Come garantire i diritti delle minoranze in Medio Oriente? E far capire che ogni persona ha dei diritti che provengono dal Creatore? E come favorire la riconciliazione delle diverse comunità cristiane mediorientali? Domande presenti in un documento del Papa rivolto ai fedeli del Medio Oriente
Comunità cattoliche e confessioni cristiane non in comunione con Roma, convivenza con ebrei e musulmani, pericolo incombente del fondamentalismo per tutte le religioni, violenza e terrorismo diffusi in alcuni movimenti islamici. Il Medio Oriente, e il Libano, richiamano tutti questi problemi che per la loro portata non riguardano soltanto questa parte del mondo, ma investono tutta la Chiesa e la stessa politica internazionale.
Per questo l’esortazione apostolica postsinodale Ecclesia in Medio Oriente che il Papa Benedetto XVI ha consegnato ai cattolici della regione nello scorso mese di settembre affronta problemi dottrinali e pastorali che vanno oltre i pur drammatici problemi locali.
Ecclesia in Medio Oriente
L’esortazione apostolica, che è divisa in tre parti, comincia con un paragrafo nel quale il Pontefice cerca di tratteggiare il contesto storico, religioso e culturale di questo mosaico di Paesi e di culture, ed «è triste vedere questa terra benedetta soffrire nei suoi figli che si sbranano tra loro con accanimento, e muoiono» (n. 8). Fra l’altro, proprio in occasione del viaggio apostolico, ricorreva l’assassinio del Presidente eletto del Libano, Bashir Gemayel, avvenuto proprio trent’anni fa, il 14 settembre 1982, giorno dell’esaltazione della Croce.
Nella prima parte dell’esortazione apostolica si trovano diverse riflessioni dottrinali utili per tutta la Chiesa universale, in materia ovviamente di ecumenismo, di dialogo fra le tre religioni, cristianesimo, ebraismo e islam, e in generale su temi inerenti alla dottrina sociale della Chiesa, in particolare i rapporti fra Stato e Chiesa e la centralità della legge naturale, come «grammatica » della convivenza fra i popoli, secondo l’espressione dello stesso Santo Padre nell’incontro con le autorità libanesi nel Palazzo presidenziale, il 15 settembre.
L’ecumenismo
In questo contesto particolarmente incline alla violenza, la Provvidenza ha voluto che fiorisse la Chiesa cattolica nelle sue diverse espressioni. Maroniti in Libano, caldei, copti, armeni, siriaci, melchiti, oltre naturalmente a comunità di rito latino, sono soltanto alcune delle Chiese cattoliche presenti fin dalle origini nei Paesi mediorientali e in particolare nel Paese dei cedri. Accanto a esse, sono numerose le confessioni non ancora in comunione con Roma e quindi il Pontefice raccomanda ai Pastori di promuovere un «ecumenismo spirituale », richiamato dal Magistero della Chiesa, che nasce anzitutto da tanta preghiera, per cui l’unità «è un dono di Dio che nasce dallo Spirito» contro la tentazione di «fare appello al solo criterio umano » (n. 11). Seguono alcuni consigli del Pontefice per come favorire la reciproca conoscenza e collaborazione: per esempio, trovare un accordo per una traduzione comune del Padre Nostro, che permetta di pregare insieme cattolici e ortodossi, approfondire lo studio dei Padri della Chiesa greci e latini per condividere la memoria dell’epoca in cui la Chiesa respirava con i due polmoni e delle rispettive tradizioni spirituali e culturali, leggere insieme la Bibbia, tutte iniziative volte a favorire un aumento della «conoscenza reciproca e alla creazione di un clima di stima, che sono le condizioni indispensabili per promuovere la fraternità» (n. 18).
Il dialogo interreligioso
Un passaggio indispensabile per ottenere la pace in Medio Oriente, che non consiste semplicemente nell’assenza della guerra o nell’acquisizione di una situazione di tranquillità, è il rapporto fra le tre religioni, cristiana, ebraica e musulmana.
Anzitutto, il Papa ricorda il legame fra ebrei e cristiani, per i quali la Bibbia «è in gran parte comune» e da entrambe viene considerata Parola di Dio. Certamente, il Papa invita a non confondere ricerca della comunione con confusione, per cui se «l’ebraicità del “Nazareno” consente ai cristiani di assaporare con gioia il mondo della Promessa, introducendoli in modo decisivo nella fede del popolo eletto e unendoli ad esso, la persona e l’identità profonda dello stesso Gesù li separano, perché i cristiani riconoscono in Lui il Messia, il Figlio di Dio» (n. 20).
Per quanto riguarda il rapporto con i musulmani, il Papa ricorda le controversie dottrinali che spesso hanno contrassegnato questo rapporto, che molte volte «sono servite come pretesto agli uni e agli altri per giustificare, in nome della religione, pratiche di intolleranza, di discriminazione, di emarginazione e persino di persecuzione » (n. 23). Eppure, ricorda Benedetto XVI, cristiani e musulmani vivono fianco a fianco da secoli e non si può immaginare la cultura del Medio Oriente senza l’apporto di tutte e tre le religioni.
