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15.12.2024

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Il Kattolico. Il sogno di Claudia
3 Novembre 2014

Il Kattolico. Il sogno di Claudia

Il titolo di questa puntata non vi tragga in inganno. Niente di rapsodico. La Claudia sognante è Procula, moglie di Pilato. Matteo è l'unico che ne parla: «Mentre egli sedeva in tribunale, sua moglie gli mandò a dire: Non avere a che fare con quel giusto, perché oggi, in sogno, sono stata molto turbata per causa sua» (27,19).
Come abbiamo visto nella puntata precedente, a Pilato si accrebbe solo la confusione mentale, perché, se per i romani le mogli non contavano nulla, i sogni dell'alba ("oggi"), invece, erano oggetto di allarmata superstizione. Per il ceto dirigente romano sposarsi era solo questione di interesse. L'amore come lo intendiamo oggi era del tutto in influente. Ci vorranno secoli e l'insistenza della Chiesa sui nubendi come unici ministri del sacramento matrimoniale perché la volontà dei due che si scelgono prevalga su ogni altra considerazione. Un romano prendeva moglie secondo convenienza politica o economica. Per il resto c'erano le schiave, le cortigiane, le concubine. La moglie ufficiale doveva solo assicurare la discendenza, a mandare avanti la casa pensava lo schiavo sovrintendente. Anche i figli erano allevati da schiave governanti. Il ruolo della moglie era di pura rappresentanza.
Ma un incubo mattutino, specie se avente come oggetto un insignificante sconosciuto (Gesù, in questo caso) non era cosa che un romano prendesse sottogamba. Il sogno funesto della moglie di Giulio Cesare era ben noto in tutto l'Impero. E, quando un marito di rango finiva nei guai, la moglie ne seguiva invariabilmente la sorte, e pure i figli. Ecco perché Claudia Procula o Procla si affrettò a comunicare il suo sogno inquietante a Pilato. Il quale certamente ne trasse ulteriore motivo per cercare di sbarazzarsi della patata bollente che il Sinedrio gli aveva messo in mano. Per tutto ciò la Chiesa ortodossa e quella greco-ortodossa venerano Claudia Procula come santa. La Chiesa ortodossa etiopica, poi, ha canonizzato pure Pilato. Quella sorte di quest'ultimo la storia nulla ci dice. Pare che Caligola lo abbia spedito in Gallia prima di costringerlo al suicidio: nel tragitto si fermò nell'attuale Val d'Aosta, dove un'antica costruzione è detta Castello di Pilato. Secondo un'altra tradizione fu richiamato e fatto uccidere da Vespasiano: il suo corpo, gettato in un lago dei monti Sibillini, diede il nome al posto. Si dice che avesse una villa dalle parti de L'Aquila, e qui c'è il Monte Pilato. A Bisenti, in quel di Teramo, c'è una Casa di Ponzio Pilato. Si dice anche che l'isola di Ponza debba il suo nome a lui, che lì venne esiliato.
 
