A Natale la Chiesa ricorda la nascita del Redentore, ma soprattutto la rivive. Perché Gesù Cristo è vivo, ieri, oggi e sempre. E nasce sempre nel cuore del credente per donargli la grazia che salva.
Il Natale, forse più ancora delle altre feste cristiane, compresa la Domenica, è stato investito da un’ondata di secolarizzazione che ha ridotto l’evento centrale della storia dell’umanità a un’orgia consumistica.
Natale di chi? Molti neppure se lo chiedono. Il festeggiato, che dovrebbe essere Gesù Bambino, viene oscurato dalla figura bonacciona di Babbo Natale. Invece della grotta di Betlemme i negozi, e invece della grazia della redenzione i regali. Il fenomeno ci rattrista, ma non ci sorprende. Il paganesimo è sempre nascosto in qualche angolo del cuore, mentre il cristianesimo è una grazia che occorre continuamente conquistare e conservare. Il mondo celebri pure i suoi miti, ma il cristiano non si lasci catturare. E’ fondamentale che almeno i credenti vivano il Natale come un evento di fede e di grazia.
Detto nel più semplice dei modi la festa di Natale è il compleanno di Gesù Cristo. E’ nella notte del 25 dicembre di oltre duemila anni fa che il Figlio di Dio fatto uomo è stato donato al mondo dalla Vergine Maria. Noi celebriamo con la massima solennità questo evento centrale del cristianesimo, perché la nostra fede ha come suo punto di riferimento la persona di Gesù. Il 25 Marzo celebriamo la festa dell’Annunciazione, quando il Verbo di Dio, per opera dello Spirito Santo, si è incarnato nel grembo della Vergine Maria. Nove mesi dopo la Piena di Grazia dà alla luce il Figlio, che è nel medesimo tempo suo Figlio e il Figlio di Dio. Quel Bambino che Maria e Giuseppe, insieme ai pastori accorsi al canto degli angeli, adorano deposto in una mangiatoia, è il Salvatore del mondo.
La grandezza immensa del Natale corrisponde a quella del Festeggiato. E’ una grandezza divina, perché il cuore della fede cristiana è la divinità di Gesù Cristo. Guardando a quel Bambino, che Maria porta in braccio, noi vediamo il volto di Dio. E’ possibile vedere il volto di Dio con i nostri occhi? Sì, è possibile, perché Dio ha inviato il suo Verbo perché si facesse uomo e divenisse in tutto simile a noi, fuorché il peccato. Il volto di Dio che ci presenta il Natale è quello dell’umiltà, della tenerezza e della familiarità. Guardando a quel Bambino che ci sorride aprendoci le braccia, come sarebbe possibile avere paura di Dio? Quel Bambino ci dice che Dio è accessibile, è accogliente e merita la nostra fiducia assai più dei grandi di questo mondo. Maria, che lo ha portato nel grembo nove mesi e che lo ha generato nel gelo di una notte invernale, ce lo rende ancora più vicino, perché porta il sigillo della sua somiglianza. Avranno notato i pastori come quel Bambino divino assomiglia alla Madre?
Il Natale cristiano è tale se è fondato sulla fede. Per celebrarlo è necessario rinnovare con fermezza la nostra fede nella divinità di quel Bambino. Il Figlio di Maria è il Figlio di Dio. Per questo egli è l’unico Salvatore del mondo. E’ l’unico, perché solo di Lui, e di nessun altro, noi possiamo dire: «E’ vero Dio e vero uomo». Ed è per questo che il Concilio di Efeso ha solennemente proclamato Maria “Madre di Dio”. Il significato di questa espressione riguarda innanzi tutto il Figlio di Maria, che non è un bambino come tutti gli altri, ma è il Figlio dell’eterno Padre che ha assunto la nostra natura umana. Ma nel medesimo tempo indica la grandezza sconfinata di Maria che ha concepito, prima nella fede e poi nella carne, colui che è «Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero».
Il Natale è un evento di fede che si rinnova ogni volta che lo celebriamo. A Natale la Chiesa non solo ricorda la nascita del Redentore, ma soprattutto la rivive. Infatti Gesù Cristo è vivo, ieri, oggi e sempre, ed Egli dona oggi alla sua Chiesa la grazia del Natale. L’evento che Maria, Giuseppe e i pastori hanno vissuto nella realtà storica, noi oggi siamo chiamati a riviverlo nei nostri cuori. Ciò che è accaduto a Betlemme deve rinnovarsi nel cuore di ogni cristiano. In che modo?
