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15.12.2024

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Il corpo delle donne & la salvezza delle anime
31 Gennaio 2014

Il corpo delle donne & la salvezza delle anime

 

 

Le femministe tornano in piazza per fare la morale al Presidente del Consiglio. Ma non hanno le carte in regola: hanno devastato l’etica classica e promosso ogni aberrazione. La risposta giusta nella dottrina della Chiesa

Da molte settimane, ormai, un argomento si è conquistato la scena dei talk show e delle prime pagine dei giornali: la dignità delle donne. Si è innescato un dibattito che ha avuto il suo momento più forte il 13 febbraio scorso, quando le vie di Roma hanno subito l’invasione dell’altra metà del cielo. Ed è stato come se qualcuno avesse azionato la macchina del tempo, facendo tornare indietro le lancette dell’orologio a quei “formidabili” anni Settanta, cornice di indimenticabili manifestazioni del femminismo più scatenato.

Politica & Apologetica
Da dove nasce tanto improvviso interesse intorno al “corpo delle donne”, secondo l’espressione coniata dalla cinquantaquattrenne Lorella Zanardo? Il casus belli, come tutti ormai sanno, è stato Silvio Berlusconi, al centro di uno scandalo sessuale che ha avuto gravi conseguenze politiche e perfino uno sbocco giudiziario. Un processo nel quale le donne saranno – per una coincidenza o per una manina invisibile? – protagoniste, essendo il collegio giudicante assegnato al premier composto da sole signore.
Sta di fatto che l’etere risuona di alte grida indignate per la strumentalizzazione della donna, per la prevaricazione del maschio oppressore, e via salmodiando secondo una trita e ormai consunta litania di rito femminista. A marciare fianco a fianco donne impegnate, intellettuali, attrici, giornaliste, quasi tutte di orientamento gauchiste e in genere non proprio simpatizzanti del Premier. Non manca, va detto, anche qualche suora, e qualche cattolico che vorrebbe marciare ma, scrive, non può perché purtroppo è uomo.
Anche questa storia, apparentemente di pertinenza esclusiva della politica e del gossip, ha i suoi bravi risvolti apologetici, sui quali ogni cattolico e ogni persona di buona volontà farebbe bene a riflettere.

La morale seppellita dal femminismo
Dunque, teologhe, scrittici, psicologhe, professoresse si sgolano per lamentarsi della “dignità violata delle donne”. Si aggirano per gli studi televisivi e per le terze pagine dei quotidiani, pontificando sulla immoralità di certe condotte e stracciandosi le vesti per il decadimento dei costumi. Una parte del pubblico, di memoria corta e di dottrina ristretta, rischia di prenderle sul serio. Senza rendersi conto che si tratta di uno spettacolo paradossale, da teatro dell’assurdo. Proviamo a dimostrarlo in pochi passaggi:

1.
Il concetto di dignità della donna (e dell’uomo) dipende da una certa antropologia e da una certa morale: sta o cade a seconda dell’idea di natura dell’uomo, cioè dello scopo per cui l’essere umano viene a esistenza.

2. Se si nega Dio, si nega l’esistenza di una natura immutabile dell’uomo (inteso come uomo e come donna), e ne deriva che l’identità dell’uomo e della donna cambiano a seconda dei costumi, delle mode, della voluntas di ogni uomo e di ogni donna: io sono ciò che voglio essere qui e adesso;

3. Si dà il caso che le stesse attempate prefiche che si lagnano per la dignità violata della donna siano state le artefici della dissoluzione di un’idea di natura immutabile dell’uomo. Le loro compagne di viaggio più giovani hanno aderito con convinzione allo smantellamento della medesima idea: “io sono mia” è la sintesi elegante di una serie più fitta di slogan volgari e irripetibili che hanno turbato la quiete delle città italiane durante gli anni Settanta.

4. Ora, se io sono ciò che voglio essere, quel discorsetto sulla dignità della donna che da settimane ci viene propinato da vecchie femministe e da giovani abortiste va letteralmente a farsi benedire, perché l’unico criterio d’azione diventa quello della volontà individuale e del rapporto fra domanda e offerta.

5. La relazione uomo donna viene ridotta a una vera e propria relazione commerciale, che ruota intorno all’incontro fra domanda e offerta. Attenzione: è retta da regole commerciali anche quando non sia riducibile alla esplicita logica monetizzabile della prostituzione. E siccome é nella natura delle cose (in senso biologico ma anche metafisico) che esista un’attrazione fra uomo e donna; che l’uomo sia in particolare suscettibile al fascino femminile; e che questa attrazione fisica conduca al desiderio, e che il desiderio sia appagato con la soddisfazione degli istinti, se ne ricava alla fine che uomini e donne si concedono o meno, a seconda che lo vogliano e che ne abbiano vantaggi di diverso tipo, nel modo e con le forme che preferiscono, e che nessuno possa – aderendo a quelle premesse – obiettare alcunché.

