Venti anni fa (1981) moriva il cardinale Stefan Wyszynski, Primate di Polonia. Conobbe il carcere a causa della persecuzione comunista. Dal suo diario emerge una fede indomita ed un amore tenerissimo alla Vergine Maria. Che ha contagiato anche Giovanni Paolo II
La figura del cardinale Stefan Wyszynski (3 agosto 1924 – 28 maggio 1981), arcivescovo di Gniezno e Varsavia dal 22 ottobre 1948 fino alla morte, non è conosciuta in Italia al pari di altri campioni della resistenza all'oppressione comunista.
Sicuramente non ha giovato all'approfondimento della sua personalità e della sua opera l'avvento al Pontificato di un suo “figlio”, dal quale è stato, in un certo senso, “oscurato”. Eppure si tratta di un personaggio di estremo interesse per la storia polacca e, più in generale, per la storia dei rapporti della Chiesa cattolica con il comunismo, sia per la sua opera come Primate di Polonia in anni drammatici, sia per la sua spiritualità impregnata di devozione mariana e informata al “Trattato della vera devozione” di San Luigi Maria Grignion de Monfort. Si tratta di due aspetti della sua personalità illuminanti per comprendere la spiritualità di Giovanni Paolo II.
Credo che lo storico futuro del pontificato del Papa polacco non potrà non tener conto di questi elementi significativi non soltanto per la comprensione di una spiritualità, ma determinanti anche per l'individuazione del quadro culturale che ha fatto da sfondo all'azione stessa del pontificato.
In anni passati la vicenda storica del cardinale Wyszynski fu letta in Occidente quasi in contrapposizione dialettica con quella del Primate di Ungheria suo contemporaneo. Il primo fu visto come l'uomo del compromesso, il secondo come l'uomo della opposizione netta e determinata. Ma, come spesso accade nella storia degli uomini, questa lettura peccava di schematismo e di una insufficiente conoscenza delle realtà storiche e sociali in cui le due eminenti figure si trovarono ad operare.
La Polonia del 1948, nella quale il 22 ottobre mons. Stefan Wyszynski inizierà il suo apostolato quale Primate, era in condizioni drammatiche. Il breve periodo di indipendenza di cui aveva goduto dal 1918, dopo 123 anni di divisione in tre zone di occupazione (austriaca, russa e prussiana), era stato tragicamente interrotto il 17 settembre 1939 dalla invasione e conseguente occupazione sovietico-nazista.
La Chiesa aveva iniziato un faticoso percorso organizzativo dopo il concordato del 1925, nello sforzo di dare unità strutturale e soprattutto morale alle tre parti in cui era stato diviso il territorio nazionale. Ognuna delle tre zone aveva esperienze diverse di rapporti con gli occupanti e condizioni anche giuridiche molto differenziate. Lo Stato polacco del 1918, e di conseguenza la Chiesa stessa, aveva giurisdizione su un territorio con 27.177.000 abitanti di cui un terzo appartenenti a comunità etniche e religiose differenti.
Oltre ai problemi di riorganizzazione delle Diocesi, delle parrocchie, dei seminari, tensioni esistevano tra cattolici di rito latino, per lo più polacchi, e cattolici di rito greco, per lo più ucraini. Per avere un'idea delle problematiche basti ricordare che la guida spirituale e politica della minoranza ucraina era il metropolita di Leopoli, l'arcivescovo Andrzej Szeptycki, il cui fratello, che si considerava polacco, fu capo di stato maggiore dell'Armata polacca.
Dopo la seconda guerra mondiale la Polonia si trova di nuovo rimodellata dal punto di vista dei confini e della sua struttura sociale. La zona di occupazione sovietica diventa territorio russo e lo Stato polacco viene compensato con gran parte del territorio prussiano. La popolazione di 23.930.000 abitanti è per oltre il 95% polacca e cattolica. La Chiesa è appena uscita dal tentativo di cancellazione messo in atto scientificamente durante l'occupazione nazista. Di fronte ad una condizione agonica, l'episcopato polacco decide di tentare di salvare il salvabile. Inizia una storia di commissioni bilaterali tra Stato e Chiesa, di rapporti alterni che oscillano dalla persecuzione esplicita alla necessaria “sopportazione” di una realtà, la Chiesa cattolica, alla quale la società ha demandato la sua rappresentanza, così come nei secoli di occupazione straniera era accaduto. Il rapporto con il regime comunista viene vissuto con lo stesso “animus” col quale le precedenti occupazioni straniere erano state affrontate: bisogna sopravvivere come nazione, l'occupante prima o poi sarà costretto ad andarsene. Se comprendiamo questo spirito e soprattutto la coscienza che la Chiesa polacca ha di rappresentare, di fronte all'“occupante”, tutta la nazione e nella percezione che il popolo stesso ne ha, possiamo capire i tentativi che portarono all'“Accordo” e le estenuanti trattative con il regime, durate fino a che I”'occupante” non si è ritirato lasciando libera la nazione di darsi finalmente una sua struttura statuale.
