Nonostante la difficile situazione, la sfida delle sette e la diffusione del laicismo, la Chiesa in Brasile è viva. E la fede genera continuamente nuove realtà. Unite dal desiderio di portare ogni uomo a Cristo
La Giornata mondiale della gioventù che si terrà a Rio De Janeiro dal 23 al 28 luglio sarà la prima in America Latina e accoglierà il primo Papa latinoamericano della storia. Già questo basta per renderla un evento memorabile. In più si svolgerà in Brasile, la superpotenza regionale, il Paese che conta più cattolici al mondo e in cui soprattutto la Chiesa è alle prese con una sfida il cui esito avrà ricadute importanti per tutta la cattolicità.
Lo scenario a cui ci riferiamo l’ha sintetizzato nel 2005 l’allora arcivescovo di San Paolo, il cardinale Claudio Hummes, in un intervento al sinodo sull’Eucaristia in Vaticano che ha fatto rumore. «In Brasile i cattolici diminuiscono in media dell’1 per cento all’anno – disse Hummes in quell’occasione –, nel 1991 i brasiliani cattolici erano circa l’83 per cento, oggi, secondo nuovi studi, sono appena il 67 per cento. Ci domandiamo con angoscia: fino a quando il Brasile sarà ancora un Paese cattolico? Risulta che oggi per ogni sacerdote cattolico ci siano già due pastori protestanti, la maggior parte di chiese pentecostali». I dati aggiornati al 2010 parlano di un’ulteriore flessione: i brasiliani che si dicono cattolici sarebbero il 65 per cento e la drammaticità di questa cifra la si può comprendere se si pensa che nel 1970 erano circa il 90 per cento, la quasi totalità della popolazione. Una perdita, insomma, del 25 per cento in quattro decadi.
A lungo si è puntato il dito contro l’espansione dei movimenti e delle “chiese” pentecostali, troppo spesso etichettate abusivamente come “sette” , definizione che andrebbe riservata alle effettive sette di matrice animista o esoterica, presenti anch’esse in modo rilevante in Brasile. Ciò che è sfuggito a molti, nel frattempo, è stata la crescita della secolarizzazione in un Paese che, se pur conserva vastissime zone di arretratezza, in altre è alle prese con uno sviluppo economico galoppante. E come accade abbastanza regolarmente alle società che entrano in una dinamica di industrializzazione e benessere prima sconosciuti, anche in Brasile il segmento socio-religioso maggiormente in crescita è diventato quello di coloro che si definiscono atei, passati in 30 anni dallo zero virgola al 15 per cento.
Una spia dell’evoluzione in atto è stata messa in luce da Philip Jenkins, famoso studioso americano degli assetti globali delle religioni, che parlando a febbraio con il New York Times ha suggerito: «Se fossi un cardinale brasiliano sarei più preoccupato dalla dimensione delle famiglie e dal tasso di fertilità», sottinteso che del rigoglio pentecostale. L’indice di fertilità è oggi in Brasile infatti di 1,83 figli per donna, il più basso dell’America Latina e sensibilmente al di sotto di quella soglia di 2,1 figli per donna considerata il limite per il normale ricambio generazionale e la stabilità demografica.
Questa è la faccia negativa della medaglia. Quella positiva l’ha indicata invece Benedetto XVI nel luglio 2007, parlando a braccio con il clero di Belluno due mesi dopo il suo viaggio apostolico in occasione della Conferenza generale dell’episcopato latinoamericano e dei Caraibi: «In Brasile sono arrivato sapendo come si espandono le sette e come sembra un po’ sclerotizzata la Chiesa cattolica – disse allora il Papa – ma una volta arrivato ho visto che quasi ogni giorno nasce una nuova comunità religiosa, nasce un nuovo movimento, non solo crescono le sette. Cresce la Chiesa con nuove realtà piene di vitalità, non così da riempire le statistiche – questa è una speranza falsa, la statistica non è la nostra divinità – ma crescono negli animi e creano la gioia della fede, creano presenza del Vangelo, creano così anche vero sviluppo del mondo e della società».
Il Brasile è infatti oggi la maggiore fucina di nuove comunità cattoliche, intendendo con questo termine realtà che vedono nascere attorno a un nuovo carisma forme di vita consacrata e di impegno laicale. Attualmente si stima che vi siano circa 500 nuove comunità o movimenti. Il panorama è variegato all’estremo, ma tra i denominatori comuni si riconoscono in queste nuove fondazioni la radicalità dell’impostazione, lo slancio verso l’evangelizzazione e la capacità di attrarre il pubblico giovanile.
