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10.12.2024

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Il Papa e la democrazia
31 Gennaio 2014

Il Papa e la democrazia

 

 

Giovanni Paolo II impartisce una magistrale lezione al Parlamento italiano sulla vera democrazia e afferma che l’alleanza tra questa e il relativismo etico porta al totalitarismo.
È quel che sta accadendo oggi in Europa?

 

Un elogio condizionato della democrazia: è quel che ha pronunciato Giovanni Paolo II nel suo discorso davanti al Parlamento italiano. Egli ha ricordato (e non per la prima volta: non ha fatto che citare un passo della Veritatis Splendor) il “rischio dell’alleanza fra democrazia e relativismo etico, che toglie alla convivenza civile ogni sicuro punto di riferimento morale e la priva, più radicalmente, del riconoscimento della verità”, Opportuno invito: da noi manca una riflessione profonda sulla natura e i limiti del sistema democratico.
Perché pare esistere una affinità tra “democrazia” e “relativismo etico”? Non dovrebbe essere così. Il fatto – purtroppo – è che la democrazia non ha radici troppo forti, né in Italia né nell’Europa continentale, Negli ultimi tre secoli, i cuori europei hanno profondamente creduto piuttosto ai totalitarismi di massa.
Con entusiasmo autentico, con vera “fede”, gli europei hanno lottato al seguito di Napoleone (il primo dittatore moderno, sostenuto dall’opinione pubblica), per i fascismi e i comunismi; hanno accettato di operare, di morire e di uccidere per pensieri unici e stati ideologici.
Così, è ovvio che dovendo adottare la democrazia pluralista come mezzo per porre fine alla “guerra civile europea” che ha insanguinato il ventesimo secolo, l’Europa e l’Italia – la intenda come una specie di vacanza dalle “dottrine uniche ufficiali” dei totalitarismi: ogni opzione morale possibile (e persino ogni opzione immorale), qualunque visione del mondo, anche nichilista e distruttiva, hanno oggi pari legittimità. E possono essere messe ai voti.
Prima c’era una sola “verità” ammessa, oggi ce ne sono tante – ciascuna propugnata da un partito modellatosi come un piccolo partito totalitario di ieri – e tutte si equivalgono.
Ma la democrazia autentica, là dove è nata (negli Stati Uniti d’America, che sono un Paese giovane ma la democrazia più antica del mondo) non giustifica – o non giustificava – questa vacanza dalla verità. Nel suo senso rigoroso, la democrazia è nata come “sovranità del popolo”.
Quando gli Usa si costituirono nel tardo ‘700, in tutti gli altri Paesi c’erano sovrani ereditari, re e imperatori.
Il popolo degli Stati Uniti si dichiarò “sovrano” sul modello dei re. Con le stesse prerogative e limiti. Il “sovrano” non è infallibile, e così non è infallibile la maggioranza popolare che vince le elezioni: essere “sovrana” significa invece che essa è “responsabile” – che si assume la responsabilità anche morale – delle decisioni politiche e delle azioni di governo.
Nel pensiero dei Padri fondatori, questa responsabilità era affare grave, che doveva essere sempre ricordato al popolo sovrano. Come si dovrebbe sapere, quasi mai una decisione politica è una scelta fra un chiaro bene e un chiaro male: altrimenti sarebbe facile decidere. In realtà, ogni decisione – si tratti di costruire una strada espropriando i proprietari dei terreni, di ammettere o no la pena di morte, di dichiarare una guerra – comporta dei pro e dei contro. Degli “effetti collaterali” indesiderati, o dannosi per una parte della popolazione, o moralmente illeciti. Il popolo sovrano deve avere ben chiaro quando decide – perché decidere bisogna – che si assume la responsabilità anche dei mali e degli effetti collaterali che la sua scelta comporta. Per questo deve esistere il pluralismo, la libera stampa, la libertà d’opinione, il diritto d’espressione delle minoranze e dell’ opposizione politica: perché nel dibattito pubblico e aperto, è soprattutto la minoranza, l’opposizione, a portare avanti gli argomenti “contro” e a mettere in luce gli effetti collaterali di ogni scelta. Il sovrano (il popolo) non ne sarebbe consapevole, se gli oppositori tacessero; avvertito dal dibattito, invece, il sovrano (la maggioranza) sceglie quello che sembra il male minore, se non il bene maggiore; ma assumendosi insieme la responsabilità degli effetti collaterali. Di cui risponderà, come i re e gli imperatori di una volta, al popolo stesso (alle prossime elezioni) e a Dio.
Non a caso la Costituzione americana è l’unica che sancisca la “Liberty under God”, la sovranità popolare, però sottoposta a Dio.
Ad essere sinceri, anche l’America oggi è lungi dall’applicare la democrazia in questo senso grave e rigoroso.
Ma qui ho voluto ricordare come la democrazia fu concepita dai Padri fondatori: come il contrario del relativismo etico. Non dichiararono che il popolo, divenuto sovrano, può fare ciò che vuole, in una vacanza perpetua.
Proclamarono che il popolo si assumeva in proprio la grave responsabilità del comando, il duro rischio e peso della libertà nella ricerca del bene comune. Va anche notato che la democrazia così intesa sta su un piano più modesto di quello che pretesero di incarnare i totalitarismi che sarebbero venuti dopo in Europa (i Padri fondatori americani vissero prima della Rivoluzione Francese, ossia – beati loro – senza essere suggestionati da ideologie totalitarie).
Gli Stati totalitari pretendevano di incarnare la “verità” ultima sulla storia. I dittatori ideologici amavano proclamare le loro decisioni “irrevocabili” come decisioni divine, “scientificamente” giuste, o infallibili.
La democrazia pluralista è un prosaico discutere, giorno per giorno, sul meno peggio: ed esige la coscienza, nel popolo e nei suoi rappresentanti, della provvisorietà, imperfezione, discutibilità e fallibilità (la Chiesa diceva” opinabilità”) di quasi ogni scelta.
Oscurata questa coscienza che è coscienza religiosa dovunque la democrazia è in crisi.
Il sovrano (il popolo) si lascia espropriare della sua sovranità non solo da partiti che votano per appartenenza ideologica, senza ascoltare le minoranze e le opposizioni nel libero dibattito; peggio, si lascia governare da magistrature, tecnocrazie, gruppi di potere non eletti e perciò non responsabili. Ha ragione il Papa: “Una democrazia senza valori si converte facilmente in totalitarismo aperto oppure subdolo”.
Guardate come si sta formando l’Europa, a proposito dì totalitarismo subdolo.
RICORDA
“Dopo la caduta, in molti paesi, delle ideologie che legavano la politica ad una concezione totalitaria del mondo – e prima fra esse il marxismo -, si profila oggi un rischio non meno grave per la negazione dei fondamentali diritti della persona umana e per il riassorbimento nella politica della stessa domanda religiosa che abita nel cuore di ogni essere umano: è il rischio dell’alleanza fra democrazia e relativismo etico, che toglie alla convivenza civile ogni sicuro punto di riferimento morale e la priva, più radicalmente, del riconoscimento della verità. Infatti, se non esiste nessuna verità ultima la quale guida e orienta l’azione politica, allora le idee e le convinzioni possono essere facilmente strumentalizzate per fini di potere. Una democrazia senza valori si converte facilmente in un totalitarismo aperto oppure subdolo, come dimostra la storia”.
(Giovanni Paolo Il, Veritatis splendor, n. 101).

 

 

IL TIMONE N. 23 – ANNO V – Gennaio/Febbraio 2003 – pag. 12 – 13

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