Quattro milioni di ascoltatori a settimana. Suscita conversioni e vocazioni. Intervista al direttore di Radio Maria, P. Livio Fanzaga.
C’è un prete che compie miracoli tutti i giorni, e solo con le parole. È padre Livio Fanzaga, dal 1988 direttore di Radio Maria. Il suo “miracolo” – agli occhi degli esperti del settore – è insidiare il primato di ascolti delle emittenti private con una radio cattolica che trasmette soltanto preghiere e catechismo e non fa neppure un secondo di pubblicità; ma ben altri sono i prodigi che padre Livio considera: per esempio le centinaia di conversioni (e le decine di vocazioni) ottenute attraverso l’etere. Radio Maria conta oltre 4 milioni d’ascoltatori a settimana (in continuo incremento), 850 ripetitori in tutt’Italia (più di quelli della Rai), un indice di gradimento altissimo, 25 stazioni “sorelle” in altrettanti Paesi del mondo da New York a San Pietroburgo, oltre 16 miliardi di bilancio annuo interamente coperti da contributi volontari… Dai modesti studi piazzati in un appartamento di Erba (CO) questo scolopio di 59 anni ha davvero creato una potenza: nel nome della Madonna.
Padre Livio, è vero che lei è stato un prete “progressista”? Ha fatto il Sessantotto con Capanna, era amico di Balducci e don Milani…
«Effettivamente, a Roma al tempo del Concilio, ho conosciuto molti dei teologi più “avanzati” di allora: da Congar a Chenu, a Rahner. Nel mio seminario insegnava filosofia padre Ernesto Balducci, mio confratello; ma era un Balducci un po’ “prima edizione”, agostiniano e legato a La Pira. Grazie a lui ho conosciuto appunto il sindaco di Firenze e don Milani: che era piuttosto diverso da come lo dipingono ora, molto più prete e meno contestatore; anzi, mi ha fatto impressione per la sua fede e il suo attaccamento alla Chiesa. Io, comunque, non sono mai stato progressista nel senso dell’ortodossia».
E l’università con Capanna?
«Beh, sì, frequentavo la Cattolica ai tempi della contestazione… Ma devo dire che in quel periodo ho più apprezzato i gruppi di Comunione e Liberazione che i cattolici progressisti, i quali scioglievano la fede in qualcosa di molto secolare e mondano. Fu lì che scoprii l’importanza dell’identità cattolica: una forte impronta che rimane anche in Radio Maria».
Prima però venne l’esperienza missionaria.
«E purtroppo si concluse molto presto, dopo appena un anno in Senegal. Mi ero fatto prete per essere missionario ma ho contratto una tubercolosi difficile da curare e sono dovuto tornare in patria. Un’esperienza che si è chiusa sul piano della presenza fisica, ma non come aspirazione: Radio Maria infatti è presente in 8 nazioni dell’Africa e poi è una radio missionaria perché trasmette in 25 Paesi del mondo, alcuni dei quali sono di autentico primo annuncio».
Radio Maria: quando ci si pensa, vengono subito in mente le vecchiette col rosario in mano e lo scialletto sulle spalle…
«Tutto sbagliato. I pensionati costituiscono una fetta importante del nostro pubblico, ma abbiamo anche moltissimi giovani, addirittura giovanissimi. I dati Audiradio ci accreditano per esempio ogni settimana 326 mila ascoltatori tra gli studenti, 158 mila dei quali nella scuola media, e 198 mila ragazzi tra i 18 e i 24 anni… E poi ci sono un milione e mezzo di ascoltatori laureati o diplomati, 119 mila professionisti o dirigenti, 173 mila docenti, 409 mila impiegati, eccetera. La radio è ormai riuscita a conquistare il ceto medio; abbiamo personale qualificato che ha allargato moltissimo la base, a tutte le età e le professioni».
Si tratta in genere di cristiani praticanti?
«No. Il pubblico è molto variegato, sia dal punto di vista politico (la gente gradisce molto che si presenti la dottrina sociale della Chiesa, ma senza schierarsi) che teologico».
L’ascoltano anche persone di sinistra?
«Sicuramente sì. Forse più quelli che votano il centro-destra, però la radio insiste molto sul senso della vita alla luce del Vangelo, sulla fede e sulla conversione, sugli aspetti religiosi e trascendenti e questo interessa tante persone. È una radio gioiosa, ma anche impegnativa: le lezioni di catechismo, per esempio, durano un’ora e mezza».
E chi le segue?
«Anche i camionisti… Il 25% del nostro pubblico ci ascolta in auto e interviene non solo durante lo spazio delle dediche, ma pure nelle trasmissioni di teologia. Perché noi il cristianesimo lo presentiamo come risposta ai problemi di fondo della vita: perché il male? Perché il dolore e la morte? C’è l’aldilà? Sono le domande di sempre, che tutti hanno nel cuore e a cui noi diamo la risposta cristiana».
