Il mondo scaturisce dal caso? Possibilità infima dal punto di vista matematico, insostenibile dal punto di vista filosofico. La ragione porta a Dio.
Il mondo scaturisce dal caso? Possibilità infima dal Il mondo è frutto dell’intelligenza di Dio oppure deriva dal caso? È stato progettato da Dio oppure sgorga fortuitamente? Dagli albori fino ad oggi, la storia del pensiero umano è percorsa continuamente da questa alternativa.
Nei limiti consentiti da questo articolo cercherò di sciogliere questa alternativa, che merita una ben più lunga trattazione, che ho sviluppato in un “Quaderno del Timone” dedicato ad una prova filosofica dell’esistenza di Dio, di prossima pubblicazione.
Cominciamo a dire che per gli scienziati l’attendibilità matematica che il mondo scaturisca dal caso è infima.
Sentiamo lo scienziato, astronomo e matematico F. Hoyle: “è davvero possibile che il caso abbia prodotto […] anche soltanto gli oltre duemila enzimi necessari al funzionamento del corpo umano? Basta una piccola serie di calcoli al computer per rendersi conto che la probabilità che questo sia avvenuto è pari alla probabilità di ottenere sempre 12, per 50.000 volte di fila, gettando due dadi sul tavolo. Più o meno la stessa probabilità del vecchio esempio della scimmia che, battendo su una macchina da scrivere, finirebbe con lo sfornare tutta intera la Divina Commedia, con capoversi e punteggiatura al punto giusto. E questo, ripeto, solo per gli enzimi, perché l’improbabilità raggiunge livelli ben più pazzeschi se ci si allarga a tutte le innumerevoli condizioni necessarie alla vita: tutti numeri usciti dal cilindro del caso? Se si risponde sì, si esce dalla ragione”.
Potremmo continuare oltre con simili citazioni, ma ci preme sottolineare un punto: la possibilità matematica che il caso possa spiegare la vita è clamorosamente infima.
Ebbene, dal punto di vista filosofico l’ipotesi del caso è assolutamente impossibile.
Per capirlo introduciamo il concetto di finalismo. Si dice che una cosa non intelligente (per es. gli organi di un animale e le parti dei suoi organi) è finalizzata, manifesta finalismo, se è progettata da un’intelligenza per conseguire dei fini (nel caso dei viventi, l’autoconservazione e la realizzazione dei mirabili processi vitali che consentono l’autoconservazione).
Vediamo allora alcune ragioni per escludere che il caso sia la spiegazione esaustiva del mondo.
1) Il caso non può spiegare la costanza della realizzazione dei processi naturali e della sopravvivenza dei viventi. Facciamo un esempio. lo posso qualche volta arrivare a Roma per caso, senza essermi proposto di arrivarci (per es. se volando verso Palermo l’aereo è costretto a fare scalo a Roma, per qualsiasi motivo), ma per arrivare a Roma abitualmente e costantemente (per es. tutti i giorni lavorativi), è necessario che io abbia deciso con la mia intelligenza di arrivarci e abbia predisposto i mezzi per pervenire abitualmente a Roma. Similmente, una freccia può centrare il bersaglio a caso una volta, o qualche volta, ma quando la freccia colpisce costantemente il bersaglio vuoi dire che un arciere la scocca con intelligenza e con abilità.
Insomma, ciò che si ripete abitualmente, ciò che si verifica con costanza e continuità, e non sporadicamente, raramente o una sola volta, non può derivare dal caso, bensì richiede intelligenza. Ora, i processi naturali si realizzano quasi sempre e continuamente, in modo costante, dunque non possono essere opera del caso.
2) Chiediamoci: che cos’è il caso? È casuale ogni evento che accade accidentalmente, senza una causa che sia finalizzata a produrlo, senza una causa che abbia una propensione a generarlo.
Per es. due persone si recano in piazza per affari e si incontrano senza esserselo proposto. Il loro fine era quello di sbrigare i propri affari, non di incontrarsi, tuttavia essendosi trovate nello stesso posto, per caso si sono incontrate.