Ma l'unica cosa sicura è che Pilato, uomo di Seiano, seguì nella disgrazia il suo protettore politico. Tiberio, informato che i seguaci di quel Cristo che Pilato aveva giustiziato senza giustificazione legale non solo non erano spariti ma anzi crescevano esponenzialmente, e che ciò era foriero di turbolenze in uno scacchiere già problematico di suo, lo sostituì con Vitellio e Pilato sparì dalla storia per entrare nelle leggende. Il Sinedrio gli aveva messo una saponetta sotto il piede e il procuratore, rivelatosi incapace di padroneggiare la situazione, era finito col sedere per terra. Come sappiamo, sinedriti, scribi e farisei avevano più volte tentato di lapidare Gesù ma non avevano potuto a causa della folla (favorevole al rabbi guaritore). Avevano più volte cercato di incastrarlo estorcendogli sentenze che ne legittimassero l'arresto, ma quello si era rivelato sempre più abile di loro, e pure le guardie ne tornavano frastornate. Ma con la resurrezione di Lazzaro il Sinedrio si trovò con le spalle al muro: ora o mai più, perché mezzo Israele ormai andava dietro al Nazareno.
Sì, ma come? L'unica era far fare il lavoro sporco ai Romani: il popolo sarebbe insorto se il Sinedrio avesse lapidato Gesù, mentre coi Romani avrebbe dovuto ingoiare il rospo. Ma che cosa aveva di strepitoso il miracolo di Lazzaro? Gesù aveva resuscitato il figlio della vedova di Nain e la figlia di un capo di sinagoga senza destare altrettanto clamore. Il fatto è che Lazzaro era morto-morto e il suo caso escludeva la catalessi o la morte apparente, per la quale il termine legale era di tre giorni. Lazzaro era morto da quattro (già puzzava, fecero notare le sue sorelle) quando Gesù lo resuscitò. Per questo, dice il Vangelo, Gesù, pur sapendolo, si trattenne altri due giorni dov'era (“ … perché crediate … “) prima di visitarne la tomba a Betania. E Betania stava a due passi da Gerusalemme, che era piena di gente venuta da ogni dove per la Pasqua (Gv 12,9 ss.): «Intanto la gran folla di Giudei venne a sapere che Gesù si trovava là e accorse non solo per Gesù ma anche per vedere Lazzaro che egli aveva resuscitato dai morti. I sommi sacerdoti allora deliberarono di uccidere anche Lazzaro, perché molti Giudei se ne andavano a causa di lui e credevano in Gesù».
Ed ecco accadere esattamente quel che il Sinedrio temeva più di ogni altra cosa: «Il giorno seguente la gran folla che era venuta per la festa, udito che Gesù veniva a Gerusalemme, prese dei rami di palme e uscì incontro a lui gridando: Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d'Israele! Gesù, trovato un asinello, vi montò sopra, come sta scritto:
“Non temere, figlia di Sion; ecco, il tuo re viene seduto sopra un puledro d'asina”, Il grido della folla è una citazione del Salmo 117. L'altra citazione è un passo di Zaccaria (9,9). Gesù sapeva bene tutto questo; anzi, era stato proprio lui a mandare i discepoli a prendere l'asino. Per gli antichi, un re conquistatore faceva il suo ingresso a cavallo, ma se le sue intenzioni erano pacifiche le mostrava montando un asino. Gesù, però, sapeva altrettanto bene di stare offrendo il destro al Sinedrio per architettare la sua macchinazione; ma, come disse poi a Pilato, era «venuto per dare testimonianza alla verità», e la verità era che davvero lui era il Re atteso, anche se il suo regno non era «di questo mondo».
Ma vediamo la scena: «Intanto la gente che era stata con lui quando chiamò Lazzaro fuori dal sepolcro e lo resuscitò dai morti gli rendeva testimonianza. Anche per questo la folla gli andò incontro, perché aveva udito che aveva compiuto quel segno». Il Sinedrio è disperato: «I farisei allora dissero tra loro: Vedete che non concludete nulla? Ecco che il mondo gli. è andato dletro». Così Gesù viene consegnato a Pilato, che sa perfettamente in quale trappola il Sinedrio cerca di cacciarlo. «Se liberi costui non sei amico di Cesare. Chiunque infatti si fa re si mette contro Cesare». Pilato, lo vedemmo nella puntata precedente, prova in ogni modo a cavarsi d'impaccio, ma «risposero i sommi sacerdoti: Non abbiamo altro re all'infuori di Cesare». Traduzione: se andiamo a dirlo a Tiberio, che aspetta un tuo passo falso per farti fuori in quanto creatura di Seiano, noi facciamo la figura di "amici di Cesare" e tu no. Pilato interroga Gesù su questa storia e Gesù gli dice che il suo regno non è di questo mondo. «Allora Pilato gli disse: Dunque tu sei re? Rispose Gesù: L'hai detto, io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità». Pilato fa spallucce, sarcastico: e che cos'è la "verità"? Ma subentra la fretta, non ha certo tempo di mettersi a disquisire di filosofia con quello lì, deve sbrogliare la matassa al più presto. Il resto è noto, e lo abbiamo analizzato in dettaglio nella puntata precedente. Ma che Gesù fosse stato crocifisso in quanto «re dei giudei» era scritto nel cartiglio sulla croce, la motivazione della condanna. Pilato, con uno stizzito dispetto, non aveva voluto modificarla secondo le richieste del Sinedrio. Roma, usa a «parcere subiectis, debellare suoerbos», trattava così anche i re se voleva. Ma che quel «re» fosse speciale lo sapevano anche i Romani, visto che erano tre anni che la loro intelligence lo monitorava. Infatti, quando su Gesù in croce calarono tre ore di tenebre e, appena morto, intervenne pure un terremoto, il centurione e il manipolo che facevano la guardia esclamarono sbigottiti: «Era davvero figlio di un dio, questo qui!». Così riporta Matteo nel greco originale. Infatti, i pagani erano politeisti e veneravano nel loro pantheon molti semidei, nati da un dio e una mortale.
Pilato, col gesto plateale di lavarsi le mani (necessario di fronte a un uditorio multilingue quale quello pasquale), diventò il prototipo di tutti quelli che tra Cristo e il mondo cercano di essere "terzi", cioè di rimanere neutrali. Ma tra la "verità" e la non verità la terzi età è impossibile. Il "mondo" è, giusto un titolo della scrittrice cattolica Flannery O'Connor, «territorio del diavolo», che non a caso è il Principe di Questo Mondo. Se uno non si aggrappa alla tunica di Cristo entrando nel suo cono di luce, è senza difesa e diviene infallibilmente preda del Furbo per antonomasia, sofista e ingannatore, bugiardo e omicida. Se credi di poter procedere solo col tuo giudizio, l'Astuto ti infila in testa i suoi, di giudizi, e te li fa sembrare farina del tuo sacco. Così, finisci con l'unirti al coro dei «crucifiqe!» e ti proclami schiavo (contento) del Cesare di turno, il quale, suadente, ti ha convinto che il Nazareno è nemico dei tuoi "diritti". E combatti, dunque, per avere il "diritto" di continuare a fare quel che ti pare.
Ma il Figlio di Dio è il Logos che ti ha creato: voleva solo darti il libretto di istruzioni all'uso di te stesso, così che tu fossi più sereno qui e eternamente beato là. Gesù al Sinedrio non intendeva togliere niente, solo avvisarlo del disastro a cui andava incontro, trascinando tutto Israele, se non gli dava retta. •
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