Per questo il Papa afferma con forza che i cattolici del Medio Oriente, «in maggior parte nativi del loro paese, hanno il dovere e il diritto di partecipare pienamente alla vita della nazione» (n. 25): non si può pensare al Medio Oriente senza l’apporto dei cattolici. Essi hanno costruito scuole e ospedali, hanno difeso la dignità della persona e la libertà religiosa «a motivo di Gesù» e, dunque, non possono essere considerati cittadini con meno diritti di altri, e neppure semplicemente tollerati, a motivo della loro professione cristiana.
I diritti fondamentali della persona, infatti, sono «connessi alla dignità di ogni persona umana e di ogni cittadino, a prescindere dalle origini, dalle convinzioni religiose e dalle scelte politiche» (n. 25), scrive il Pontefice per ricordare come il bene comune in Medio Oriente preveda e pretenda che tutte le comunità abbiano gli stessi diritti politici.
Fra questi diritti il Papa dedica un paragrafo particolare alla libertà religiosa, «il culmine di tutte le libertà» (n. 26), «un diritto sacro e inalienabile» che «comporta sia la libertà individuale e collettiva di seguire la propria coscienza in materia religiosa, sia la libertà di culto» (ibidem). Essa non è soltanto la «tolleranza religiosa [che] esiste in diversi paesi» e che «rimane limitata nel suo raggio d’azione». «È necessario passare dalla tolleranza alla libertà religiosa» continua il Santo Padre, per poi ricordare come la «verità può essere conosciuta e vissuta solo nella libertà, perciò all’altro non possiamo imporre la verità; solo nell’incontro di amore la verità si dischiude» (n. 27).
Laicità e fondamentalismo
Il Medio Oriente ricerca così la sua strada per «mostrare che vivere insieme non è un’utopia e che la diffidenza e il pregiudizio non sono una fatalità» (n. 28). In questa regione del mondo, ma forse in tutto il mondo, davanti all’uomo si aprono due possibilità, due strade opposte: la laicità e il fondamentalismo.
La prima può conoscere una «forma estrema e ideologica» che la fa diventare secolarismo perché nega «al cittadino l’espressione pubblica della sua religione e pretende che solo lo Stato possa legiferare sulla sua forma pubblica», secondo una teoria antica, nata con la Rivoluzione francese e diffusa in Europa ma ormai estesa anche fuori dal mondo occidentale e che non può essere confusa con il cristianesimo. Tuttavia questa non è laicità ma laicismo: «[…] sana laicità, al contrario, significa liberare la religione dal peso della politica e arricchire la politica con gli apporti della religione » (n. 29), secondo un rapporto di unità-distinzione.
Il fondamentalismo invece è quell’atteggiamento che in nome della religione «rifiuta il vivere insieme secolare», cioè rifiuta di attribuire al cittadino i diritti che gli derivano dall’essere persona, indipendentemente dalla religione che professa. Esso vuole prendere il potere, «a volte con violenza, sulla coscienza di ciascuno e sulla religione per ragioni politiche» (n. 30).
La diffusione del fondamentalismo, e soprattutto la presa del potere da parte di fondamentalisti, può comportare la nascita di un Medio Oriente «monocromo che non rifletterebbe per niente la sua ricca realtà umana e storica» (n. 31). Per questo il Pontefice si rivolge ai cristiani e alla scelta lacerante che molte volte devono compiere fra restare nel loro Paese dove spesso «vengono umiliati» e «sanno di essere vittime designate quando vi sono dei disordini » (n. 31), e l’andarsene in Paesi dove troverebbero maggiore pace e sicurezza, ma al prezzo appunto di lasciare la loro terra. Ma un Medio Oriente senza cristiani o con pochi cristiani non sarebbe più il Medio Oriente, afferma il Papa.
Ricorda
Giovanni Paolo II, Lettera apostolica sul Libano del 7 settembre 1989.
Idem, Lettera apostolica Orientale lumen nella ricorrenza centenaria della Orientalium dignitas di papa Leone XIII, 12 maggio 1995.
Idem, Viaggio apostolico in Libano, 10-11 maggio 1997.
Idem, Una speranza nuova per il Libano, esortazione apostolica postsinodale, 10 maggio 1997.
L’esortazione apostolica Ecclesia in Medio Oriente di Benedetto XVI è stata consegnata durante il viaggio in Libano nel settembre 2012. Essa riprende i lavori del Sinodo dei vescovi tenuto a Roma dal 10 al 24 ottobre 2010 sul tema La Chiesa cattolica in Medio Oriente, comunione e testimonianza.
IL TIMONE N. 117 – ANNO XIV – Novembre 2012 – pag. 58 – 59
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