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12.12.2024

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Il mondo del sacro. Immagini del Paradiso
28 Settembre 2014

Il mondo del sacro. Immagini del Paradiso

Fin dalla sua costruzione nel VI secolo e fino alla sua distruzione nel XVI secolo, dunque per circa mille anni, il cortile quadrato orlato di portici che precedeva l'ingresso dell'antica Basilica di San Pietro a Roma fu chiamato Paradiso, una parola di origine persiana, o piuttosto indoeuropea, che sta a indicare un luogo recintato e sicuro. Proprio a causa delle porte che la proteggevano e degli angeli che la sorvegliavano, anche la prima culla dell'umanità fu chiamata Paradiso, come pure Paradiso è il nome più comune per definire quel regno dei cieli al quale i cristiani sono chiamati dopo la parabola della vita terrena. In quest'ultimo caso, il termine fu usato originariamente con riferimento a quella Gerusalemme celeste e futura descritta dall'apostolo Giovanni, le cui mura forate da dodici porte disegnano un'area quadrata splendente di luce e di pace, inaccessibile ai peccatori e ai malvagi.
L'idea o forse il sogno, o meglio la speranza della Gerusalemme celeste ma anche la nostalgia del Paradiso terrestre furono fondamentali per la formazione della Chiesa del primo millennio: quando la scomparsa dell'Impero Romano in Occidente appariva come segno di un cambio epocale e dell'avvicinamento alla fine dei tempi, l'esperienza monastica si rafforzava in tutto il continente e costruiva ovunque dei "paradisi", dei chiostri quadrati ove rinchiudere quel che restava dei tesori del passato, ma soprattutto ove coltivare i germogli di una nuova civiltà.
In memoria del paradiso terrestre, i giardini dei monasteri verdeggiarono di alberi da frutto, e l'associazione con il regno dei cieli che scenderà sulla terra vi era rafforzata dalla frequente presenza in essi di fonti o fontane o pozzi, funzionali alle ordinarie necessità dei conventi, ma anche allusivi al fiume che attraversa il centro della Gerusalemme celeste di Giovanni, al cui avvento si collegava pure la collocazione tra quei porticati delle sepolture di quanti aspettano appunto il giorno della resurrezione. I chiostri divennero dunque il promemoria costante di ciò che fu la terra prima della storia e di ciò che sarà dopo la sua fine, quasi fossero frammenti di paradiso terrestre sopravvissuti al peccato e pronti a reintegrarsi nel paradiso futuro.
La memoria di questo collegamento semantico tra i chiostri e il paradiso permane ancora qui e là nella toponomastica di alcuni di quei tanti luoghi dove sopravvivono gli antichi recinti monastici, dal Chiostro del Paradiso della cattedrale di Amalfi al Paradise Court dell'abbazia di Chichester. Con questo stretto legame con ciò che si rimpiange e con ciò che si attende, il chiostro monastico assumeva una funzione consolatoria come un pezzo sopravvissuto da un tempo passato di felicità e come l'anticamera della gioia futura. Perché questa consolazione fosse più tenera e perché i ricordi che essa suscitava fossero più vividi e le speranze più forti, le pareti di quei chiostri si arricchirono di mosaici, di dipinti e di pietre pregiate e il patrimonio così accumulato fu tanto ricco da ristorare le anime di quanti ancora oggi vi fanno sosta. Questa componente di nostalgia e di speranza, sulla quale ho avuto già modo di soffermarmi in passato, è propria dell'architettura sacra cristiana e ha caratterizzato per secoli buona parte delle sue realizzazioni dando un sapore particolare alle espressioni artistiche che vi sono fiorite e assolvendo contemporaneamente al compito catechetico specifico di additare al cristiano la sua origine e il suo avvenire.
Nel Cristianesimo, origine e destinazione sono legate e non vi sarebbe Paradiso se non vi fosse stato Paradiso terrestre, né resurrezione senza creazione e questo legame rispetta la natura profonda dell'uomo, che non è in cerca di un posto dove andare ma di un luogo dove tornare. Forse che le nuove espressioni artistiche e architettoniche del Cristianesimo contemporaneo mancano di speranza perché mancano di nostalgia? Forse si teme di parlare dell'apocalisse perché non si crede più nella creazione. •
 
Il Timone – Settembre/Ottobre 2014

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