La radio non ha pubblicità e si sostiene solo col contributo degli ascoltatori. È vero che ricevete offerte persino dagli ebrei?
«Ho ricevuto una lettera da una signora di fede ebraica, contenta che trattassimo così bene il suo popolo, che ci confessava di dare ogni mese la stessa somma alla sinagoga e a noi».
E gli atei?
«Questa è una radio di conversione. Abbiamo decine di testimonianze al giorno di persone che hanno riscoperto la fede attraverso la radio. Perché noi facciamo ben 8 ore di preghiera (messa, ufficio, rosario) e 12 ore di lezioni religiose al giorno».
Non c’è il rischio che queste persone riscoprano la fede, ma poi si fermino alla radio?
«Le testimonianze migliori sono quelle dei confessori: i preti delle cattedrali e dei santuari ci rivelano quanta gente arriva da loro perché ha ascoltato la radio. Non solo: quante vocazioni maschili e femminili nascono da noi! Un convento di Imola ha ben 5 novizie nostre ex ascoltatrici. Le storie di persone che cambiano vita non si contano più. Il sabato mattina mi metto a disposizione di chi vuoi parlarmi e fuori dalla porta si formano file interminabili».
L’hanno accusata di predicare una religione consolatoria, che interviene solo quando le persone attraversano qualche difficoltà della vita.
«Ma noi abbiamo un ventaglio molto vasto di proposte. Siamo ormai 30 preti, 8 vescovi, parecchi professori, siamo quasi un’università… Certo, io come direttore tocco spesso la corda consolatoria, ma anche quella dell’esigenza: non faccio sconti sulla morale o sulla fede. E in 12 anni non ho mai avuto un richiamo dall’autorità ecclesiastica».
Però qualcuno continua a storcere il naso, tra i suoi confratelli.
«Con gli scolopi ho un rapporto magnifico, sono qui con permesso canonico fin dal 1988. Mi incoraggiano, mi sostengono. E poi nei confronti della Chiesa abbiamo fatto una politica che ci ha procurato molta stima nel tempo. Ho cercato di coinvolgere tutti gli ordini religiosi e i movimenti ecclesiali, nonché di bilanciare tutte le tendenze teologiche lecite nella Chiesa, con l’unico vincolo della fedeltà al magistero. Ho evitato di fare una radio integralista come progressista, insomma, ma solo cattolica. “Se Radio Maria non ci fosse, bisognerebbe inventarla – ci ha detto recentemente un vescovo – è un dono del Signore alla Chiesa e alla nostra gente”».
Qual è il programma più seguito?
«Non c’è paragone: la Messa del mattino. Poi la rassegna stampa: che è anche il programma più difficile, perché si svolge nel campo delle opinioni e quindi ciò che dico può essere contestato. Ho avuto momenti difficili, per esempio durante la guerra del Kosovo, quando sostenevo la linea pacifista del Papa. Però la gente, anche quando dissente, riconosce la buona fede e ci è ugualmente fedele».
È vero che lei digiuna due volte a settimana?
«Il venerdì digiuno completamente, e mi costa molto anche perché faccio il turno di notte. Invece il mercoledì pratico l’astinenza. Sa, lavoro moltissimo: prima il pomeriggio riposavo un po’, ma – da quando scrivo libri – dopo pranzo e dopo cena mi metto al computer».
E ne nascono sempre dei bestseller.
«Diciamo che la radio è un veicolo importante, non è detto che come scrittore sia migliore di altri. Anzi, non mi ritengo uno scrittore bensì un catechista: rendere facili le verità della fede alla gente semplice è il dono che Dio mi ha dato».
L’ultimo libro l’ha scritto sul diavolo: perché?
«L’ho intitolato “II falsario”: cioè colui che presenta il male sotto forma di bene, perché oggi il diavolo camuffa la vita senza Dio come la realizzazione della felicità. Di solito cerco di agire su due versanti: la catechesi sistematica (in vari anni ho spiegato tutto il catechismo) e i temi più trascurati dalla predicazione ordinaria dei preti. Così ho trattato per esempio dei Novissimi, dell’Anticristo o appunto del diavolo. Questo è un settore carente: esistono libri di teologia ad altissimo livello e poi libretti devozionali, manca la divulgazione intermedia».
Comunque lei ha compiuto il miracolo: spiegando il catechismo riesce addirittura a fare audience.
«Ma c’è poco da fare: la gente è affamata di eternità. Aveva ragione Rahner, quando diceva che l’uomo è un innato ascoltatore della parola di Dio».
IL TIMONE – N. 7 – ANNO II – Maggio/Giugno 2000 – pag. 8-9