliarsi che un Papa di origine tradizionalmente ispanica, san Damaso (pontefice dal 366 al 384), fu l’autore delle epigrafi ai martiri romani nelle catacombe, preludio dell’eucologia romana latina, e che egli stesso promuova il passaggio della Liturgia Romana al latino, incaricando per l’adeguamento della versione biblica il suo segretario, san Gerolamo (nato nel 340 e morto a Betlemme nel 420).
In secondo luogo vi è la grande questione della fede.
La pace della Chiesa, che arriva durante il secolo IV con il decreto di tolleranza di Costantino e, dopo la reazione paganizzante dell’imperatore Giuliano, mediante lo statuto di religione ufficiale dell’Impero, porta una grande espansione ma anche, col profondere le energie nell’insegnamento della fede, l’apparizione delle grandi controversie dottrinali, specialmente intorno al mistero di Cristo.
Saranno i tempi della chiarificazione dottrinale e dei grandi concili ecumenici, nel lasso di tempo che tocca Nicea (325), Costantinopoli I (381), Efeso (431), Calcedonia (451), Costantinopoli II (553), e Costantinopoli III (681), per segnalare i più rappresentativi, in questo ventaglio che copre i secoli IV e V, prolungandosi per alcune questioni fino al secolo VII.
Per Roma, come per molte delle grandi Sedi della cristianità, era il momento della inculturazione, il momento della nascita di quelli che conosciamo come i Riti. Ma questo compito si doveva espletare contemporaneamente stabilizzando la fede cattolica per mano dei grandi Concili Ecumenici. In questo momento sorge la necessità di una codificazione scritta della Liturgia, garantita dal Papa e dai Concili, ed è il momento della nascita di quelli che considereremo i primi Libri Liturgici.
In questo contesto, negli anni di san Leone Magno, che sono i tempi di sant’ Ambrogio a Milano, si sviluppa il Canone Romano, la Preghiera Eucaristica di Roma, chiamato “canone” per essere da quel momento “normativa”.
Poco dopo appariranno le prime collezioni di testi eucologici per la Messa e i Sacramenti della Chiesa di Roma, il Sacramentario Veronese, chiamato anche Leoniano, e posteriormente i due grandi sacramentari già organizzati sulla struttura dell’Anno Liturgico Romano, generato con la tradizione e la teologia di san Leone: quello chiamato Sacramentario Gelasiano e quello denominato Sacramentario Gregoriano, secondo molti l’uno per i Tituli o parrocchie di Roma e l’altro di uso prettamente papale. (4 Continua)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

IL TIMONE  N. 105 – ANNO XIII – Luglio/Agosto 2011 – pag. 47

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