Il cristiano ha una meta, possibile grazie alla morte e risurrezione di Cristo: vivere per sempre nella felicità beata del Cielo. Dove si vede Dio faccia a faccia, così come Egli è.
1023 Coloro che muoiono nella grazia e nell’amicizia di Dio e che sono perfettamente purificati, vivono per sempre con Cristo. Sono per sempre simili a Dio, perché lo vedono “così come egli è” (1 Gv 3,2), faccia a faccia:Con la nostra apostolica autorità definiamo che, per disposizione generale di Dio, le anime di tutti i santi morti prima della passione di Cristo… e quelle di tutti i fedeli morti dopo aver ricevuto il santo Battesimo di Cristo, nelle quali al momento della morte non c’era o non ci sarà nulla da purificare, oppure, se in esse ci sarà stato o ci sarà qualcosa da purificare, quando, dopo la morte si saranno purificate…, anche prima della risurrezione dei loro corpi e del giudizio universale – e questo dopo l’Ascensione del Signore e Salvatore Gesù Cristo al cielo -sono state, sono e saranno in cielo, associate al Regno dei cieli e al Paradiso celeste con Cristo, insieme con i santi angeli. E dopo la passione e la morte del nostro Signore Gesù Cristo, esse hanno visto e vedono l’essenza divina in una visione intuitiva e anche a faccia a faccia, senza la mediazione di alcuna creatura.
1024 Questa vita perfetta, questa comunione di vita e di amore con la Santissima Trinità, con la Vergine Maria, gli angeli e tutti i beati è chiamata “il cielo”. Il cielo è il fine ultimo dell’uomo e la realizzazione delle sue aspirazioni più profonde, lo stato di felicità suprema e definitiva.
1025 Vivere in cielo è “essere con Cristo”. Gli eletti vivono “in lui”, ma conservando, anzi, trovando la loro vera identità, il loro proprio nome: vita est enim esse cum Christo; ideo ubi Christus, ibi vita, ibi regnum – La vita, infatti, è stare con Cristo, perché dove c’è Cristo, là c’è la vita, là c’è il Regno.
1026 Con la sua morte e la sua Risurrezione Gesù Cristo ci ha “aperto” il cielo. La vita dei beati consiste nel pieno possesso dei frutti della Redenzione compiuta da Cristo, il quale associa alla sua glorificazione celeste coloro che hanno creduto in lui e che sono rimasti fedeli alla sua volontà. Il cielo è la beata comunità di tutti coloro che sono perfettamente incorporati in lui.
La prosa limpida e profonda del Catechismo della Chiesa propone il dogma del Paradiso in termini definitivi. C’è dunque un compimento trascendente e definitivo delle esigenze autentiche e definitive dell’uomo: Cristo è venuto a redimere l’uomo, a liberarlo definitivamente dal male e a farlo partecipare pienamente della sua vita. Questo compimento sarà per sempre: per tutta l’eternità.
Il progetto di Dio come si è attuato infallibilmente nella vita, passione, morte e resurrezione di Gesù di Nazareth, Figlio dell’uomo e Figlio di Dio, si attuerà altrettanto infallibilmente ed irrevocabilmente nella vita di coloro che credono.
Nel cuore di coloro che hanno accolto il mistero della Sua presenza ed hanno vissuto la vita nella sequela di Cristo, il mistero della Sua Pasqua si realizza come vita nuova, dono di Dio, nel tempo e nella eternità.
Questa certezza profonda che la Chiesa custodisce con fedeltà da duemila anni e comunica inesorabilmente ad ogni generazione, deve essere proclamata con particolare forza in un mondo in cui per molto tempo si è pensato che la perfezione dell’uomo e la pienezza della sua vita e della sua verità fosse il prodotto, in qualche modo meccanico, delle grandi visioni ideologiche e dei progetti socio-politici totalitari. E dopo che queste illusioni hanno rivelato tutta la loro assoluta inconsistenza, l’umanità rischia di vivere oggi in un nichilismo pratico che consegna l’esistenza quotidiana a un nonsenso, sopportato senza nessuna capacità di reazione: un’esistenza senza senso e senza significato che si spegne nel nulla.
Solo Cristo salva l’esistenza dell’uomo “nel tempo e nella eternità”.
Nel tempo, perché coinvolge l’uomo nella profondità della Sua vita, comunicandogli il Suo Spirito. Un uomo nuovo vive nel mondo, cosciente della propria origine e del proprio destino, che da alla sua vita la suprema utilità di partecipare attivamente, in tutte le circostanze e i problemi dell’esistenza, alla grande missione di Cristo e della Chiesa. Secondo l’intuizione, formidabile ed insuperabile di Sant’lreneo: “La gloria di Dio è un uomo nuovo che vive nel mondo”.
Ma questa novità di vita, che si svolge inesorabilmente nel tempo, nonostante tutti i limiti e le resistenze del peccato, nonostante i condizionamenti personali e sociali, questa vita nuova che è dono assolutamente gratuito di Cristo e del Suo Spirito, non può non compiersi in un modo definitivo che è assoluto ed eccede quindi inesorabilmente qualsiasi capacità di previsione e qualsiasi capacità di immaginazione.
La vita nella fede è, ad ogni istante, aperta alla dimensione del Paradiso; ogni istante vibra della certezza dell’eterno, e di questa certezza respira.
Dunque la certezza del Paradiso è la dimensione della coscienza e del cuore dell’uomo di fede: la certezza del compiersi di tutto il progetto di bene di Dio sull’uomo che è Gesù Cristo: il cristiano è chiamato a partecipare definitivamente alla gloria dei santi. Questa certezza profonda della Chiesa tocca il livello ultimo della intimità del cuore di ogni uomo e si fa possibilità inedita di tenerezza.
Colui che ci ha amato sino alla fine ci amerà per sempre e ci chiamerà ad amarlo per sempre.
I Novissimi
“Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria. E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. […] poi dirà a quelli alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli” (Mt 25,31-34- 41).
Dossier: I Novissimi
IL TIMONE N. 14 – ANNO III – Luglio/Agosto 2001 – pag. 35-37