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10.12.2024

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Il perchè di questo dossier
31 Gennaio 2014

Il perchè di questo dossier

 

 

 

 

Quando i nostri lettori leggeranno queste pagine saremo entrati da pochi giorni nel 2011, l’anno previsto per celebrare il 150° anniversario della nascita dello Stato italiano. Vorremmo così semplicemente aiutarli, in particolare i docenti dei vari ordini di scuola, gli studenti stessi, e in generale tutti coloro che vorranno o dovranno affrontare questo tema nel corso dell’anno.
Intanto una precisazione non scontata: nel 1861 nasce lo Stato, non l’Italia, che esisteva da secoli. Dante Alighieri era un italiano anche se ai suoi tempi non esisteva lo Stato unitario e lo stesso si può dire di Francesco d’Assisi e di Caterina da Siena, i santi patroni. Insomma, non bisogna confondere il vestito con il corpo di una nazione e se il corpo indossa vestiti diversi nell’arco del suo sviluppo, tuttavia rimane lo stesso corpo.
Questa premessa è importante perché sentiremo spesso parlare nel corso dell’anno di “patriottismo costituzionale”, a partire dalle massime cariche dello Stato, che si illudono di poter creare a tavolino un’identità basandosi appunto sulla Costituzione e non invece su quei principi fondamentali, scritti nella natura dell’essere umano, e sulle radici storiche, a cui una Costituzione dovrebbe fare riferimento. Una seconda precisazione. Sono pochi e irrilevanti coloro che vorrebbero disfarsi dell’Unità ottenuta. Così come è stata “fatta male”, contro la giustizia e con atteggiamenti giacobini oppure di egoismo nazionalistico (Casa Savoia), altrettanto “giacobino”, cioè di disprezzo della realtà, sarebbe disfarsene oggi, anche potendo. Ma questo non significa non poter criticare il Risorgimento, cioè il modo con cui si è realizzato lo Stato unitario.     
Infatti, come spieghiamo in questo dossier, vi sono almeno tre ferite prodotte dal modo con il quale è stata “fatta l’Italia”.
1. La “questione cattolica” innanzitutto, della quale scrive Angela Pellicciari, perché è fuori dubbio che il processo risorgimentale, dal 29 aprile 1848, si è indirizzato esplicitamente contro la Chiesa. Non che alcuni cattolici, già nel Settecento, ma poi anche dopo la Restaurazione, dal 1815 al 1848, non ritenessero utile l’unificazione: fra questi lo stesso pontefice, Pio IX. Ma l’unità non può essere il bene assoluto per raggiungere il quale fare scoppiare una guerra fra popoli, entrambi cattolici fra l’altro. Così appunto nel ’48, il Risorgimento prese la piega che sappiamo, che sfociò nella conquista militare di Roma nel 1870 e poi nella lunga contrapposizione fra il Paese reale, cattolico, e quello legale, composto dai “poteri forti”, fra cui l’esercito, la magistratura, e inoltre le società segrete e in particolare la massoneria dal 1859.
2. La seconda ferita è la “questione meridionale”, che ancora oggi continua drammaticamente a sanguinare, come vediamo. Bisognerà che, anche a livello ufficiale, si prenda atto che nel Sud si è combattuta una feroce guerra civile fra italiani, frutto della volontà d’imporre un sistema politico a un Regno secolare, come quello di Napoli prima e poi delle Due Sicilie. Questa guerra ha lasciato tracce, alcune coscienti altre inconsapevoli, che si esprimono nell’antagonismo verso lo Stato, da allora considerato come un corpo estraneo e ostile. Non pretendiamo di avere una soluzione al dramma del Sud, ma certamente non basta che lo Stato riversi soldi a pioggia su un popolo quasi volesse farsi perdonare di averlo umiliato. La questione è storica e culturale, e politica, prima che economica, come spiega Francesco Pappalardo.
3. La terza questione, della quale tratta Oscar Sanguinetti, è quella che negli ultimi decenni, grazie al fenomeno politico della Lega, è emersa maggiormente all’attenzione dell’opinione pubblica. Si tratta della forma dello Stato centralista, che nel 1861 venne preferita al federalismo, scegliendo il modello francese. Nacque così l’Italia dei Prefetti, ed era il vestito peggiore per popoli diversi, lontani, che abbisognavano di una Confederazione che li tenesse insieme, senza che nessuno violentasse gli altri. Nacque così la “questione della forma dello Stato”, che lo Stato liberale e quello fascista hanno tentato di risolvere aumentando il centralismo. Ma neppure dopo il 1945, la Repubblica dei partiti è riuscita (e forse non ha neppure tentato) a invertire decisamente la rotta, se non con l’introduzione della legge sull’istituzione delle Regioni, che peraltro comincerà ad attuarsi solo dopo il 1970. Poi nascerà il fenomeno leghista, capace di dare obiettivi politici al movimento autonomista e forse, delle tre ferite, questa è quella che potrebbe essere medicata e guarita più velocemente.

Perché soltanto questa è la nostra intenzione. Richiamare l’esistenza di ferite prodotte dal processo di unificazione nazionale, e ricordare, come fa il vescovo Negri nell’intervista, che la guarigione da queste ferite non tollera scorciatoie, ma è lunga e difficile, perché passa attraverso l’educazione degli uomini, nel rispetto della loro libertà.

 

 

 

 

Dossier: UNITÀ e RISORGIMENTO: 150 anni, tre ferite

 

IL TIMONE  N. 99 – ANNO XIII – Gennaio 2011 – pag. 36

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