Innanzi tutto è necessario preparare la culla del nostro cuore, perché è in esso nasce di nuovo il Salvatore del mondo. La tradizione unanime sottolinea che il Natale deve essere un avvenimento interiore. Forse in nessuna altra festa dell’anno il popolo cristiano accorre così numeroso al confessionale. Benché il precetto della Chiesa richieda di confessarsi almeno una volta all’anno, in particolare in occasione della Pasqua, la gente sente il bisogno di purificare il proprio cuore soprattutto in occasione del Natale. Perché questo? Forse perché percepisce con l’istinto della fede che è nel cuore di ognuno di noi che si celebra l’evento della nascita del Redentore. La purificazione del cuore avviene attraverso una confessione ben fatta. E’ necessario prepararla per tempo con la preghiera e l’esame di coscienza, senza aspettare la ressa delle ultime ore. E’ una tragica illusione pensare di celebrare il Natale di Cristo senza essere in grazia di Dio. Perché la confessione sia ben fatta deve rappresentare un decisivo passo avanti nella propria vita spirituale. Non serve molto confessarsi alla vigilia di Natale ed essere pronti a cadere in peccato mortale già nel giorno di S. Stefano.
Col cuore purificato siamo pronti a vivere l’evento di grazia che è senza dubbio rappresentato dalla Messa di mezzanotte. Nel momento della S. Comunione il Figlio di Dio fatto uomo entra nel nostro cuore e vi riversa, fra le tante grazie, anche quella speciale del Natale. E’ una grazia di umiltà, di infanzia spirituale, di tenerezza e di pace. Accogli questa grazia che il Salvatore ti dona e rivivi nel tuo intimo lo stupore e la gioia dei pastori che contemplavano Dio nel volto sorridente di un Bambino.
Questo è l’essenziale del Natale, ma non è tutto. E’ necessario fare un cammino di preparazione insieme alla propria famiglia e alla propria parrocchia. I cristiani devono tenere alle loro belle tradizioni e rinverdirle in questi tempi aridi di ritorno al paganesimo. Di qui l’importanza di costruire il presepio nelle case, coinvolgendo i propri bambini. Il presepio rende visibile l’evento storico della nascita di Gesù ed è un invito per la famiglia a pregare insieme davanti alla culla. In questo modo la fede si rafforza, i cuori si riconciliano e genitori e figli si rispecchiano nel modello della S. Famiglia di Nazareth. Anche l’albero di Natale ha un significato cristologico, perché Gesù è l’albero sempre verde della vita immortale, che Egli ci ha donato morendo sul legno della Croce. Insieme al presepio e all’albero non possono mancare i canti di Natale, che ci sono stati consegnati da una straordinaria tradizione popolare. Bisogna insegnarli ai bambini nelle case e nelle parrocchie. Ed è proprio le parrocchie che dovrebbero riproporre la novena di Natale come itinerario controcorrente nei giorni convulsi della corsa agli acquisti che precedono la vigilia. E i regali? Ben vengano anche loro, come espressione di un cuore veramente natalizio, riconciliato e colmo di bontà.
Com’era bello quando i bambini aspettavano i regali da Gesù Bambino! Anche Lui, il festeggiato, aspetta con ansia un regalo. E’ il nostro cuore che Egli ha creato per sé e che trova riposo soltanto nel suo amore.
RICORDA
TU SCENDI DALLE STELLE
Tu scendi dalle stelle,
o Re del cielo,
e vieni in una grotta al freddo, al gelo.
Oh Bambino mio divino,
io ti vedo qui a tremar
o Dio beato;
ah quanto ti costò l’avermi amato!
A Te che sei del mondo
il Creatore, mancan panni e fuoco,
o mio Signore
Caro eletto pargoletto
quanto questa povertà
più m'innamora,
giacché ti fece amor povero ancora!
(Sant'Alfonso Maria dé Liguori, 1700)
IL TIMONE – N. 58 – ANNO VIII – Dicembre 2006 – pag. 14 – 15