Dopo la prima enciclica, il discorso sul Vaticano II e la lectio di Ratisbona, al Convegno ecclesiale di Verona Benedetto XVI ha pronunciato il quarto intervento fondamentale del suo pontificato. Da studiare e mettere in pratica.
Coltivare e trasmettere speranza in un mondo disperato
E la speranza, in effetti, sembra proprio essere la medicina di cui le persone oggi hanno sempre maggiore bisogno. Ne hanno bisogno sia quelli che ne sono consapevoli e cercano predicatori, confessionali (spesso purtroppo vuoti), ambienti che trasmettano la speranza che si possa uscire dal fallimento e dalla disperazione del mondo moderno, sia coloro che non ne sono consapevoli e continuano a cercare la speranza dove mai riusciranno a trovarla. Una speranza teologale, fondata sulla fede, non superficiale e illusorio ottimismo; il Pontefice l’ha evocata con suggestive parole prendendo spunto dalla Sacra Scrittura e affidandoci un compito: «Ricostruite le antiche rovine, rialzate gli antichi ruderi, restaurate le città desolate (cfr. Is 61,1-2). Sono tante le situazioni difficili che attendono un intervento risolutore! Portate nel mondo la speranza di Dio, che è Cristo Signore …» (omelia durante la concelebrazione eucaristica al convegno ecclesiale di Verona, 19 ottobre 2006). La fede è stata combattuta ed esiliata, ma le persone della nostra epoca continuano ad averne bisogno.
Nel 2006, un nuovo Pontefice si è presentato a un mondo cattolico in parte certamente affascinato dal messaggio dei 27 anni di pontificato di Giovanni Paolo II: la componente giovanile, i movimenti e le associazioni sorti dopo il Concilio Vaticano II nel clima di una nuova evangelizzazione sono sicuramente frutti vistosi e fecondi del Vaticano II e del pontificato di Giovanni Paolo II. Tuttavia sembra che queste componenti non fossero particolarmente presenti al Convegno di Verona, dove molti delegati facevano riferimento ad altre esperienze ecclesiali. A questi, comunque, Benedetto XVI ha ribadito di essere presenti e protagonisti, di non ripiegarsi su se stessi, di rendere visibile la gioia di «quel grande sì che in Gesù Cristo Dio ha detto all’uomo e alla sua vita, all’amore umano, alla nostra libertà e alla nostra intelligenza». In sostanza, ha detto ai delegati di essere apostoli nel mondo moderno, nel quale vi sono «autentici valori» che il Papa ha chiamato per nome (conoscenza scientifica, sviluppo tecnologico, diritti dell’uomo, libertà religiosa, democrazia). Tuttavia nella modernità «il male non è affatto vinto; anzi, il suo potere sembra rafforzarsi …» e contro questo potere Dio ha opposto il limite «della sua pazienza e della sua misericordia» che attribuisce valore e senso anche al dolore e alla sofferenza dell’uomo.
Il Papa ha indicato così la strada dell’imitazione di Cristo, «a tutto campo», consapevoli che la sequela di Cristo comporta il divenire “segno di contraddizione”, per cui è necessario affiancare al valore salvifico della sofferenza la testimonianza della verità. E dell’apologetica, perché «dobbiamo essere sempre pronti a dare risposta (apo-logia) a chiunque ci domandi ragione (logos) della nostra speranza», ha detto ancora il Papa.
Speriamo che i delegati abbiano compreso e assimilato. Ne va della missione della Chiesa in Italia. Forse, al di là del contenuto di un discorso profondo e ricco che va letto e meditato integralmente da tutti, in primis dal clero, il contributo del Pontefice ai delegati della Chiesa in Italia sta soprattutto nell’invito ad annunciare il “cuore” del cristianesimo, la Resurrezione di Cristo che porta alla salvezza di chi la predica e dello stesso mondo, e a ridimensionare i soliti discorsi sul celibato sacerdotale, sui divorziati risposati, sugli “ultimi”, sulla mediazione culturale e sulla “scelta religiosa”, temi su alcuni dei quali la Chiesa si è già pronunciata per sempre oppure hanno ampiamente fatto il loro tempo.
Il discorso pronunciato da Benedetto XVI all’università di Ratisbona deve essere letto al di fuori dal contesto polemico che è seguito alla parole del Santo Padre. Solo così sarà possibile rendersi conto che quel discorso è rivolto ai cattolici anzitutto, perché non disperdano il grande patrimonio della cultura e della civiltà fiorite in Occidente attraverso il fecondo rapporto tra fede pensiero greco, diritto romano e rivelazione cristiana. Ben venga dunque l’iniziativa dell’editore Cantagalli e della Libreria Editrice Vaticana di pubblicare non soltanto il famoso discorso ma anche tutti gli interventi del Papa durante lo storico viaggio apostolico nella sua terra originaria. Così sarà possibile al lettore ripercorrere le parole pontificie di Ratisbona, sull’importanza dell’uso di ragione (che è stata data all’uomo dallo stesso Dio che si è rivelato in Cristo) per presentare e difendere la fede e sulla necessità di proporre e difendere la metafisica dai numerosi attacchi subiti nel corso degli ultimi decenni. Il lettore troverà appunto anche tutti gli altri interventi in Baviera, disposti non cronologicamente, ma secondo una metodologia scelta dall’editore. (mi)
RICORDA
«Per questo occorre tornare ad annunciare con vigore e gioia l’evento della morte e resurrezione di Cristo, cuore del Cristianesimo, fulcro portante della nostra fede, leva potente delle nostre certezze, vento impetuoso che spazza ogni paura e indecisione, ogni dubbio e calcolo umano. Solo da Dio può venire il cambiamento decisivo del mondo».
(Benedetto XVI, Omelia durante la concelebrazione eucaristica al convegno ecclesiale di Verona, 19 ottobre 2006).
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