Il Magistero ha sempre dedicato la massima attenzione al più grande dei sacramenti. Due encicliche eucaristiche
Istituita da Gesù nell’Ultima Cena, «fonte e culmine della vita ecclesiale », come scrive il Catechismo della Chiesa Cattolica (n. 1324), l’Eucaristia è sempre al centro dell’insegnamento e della vita della Chiesa. Qui ci soffermiamo su due recenti documenti del Magistero, che hanno riassunto e compendiato due millenni di dottrina eucaristica: l’Enciclica Mysterium fidei del 1965 sulla dottrina e il culto della Ss Eucaristia di Paolo VI e l’encilcica Ecclesia de Eucharistia di Giovanni Paolo II del 2003.
Il Magistero di Paolo VI
Scrive Paolo VI che «molti cattolici hanno suggellato col proprio sangue» e i Padri e Dottori della Chiesa hanno insegnato che l’Eucaristia è il mistero della fede cristiana, perché in essa «sono contenute con singolare ricchezza e varietà di miracoli, tutte le realtà soprannaturali» (Mysterium fidei).
Il Papa ha molto a cuore la pietà eucaristica. Egli sa perfettamente come la salute della Chiesa si misuri proprio in quella che possiamo chiamare la “temperatura eucaristica”. Anche il Concilio Vaticano II, che finiva in quello stesso anno, ha la stessa preoccupazione, come disse Papa Montini: «[…] i Padri del Concilio, trattando della restaurazione della Sacra Liturgia, per la loro sollecitudine a favore della Chiesa universale niente hanno avuto più a cuore che esortare i fedeli affinché con integra fede e somma pietà partecipino attivamente alla celebrazione di questo Sacrosanto Mistero, offrendolo unitamente al sacerdote come sacrificio a Dio per la salvezza propria e di tutto il mondo e nutrendosi di esso come spirituale alimento».
L’enciclica di Paolo VI potrebbe essere adottata come sintesi dell’insegnamento della Chiesa sul mistero eucaristico presente in quasi duemila anni, naturalmente senza dimenticare quanto sarà scritto successivamente nel Catechismo della Chiesa Cattolica (nn. 1322-1419) e nell’enciclica del beato Giovanni Paolo II Ecclesia de Eucharistia.
Ma il documento del Papa bresciano ha il pregio, così caratteristico della sua scrittura, di sintetizzare in modo efficace verità complesse. Innanzitutto, esso parte dalla constatazione della presenza di alcune difficoltà o incertezze riguardo all’insegnamento eucaristico, che nei decenni successivi si sarebbero sviluppate a volte in maniera drammatica. «Non è infatti lecito – scrive Paolo VI – tanto per portare un esempio, esaltare la Messa così detta “comunitaria” in modo da togliere importanza alla Messa privata; né insistere sulla ragione di segno sacramentale come se il simbolismo, che tutti certamente ammettono nella ss. Eucaristia, esprimesse esaurientemente il modo della presenza di Cristo in questo Sacramento; o anche discutere del mistero della transustanziazione senza far cenno della mirabile conversione di tutta la sostanza del pane nel corpo e di tutta la sostanza del vino nel sangue di Cristo, conversione di cui parla il Concilio di Trento, in modo che essi si limitino soltanto alla “transignificazione” e “transfinalizzazione” come dicono; o finalmente proporre e mettere in uso l’opinione secondo la quale nelle Ostie consacrate e rimaste dopo la celebrazione del sacrificio della Messa Nostro Signore Gesù Cristo non sarebbe più presente».
Paolo VI mette a fuoco alcuni punti essenziali della dottrina eucaristica, frequentemente oggetto di confusione, fraintendimento e anche esplicita negazione.
L’ultima enciclica di Giovanni Paolo II
Lo stesso avviene con l’enciclica Ecclesia de Eucharistia di Giovanni Paolo II, che è in qualche modo una sintesi programmatica di quanto il Papa ha fatto nei 25 anni di pontificato e di quanto intende lasciare all’attenzione di chi continuerà a guidare la Chiesa dopo di lui. Dopo il Giubileo e l’ingresso nel Terzo Millennio, Giovanni Paolo II indica alla Chiesa l’Eucaristia come la realtà più importante da contemplare, con lo stupore del bambino o dell’innamorato: «Questo “stupore” eucaristico desidero ridestare con la presente Lettera enciclica, in continuità con l’eredità giubilare, che ho voluto consegnare alla Chiesa con la Lettera apostolica Novo millenio ineunte e con il suo coronamento mariano Rosarium Virginis Mariae. Contemplare il volto di Cristo, e contemplarlo con Maria, è il “programma” che ho additato alla Chiesa all’alba del terzo millennio, invitandola a prendere il largo nel mare della storia con l’entusiasmo della nuova evangelizzazione».
Perché se è vero che tante sono le priorità e le esigenze, sia spirituali sia materiali, sia dottrinali sia pastorali, nulla è più importante e prioritario della contemplazione dell’Eucarestia, della Presenza reale di Colui che ha voluto che il Suo corpo e il Suo sangue, compiuto il sacrificio, rimanessero presenti nelle chiese per essere adorati e per rinnovare negli animi la forza della testimonianza e della missione.
«Contemplare Cristo implica saperlo riconoscere dovunque Egli si manifesti, nelle sue molteplici presenze, ma soprattutto nel Sacramento vivo del suo corpo e del suo sangue. La Chiesa vive del Cristo eucaristico, da Lui è nutrita, da Lui è illuminata. L’Eucaristia è mistero di fede, e insieme “mistero di luce”. Ogni volta che la Chiesa la celebra, i fedeli possono rivivere in qualche modo l’esperienza dei due discepoli di Emmaus: “si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero” (Lc 24,31)».
IL TIMONE N. 127 – ANNO XV – Novembre 2013 – pag. 46
Riceverai direttamente a casa tua il Timone
Se desideri leggere Il Timone dal tuo PC, da tablet o da smartphone
© Copyright 2017 – I diritti delle immagini e dei testi sono riservati. È espressamente vietata la loro riproduzione con qualsiasi mezzo e l’adattamento totale o parziale.
Realizzazione siti web e Web Marketing: Netycom Srl