Né esaltazione né condanna. Da biasimare l’aspetto trasgressivo, da valorizzare quello dell’allegria e dello scherzo, perché il cristianesimo è la religione della gioia. Anche Gesù rideva e scherzava.
Il senso attribuito al carnevale dai cristiani
Il carnevale si svolgeva già, perlomeno, presso i Greci ed i Romani (i primi celebravano i Baccanali, i secondi i Saturnali) e con l’avvento del cristianesimo acquista un significato nuovo a cui allude la probabile etimologia: “carne vale”, cioè saluto alla carne, in quanto la quaresima era un periodo di quaranta giorni di magro (tanto che le botteghe dei macellai venivano chiuse) e di rigoroso digiuno prima della Pasqua. Oggigiorno l’astinenza dalla carne è richiesta solo nei venerdì di quaresima ed il digiuno (peraltro commisurato alla situazione di ciascuno, quindi non necessariamente totale) è tassativo solo il primo giorno di quaresima e nel venerdì santo; quanto alla penitenza, è mediamente molto meno praticata. Dunque, da questo punto di vista, il senso del carnevale per il cristiano si è molto sbiadito.
L’aspetto da biasimare
Per non poche persone resta l’aspetto trasgressivo pre e anti cristiano: come ha scritto giustamente Vittorio Messori qualche anno fa (cfr. bibliografia), in passato il carnevale rispondeva al desiderio di un periodo di «zona franca» per una massiva soddisfazione di (discutibili) bisogni che nel resto dell’anno generalmente la società biasimava in modo duro: il bisogno, semel in anno, «di allentare i freni morali, di lasciar spazio ai richiami della gola, magari dell’erotismo. Il bisogno di sospendere i ruoli sociali (e sessuali: quanti uomini travestiti da donne!) con le loro gerarchie e i loro doveri. […] Ebbene: basta guardarsi attorno per accorgersi che, oggi, tutto l’anno è carnevale. Siamo figli del Sessantotto e del suo “è vietato vietare”: che è – basta pensarci un poco – l’estensione universale della zona franca carnevalesca». Oggi non solo il permissivismo è totale, non solo i ruoli sociali maschili e femminili sono stati sovvertiti, ma anche l’identità maschile/femminile è messa in discussione dall’ideologia di gender (secondo cui l’essere maschio/femmina non è un dato di fatto da assumere, ma un’opzione a disposizione del soggetto, come anche essere bisessuali, omosessuali o transgender). Ora, riguardo a questa dimensione “licenziosa” del carnevale di alcuni soggetti (ma non certo di tutti) il giudizio non può che essere negativo.
Gesù scherzava?
Ci si può ancora chiedere se Gesù rideva. È vero che nei vangeli il verbo ridere non gli viene mai attribuito, ma ci sono verbi che potrebbero benissimo indicare anche il ridere di Gesù, come spiega Gianfranco Ravasi (cfr. bibliografia), che cita inoltre un testo di Helmut Gollwitzer (dal titolo La gioia di Dio) che investiga sulla frequente presenza dei verbi della gioia e dell’esultanza nel vangelo di Luca.
Sappiamo di certo dai vangeli che Gesù partecipava alle feste (per esempio alle nozze di Cana), che beveva e che mangiava e per questo veniva criticato dai moralisti del tempo: ««È venuto il Figlio dell’uomo che mangia e beve e dicono: ecco un mangione e un beone, amico di pubblicani e di peccatori» (Mt 11,19)». Già per questo motivo ad una certa iconografia e ad una certa filmografia (per esempio i film di Pasolini ed anche di Zeffirelli, se non ricordo male) che ritraggono Gesù sempre e solo serioso, severo, compunto e ieratico è preferibile La Passione di Mel Gibson, che in una scena gioiosa e toccante (rappresentata in un flashback), gioca, ride e scherza con sua Madre.
Infine, Gesù ha assunto tutto della condizione umana, fuorché il peccato, dunque non può essere mancato il riso e lo scherzo nella sua vita: infatti, come notava acutamente Aristotele, l’uomo è l’unico vivente mortale che ride.
Ferdinando Castelli, I santi sanno ridere, www.zenit.org.
Vittorio Messori, Carnevale. La follia non abita più qui, www.et-et.it.
Gianfranco Ravasi, Gesù non rideva? Eppure tutto il Vangelo è un inno alla gioia, www.avvenire.it.
IL TIMONE N. 100 – ANNO XIII – Febbraio 2011 – pag. 14 – 15
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