6. Rimangono, questo va ammesso, questioni attinenti all’etichetta, al buon gusto, all’opportunità, o a norme di legge eventualmente violate. Ma a parte questo, i fautori dell’uomo inteso come “macchina dell’autonomia” non possono dire nulla e devono solo tacere vedendo che una donna vende il suo corpo e che un uomo lo compra. Oppure che una donna si concede per ottenere favori o potere. Oppure che una donna si concede, e vai a capire perché lo fa.

Il mondo saturo di sesso e i cattivi maestri
Ovviamente, il cattolicesimo non aderisce a questa squallida e ripugnante visione del rapporto uomo-donna. Ma è nostro dovere denunciare che i “moralizzatori” di oggi non hanno alcun titolo per salire sulla cattedra dell’etica, pubblica e privata. Da almeno cinquant’anni, la cosiddetta civiltà occidentale ha scatenato una guerra di distruzione di massa che ha come bersaglio la morale classica. Il punto nevralgico di questa offensiva è la sfera sessuale, con un occhio particolare al mondo femminile. Divorzio, contraccezione, aborto, sesso libero, amore libero, disimpegno dal ruolo educativo di madre, diritto delle single ai figli e alle provette, equiparazione di ogni tendenza sessuale: questo è il firmamento dei valori di quelle signore che oggi marciano a ranghi serrati con il ditino puntato contro il potente che sfrutta le donne. La gran parte del mondo culturale è stato ed è complice di questa devastazione post nucleare dell’etica. Nel 1980 nei cinema italiani veniva proiettata una pellicola impregnata di sesso ossessivo. Si intitolava “La città delle donne”, e a firmarla era il “grande regista” Federico Fellini. Per tacere di “Ultimo Tango a Parigi” di Bernardo Bertolucci, film squallidamente pornografico citato come esempio di libertà violata dalla censura. Non basterebbe un numero intero del Timone per elencare la lista dei “cattivi maestri” – ancora oggi celebrati e riveriti – che uccisero ogni etica sessuale, usando cinema, televisione, giornali.

Beatrice, Pretty Woman e la salvezza delle anime
In una battuta, diremmo che a un cattolico tutto questo schifo non piace. Ne può subire il fascino e la tentazione, poichè il battesimo non toglie le conseguenze del peccato originale, e in particolare la concupiscenza. Ma non dubita quale sia il vero bene. Per la stessa ragione, al cattolico le manifestazioni di femministe urlanti non piacciono. A noi piace Beatrice, o eventualmente Pretty Woman, la peccatrice che si redime. Ma possiamo dirlo forte – e possiamo dire di essere a disagio leggendo di certe abitudini e stili di vita – perché riconosciamo che esiste una natura umana, e che esiste quindi una morale oggettiva. Le signore che strillano non trovano nulla da ridire sul fatto che i corpi delle bambine non nate vengano distrutti dall’aborto, o che i corpi delle donne in stato vegetativo persistente muoiano di fame e di sete. Per cui, quando lamentano della dignità violata delle donne che concedono i loro corpi, non sono credibili. Sono, semplicemente, ridicole.
Il fine dell’uomo è niente meno che la sua perfezione, e la sua perfezione consiste nella sua piena realizzazione. E siccome la realizzazione piena è un destino eterno in un corpo glorioso, quel corpo – che è tempio dello Spirito Santo – non può essere usato, venduto, commercializzato. Queste verità rendono male, cioè peccato, il prostituirsi, ma anche il vivere il sesso come un gioco, anche quando questo avvenga a titolo gratuito. Ed è grazie a questa verità se ci sono in giro ancora un bel po’ di donne che quella dignità non l’hanno buttata a mare. Ma perché credono ancora in concetti come peccato, purezza, virtù, pudore, fedeltà, perdono. Detto tutto questo, siccome a noi piace Beatrice, continuiamo a pensare che non solo esiste la dignità della donna, ma anche quella dell’uomo. E che oltre ai diritti dell’uomo (e della donna) esistano anche i diritti di Dio. A nulla giova conquistare il mondo intero, se si perde la propria anima. Per cui a noi piacerebbe avere un re – o un presidente del consiglio – che di questi doveri si ricordi sempre, in ogni occasione. E ci dispiace parecchio quando i fatti – o le apparenze, chissà – sembrino dimostrare il contrario. Ci dispiace per noi, e ci dispiace per lui. Non certo per le femministe in servizio permanente effettivo.

IL TIMONE N. 101 – ANNO XIII – Marzo 2011 – pag. 16 – 17

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