Notiamo bene un punto importante: queste due persone si sono incontrate per caso, cioè senza proporselo come fine, ma non si sarebbero incontrate se non si fossero proposte il fine di sbrigare i propri affari. Perché questo punto è importante? Perché ci consente di comprendere che il caso (essersi incontrate) si appoggia sempre ad attività che conseguono dei fini (sbrigare i propri affari): il caso, per così dire, è sempre parassitario rispetto alla finalità, dunque non è mai assoluto, non può essere la causa esclusiva e sufficiente di ciò che accade, bensì richiede di aggrapparsi al finalismo.
Così, quello che dobbiamo comprendere è che il caso non esclude il finalismo dalla spiegazione dei processi naturali che avvengono nel mondo, bensì lo esige, perciò caso e finalismo non si escludono.
Il caso esclude il finalismo solo se viene considerato l’unica spiegazione possibile di ciò che avviene nel mondo, ma inteso in questo modo è impossibile.
Allo stesso modo, nel nostro esempio, io voglio recarmi a Palermo e per caso l’aereo fa scalo a Roma. lo non volevo fare scalo a Roma, ma non mi ci sarei fermato se non mi fossi precedentemente proposto il fine di andare a Palermo. Di nuovo, dunque, il caso non è all’origine, bensì è un derivato. Similmente, è possibile fare per caso continuamente dodici tirando due dadi (anche se la probabilità matematica è infima), ma solo perché ci si prefigge il fine di tirare ripetutamente i dadi.
Insomma, il caso non basta da solo a spiegare il mondo, perché esistono almeno alcune attività finalizzate compiute da cose che non sono intelligenti, le quali richiedono un Essere Intelligente, cioè Dio.
Inoltre, Dio si avvale della stessa casualità. Ad esempio, due persone si incontrano in piazza per caso, ma se un padrone manda un servo in piazza dove, a insaputa di questo, aveva mandato un altro servo, e se li manda tutti e due nello stesso luogo per farli incontrare, è chiaro che l’incontro dei due servi è casuale rispetto alle intenzioni dei servi, ma non è casuale rispetto alle intenzioni del padrone.
3) Il caso non può agire sul nulla, perché sul nulla non si può agire. Perciò, se non ci fosse nulla non ci sarebbe nemmeno il caso. Così, possono avvenire degli eventi casuali solo se esiste, perlomeno, una materia. Quindi il caso non può spiegare la materia, il caso è parassitario anche rispetto alla materia.
Per esaurire la questione del caso bisognerebbe ancora affrontare il tema dell’origine della vita e dell’uomo, soffermarsi sul tema dell’evoluzionismo e appoggiarsi ad una teoria scientifica,quella del principio antropico. Il lettore interessato potrà trovare questi temi nel già citato Quaderno del Timone del quale, non appena sarà pubblicato, daremo notizia.
BIBLIOGRAFIA
Per una trattazione accessibile e divulgativa:
G. Barra, Perché credere. Spunti di apologetica, Mimep-Docete, Pessano 20014, pp. 63-71.Per un approfondimento filosofico:
Aristotele, Fisica, II, 3, 195 b 30 e sgg.
Tommaso d’Aquino, In Il Physicorum Aristotelis, I. XII- XIV; De veritate, q. 5, a. 2; Commento alle Sentenze, Libro I, q. 2, a. 2, ad 2; Somma contro i Gentili, II, 44, III, 74, III, 92.
Voce Determinismo/lndeterminismo, a cura di A. Strumia, in G. Tanzella Nitti, A. Strumia, (a cura di), Dizionario Interdisciplinare di Scienza e Fede. Cultura scientifica, Filosofia e Teologia, Urbaniana University Press – Città Nuova, Città del Vaticano-Roma 2001 , pp. 378-380.
IL TIMONE N. 24 – ANNO V – Marzo/Aprile 2003 – pag. 48 – 49