La crisi morale che l’Italia attraversa – spacciata in maniera fraudolenta solo per crisi economica, che è solo una conseguenza della distruzione compiuta di regole e principi – sta producendo in molti campi solo rovine. Tra queste, vi è certamente quella di affidarsi ai giochi – legali e illegali – che privano le persone della loro dignità e la consegnano a Mammona, il demone che il tempo che viviamo sembra abbia scelto per rappresentare se stesso.
Basta guardare i numeri per rendersi conto del fenomeno. In base alle statistiche ufficiali, l’Italia – con un giro d’affari annuale di oltre 71 miliardi di euro (pari al 4% del Pil), con una spesa pro-capite di oltre 1.250 euro all’anno – si colloca al primo posto in Europa e al terzo nel mondo tra i Paesi che giocano di più a videopoker, slot machine, gratta e vinci, lotto, superenalotto e bingo. È la terza industria del Paese – solo le slot machine sparse sul territorio sono 400mila, una ogni 150 abitanti – che dà lavoro a circa 120 mila addetti e muove gli affari di circa 5000 aziende, grandi e piccole, oltre a garantire allo Stato introiti considerevoli, ai quali nessuno è disposto a rinunciare.
Al gioco legale, si aggiunge quello illegale – che ha un giro d’affari stimato in 10 miliardi di euro annui – gestito da oltre quaranta clan della criminalità organizzata, che si spartiscono la ricchezza. Dal dossier di “Libera” dedicato al fenomeno, diffuso recentemente, si apprende che sono dieci le direzioni distrettuali antimafia che nell’ultimo anno hanno effettuato indagini: Bologna, Caltanissetta, Catania, Firenze, Lecce, Napoli, Palermo, Potenza, Reggio Calabria e Roma e 22 le città dove nel 2010 le forze di polizia hanno eseguito arresti e sequestri direttamente legati al fenomeno. L’interesse delle organizzazioni malavitose è soprattutto concentrato nella distribuzione territoriale delle cosiddette macchinette (slot machine e videopoker). Il primato per il fatturato legale del gioco spetta alla Lombardia, con oltre 2 miliardi di euro, seguita dalla Campania, sopra il miliardo di euro. All’ultimo posto, con oltre un miliardo, il Lazio, dove però la città di Roma registra un primato assoluto: 294 sale e più di 50 mila slot machine distribuite tra la capitale e la sua provincia. La diffusione del gioco d’azzardo cresce al ritmo del 13% l’anno tra i minori – nonostante i divieti – che spendono 30-50 euro al mese in “gratta e vinci”, scommesse, lotto, superenalotto e slot machine. In testa alla classifica per regioni al primo posto c’è la Campania, con il 57,8% di studenti “giocatori”, cui seguono Basilicata (57,6%), Puglia (57%) e, tutte oltre il 50%, Sicilia, Lazio, Abruzzo, Molise, Sardegna, Calabria e Umbria.
Di recente, sono state introdotte nel mercato nuove macchinette, le “ticket redemption”: con il danaro che si consuma per giocare, non si vince altro danaro, ma ticket. Più ticket si vincono, più c’è la possibilità di ottenere tablet, Mp3, orologi da polso o pistole giocattolo o quant’altro può interessare i minori, per soddisfare la loro ansia di possedere gli oggetti all’ultima moda. In questo modo, si è eluso il divieto per i minori di giocare con le slot machine, ma si è consentito che si addestrino bene, per poi passare, acquisita la maggiore età, a giochi ben più pericolosi. Intanto, il minore che gioca con i ticket può essere anche instradato al consumo di droghe, l’altra piaga che in base agli studi che vengono diffusi si accompagna al gioco d’azzardo.
In Italia, ci sarebbero oltre due milioni di giocatori d’azzardo a rischio di dipendenza e circa 800mila giocatori patologici – l’aumento è di 200mila unità nell’arco di cinque anni – malati di ludopatia. È una cifra impressionante, pari all’1,65% della popolazione. I più colpiti sarebbero gli uomini (65%) del Nord Est (38%). Secondo i sondaggi, il giocatore problematico “tipo” – colpito da un’ossessione di carattere compulsivo – abita in grandi centri urbani (più di 250mila abitanti), ha entrambi i genitori o altri membri della famiglia che giocano, spende più di quanto guadagna o non riesce a risparmiare nulla, ha contratto debiti con finanziarie o con privati, scommette su più sistemi di gioco contemporaneamente. Secondo una recente indagine della Caritas Ambrosiana, la ludopatia – che dal settembre 2012 è stata inserita tra i livelli essenziali di assistenza (Lea) e quindi nel programma terapeutico garantito dal Servizio Sanitario Nazionale – colpisce soprattutto i più poveri, gli stranieri, i disoccupati e coloro che hanno un grado d’istruzione medio- basso. Le conseguenze della patologia sono l’impoverimento ulteriore, l’indebitamento, la solitudine, l’annientamento delle relazioni familiari, fino alla collusione con la microcriminalità o la criminalità organizzata.