Tre esempi, tra tanti possibili. La Comunità Shalom è nata all’inizio degli anni ’80 a Fortaleza per iniziativa di alcuni studenti universitari, in particolare due: Moyses Louro do Azevedo Filho, che ha fatto una scelta di vita celibataria, e Maria Emmir Oquendo Nogueira, che si è invece sposata. Nel 2007 Shalom ha ottenuto il riconoscimento pontificio come associazione privata di fedeli, conta oltre 3.000 membri di ogni classe sociale ed è presente in 60 diocesi brasiliane e 16 Paesi. Sorta nel solco del Rinnovamento carismatico cattolico, organizza gruppi di preghiera, centri di catechesi e di formazione – in cui hanno largo spazio musica e teatro – il tutto focalizzato all’incontro personale con Cristo e all’evangelizzazione. È la comunità che ha avuto più visibilità negli ultimi anni ed è citata spesso per illustrare il nuovo fermento cattolico brasiliano.
La Fraternità “Toca de Assis”, ossia capanna di Assisi, nasce invece a Campinas, nello Stato di San Paolo, nel 1994, dall’ispirazione di un giovane religioso stimmatino, José Roberto Lettieri. È una famiglia che riunisce due istituti di vita consacrata, i Figli e le Figlie della Povertà del Santissimo Sacramento. Pilastri della loro esperienza religiosa sono l’amore per l’Eucaristia, nell’adorazione del Santissimo Sacramento, e la riscoperta della radicalità francescana, soprattutto con il lavoro fra gli irmãos de rua, i fratelli della strada, ossia le vite ai margini della società. Il tutto in un misto di amore per la Tradizione (anche nei segni esteriori, come l’uso da parte dei frati della tonsura) e di innovazione, come si può notare anche dalla cura della propria immagine su internet. Sono attivi in Brasile e in Ecuador, con una quarantina di centri e oltre un migliaio di membri, uomini e donne nei vari stadi del percorso di consacrazione, oltre ai laici che seguono il loro carisma. È considerata una delle comunità in più forte espansione.
Attori di primo piano sono anche gli Araldi del Vangelo, associazione di fedeli di diritto pontificio che riconosce come fondatore monsignor João Scognamiglio Clá Dias. Si tratta della realtà nata da una spaccatura sorta in seno all’associazione Tradizione Famiglia e Proprietà (TFP), dopo la morte del suo leader Plinio Corrêa de Oliveira (1908-1995). Delle vicende complesse che hanno portato a questa divisione ha fornito un resoconto dettagliato Massimo Introvigne nella biografia dedicata a Corrêa de Oliveira, Una Battaglia nella Notte (Sugarco, 2008). Quello che qui vale la pena segnalare è che in Brasile circa il 60 per cento dei membri effettivi e una percentuale attorno all’80 dei cooperatori della TFP brasiliana sono passati agli Araldi del Vangelo (un esito analogo è avvenuto in Ecuador, Cile, Argentina, Uruguay, Canada, Spagna e Portogallo). La loro crescita, come scrive Introvigne, ha superato ogni previsione: 35 sacerdoti, oltre duecento case nel solo Brasile, una presenza in una sessantina di Paesi, – in molti dei quali nel 1997, data della “scissione”, la TFP non aveva società sorelle –, circa quattromila membri a tempo pieno. Dagli Araldi sono nate anche due società di vita apostolica, una clericale, Virgo Flos Carmeli, e una femminile, Regina Virginum. Il loro stile, rispetto a quello della matrice TFP, si distingue per aver abbandonato un’apologetica frontale nei confronti del progressismo cattolico e una militanza politica nel segno dell’anticomunismo e, per quanto riguarda specificamente il Brasile, della lotta contro la riforma agraria. E nell’essersi concentrati sull’aspetto spirituale del carisma, a servizio della nuova evangelizzazione.
Un riconoscimento simbolico ma molto significativo è arrivato agli Araldi da Benedetto XVI, che nel libro-intervista con Peter Seewald Luce del mondo ha voluto citarli espressamente, in merito al risveglio di un certo cattolicesimo brasiliano, come esempio di «giovani pieni di entusiasmo per aver riconosciuto in Cristo il Figlio di Dio e vogliosi di annunciarlo al mondo».
IL TIMONE N. 124 – ANNO XV – Giugno 2013 – pag. 28 – 29
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