Leggendo gli “Appunti dalla prigione”- (CSEO, Bologna 1983), sorta di diario scritto dal cardinale Wyszynski durante la sua prigionia durata dal 25 settembre 1953 al 28 ottobre 1956, questo atteggiamento e queste convinzioni di fondo emergono chiarissime. Lo spirito che anima tutte le azioni e le parole del Primate, con passaggi a volte ironici a volte drammatici, è quello di chi sa che le persone di fronte a lui sono transitorie, non dureranno e quindi bisogna impedire che la loro stupidità o la loro malvagità producano danni superiori a sopportabile. Sia ben chiaro: non per quanto riguarda la propria persona, ma l'insieme della nazione. L'occupazione nazista, che se fosse durata avrebbe cancellato la Polonia come entità storica e culturale dalla faccia della storia, è troppo recente per rischiare che qualcosa del genere possa di nuovo accadere. La nazione spossata non sarebbe sopravvissuta.
Dal diario, pubblicato postumo per espressa volontà dell'autore, emerge inoltre una incrollabile fiducia ed una immensa devozione nella Santa Vergine. Il “Totus tuus”, che sarà il motto del pontificato di Giovanni Paolo II, traspare in ogni pensiero del cardinale Primate. Durante la prigionia a Stoczek l'8 dicembre 1953, Stefan Wyszynski compie l'atto di consacrazione personale alla Madre Santissima “seguendo le indicazioni del beato Luigi Maria Grignion de Monfort [….] nelle mani della mia Amatissima Madre in totale schiavitù al Signore Gesù” (p. 52 – “Appunti dalla prigione”).
E la sua “Amatissima Madre” non lo deluderà. Gli permetterà di vedere un vescovo polacco, per la prima volta nella storia della Chiesa, ascendere al Pontificato Romano e di poter affidare con un abbraccio famoso in piazza San Pietro direttamente a Pietro la causa del suo popolo. Il seguito della storia poi è cronaca dei nostri giorni.
ACS in Polonia
Uno dei simboli del sostegno ACS alla Chiesa polacca, durante gli anni della persecuzione, è la costruzione della cattedrale a Nowa Huta, la città industriale che, in origine, era stata immaginata senza Dio e naturalmente senza chiesa. Dopo il vittorioso braccio di ferro della Chiesa con il Partito Comunista, la difficoltà maggiore fu reperire le macchine da cantiere che erano di proprietà dello Stato e, quindi, non disponibili per la costruzione di un luogo di culto. ACS finanziò l'acquisto dei macchinari necessari con i quali furono avviati e portati a termine i lavori. Oggi la maggior parte degli aiuti ACS alla Chiesa polacca è destinata alla formazione di seminaristi e novizie e al sostentamento delle religiose contemplative. Dopo il 1989, i progetti hanno sostenuto soprattutto le costruzioni religiose e, nonostante oggi questo tipo di interventi sia stato progressivamente ridotto a beneficio della formazione, ACS nel 1999-2000 ha contribuito all'ampliamento del seminario di Varsavia, irrimediabilmente sovraffollato per l'elevato numero di vocazioni. In Polonia circa 8.000 seminaristi studiano in quasi 80 seminari diocesani o religiosi e molti sacerdoti svolgono il loro servizio fuori dal Paese, in particolare in Russia.
Chi desidera contattare l'Associazione Aiuto alla Chiesa che Soffre, impegnata da oltre mezzo secolo nel sostenere i cristiani perseguitati e minacciati a motivo della tede, può scrivere o telefonare a: Aiuto alla Chiesa che Soffre Piazza san Calisto, 16 00153 Roma tel. 06/698.939.20
BIBLIOGRAFIA
Stefan Wyszynski, Appunti dalla prigione, CSEO, Bologna 1983.
Sergio Trasatti, La croce e la stella. La Chiesa e i regimi comunisti in Europa dal 1917 a oggi, Mondadori, Milano 1993.
AA.W., Il libro nero del comunismo, Mondadori, Milano 1998.
IL TIMONE N. 13 – ANNO III – Maggio/Giugno 2001 – pag. 24-25