Usura
Secondo l’analisi della Fondazione San Bernardino, voluta dai vescovi lombardi per aiutare le persone gravemente indebitate e prevenire il fenomeno dell’usura, ogni anno almeno un quarto degli utenti, segnalati proprio dai centri di ascolto Caritas, accumula debiti soprattutto a causa del gioco d’azzardo. Il legame tra gioco d’azzardo e usura è fortissimo. Da un’indagine condotta dalla Consulta Nazionale Anti-Usura, risulta che su dieci casi di usura accertata 4,6 sono da ricondurre al gioco d’azzardo. Sia l’usura sia il gioco d’azzardo impongono solitudine, isolamento, riservatezza, non condivisione del problema vissuto da chi ne cade vittima, che agisce – certamente in forma patologica – con una convinzione: l’unico che lo “capisce” è l’usuraio. Paradossalmente, colui che piano, piano, gli toglie tutto, è l’unico che può comprenderlo e che può “dargli” ancora qualcosa. Magari ulteriore denaro, in cambio dell’ennesimo assegno che nessun altro più accetta, che può essere subito cambiato e usato per il gioco. L’ulteriore perdita non sarà un problema. Si ripeterà il “rito”. E poi, ancora, ancora, fino alla disperazione, alla perdita della propria libertà e della propria dignità, della propria natura di essere umano.
Una volta, l’usura era esercitata dal cosiddetto “cravattaro” di quartiere, che svolgeva la propria attività in un ambito ristretto. Ora l’usura si è evoluta. Agisce attraverso figure sociali insospettabili. Gli usurai concedono prestiti sia ai singoli e alle famiglie, sia a tante piccole e piccolissime aziende in difficoltà finanziarie. Accanto a queste figure agisce – ed è questo l’aspetto più inquietante che si sta imponendo – la criminalità organizzata, che utilizza il prestito usurario per riciclare il denaro frutto di attività illecite ed estendere il proprio controllo sul tessuto economico, trasformando le sale in luoghi in cui portare contante e ottenere – a fronte di false giocate – ricevute e assegni che dichiarano una provenienza più “lecita” dei soldi.
Dall’analisi dell’indice del rischio usura realizzato da più di 15 anni dall’Ufficio studi della CGIA di Mestre, emerge che nel 2012 la Campania, la Basilicata, il Molise, la Calabria, la Puglia e la Sicilia sono le Regioni dove la “penetrazione” di questo drammatico fenomeno socio-economico ha raggiunto livelli molto preoccupanti. Rispetto a un indicatore nazionale medio pari a 100, la situazione più critica si presenta in Campania: l’indice del rischio usura è pari a 169,2 (pari al 69,2% in più della media Italia), in Basilicata si attesta al 159,2 (59,2% in più rispetto alla media Italia), in Molise si ferma a 153,1 (53,1% in più della media Italia), in Calabria a 150,4 (50,4% in più della media nazionale) e in Puglia il livello raggiunge quota 139 (39% in più della media Italia). Mentre la realtà meno “esposta” da questo fenomeno è il Trentino Alto Adige, con un indice del rischio usura pari a 49,2 (50,8% in meno della media nazionale). Seguono la Valle d’Aosta, con 57,6 (42,4% in meno della media Italia) e il Friuli Venezia Giulia, con un indice del 69,7 (30,3% in meno della media nazionale).
Il “mix” gioco d’azzardo-usura è una bomba che è già esplosa. Viene affrontata con leggerezza e pusillanimità, anche per coprire gli enormi interessi che sono in gioco.
Ricorda
«I giochi d’azzardo (gioco delle carte, ecc.) o le scommesse non sono in se stessi contrari alla giustizia. Diventano moralmente inaccettabili allorché privano la persona di ciò che le è necessario per far fronte ai bisogni propri e altrui. La passione del gioco rischia di diventare una grave schiavitù. Truccare le scommesse o barare nei giochi costituisce una mancanza grave, a meno che il danno causato sia tanto lieve da non poter essere ragionevolmente considerato significativo da parte di chi lo subisce».
(Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2413)
IL TIMONE – Marzo 2014 (pag. 16 – 17)
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