15.12.2024

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Il rabbino capo convertito
31 Gennaio 2014

Il rabbino capo convertito

 

 

 

 

Chi fu Israele Zolli che cambiò il nome in Eugenio in segno di gratitudine nei confronti di Papa Pio XII? Perché incontrò molta ostilità? Cerchiamo di scoprirlo nelle righe che seguono.
Nato a Brodj, in Ukraina, il 17 settembre 1881, primo di 5 fratelli, intraprese gli studi filosofici, prima a Vienna, poi a Firenze, dove si laureò, studiando nel contempo nel Collegio Rabbinico.
Soddisfacendo ai desideri della madre – di famiglia rabbinica da più di quattro secoli -, fu nominato rabbino capo di Trieste e, vent’anni più tardi, di Roma. Non fu solo uomo di grande cultura e di fine intelletto, poiché si prodigò molto nel favorire la fuga dei suoi correligionari e nel proteggerli dalla furia nazista.
Fu, insieme a Pio XII, uno dei pochi – “un visionario”, si disse – che presagì ‘aggravamento della situazione degli Ebrei con l’arrivo dei Tedeschi in Italia. Famosa la sua richiesta a Pio XII di 15 chili di oro, oltre ai 35 già raccolti dalla comunità ebraica, per placare l’ira delle SS di Kappler a Roma. Il Vaticano acconsentì, e l’oro fu raccolto presso le comunità cattoliche.
Nel luglio del ’44, dopo l’arrivo degli alleati, Zolli espresse pubblicamente la riconoscenza degli Ebrei al Papa, durante una cerimonia solenne nella Sinagoga di Roma, trasmessa dalla radio italiana. Poco dopo, andò in udienza dal Papa, presente il Cardinale Dezza. In tale circostanza rinnovò il sentimento di gratitudine per quanto il Papa aveva fatto, aprendo eccezionalmente le porte dei conventi e dei monasteri, e per l’aiuto che potè dare attraverso il coinvolgimento delle famiglie cattoliche.
Lo stesso Zolli godette, fino alla fine della guerra, dell’ospitalità di una coppia di giovani sposi cristiani di condizione operaia, mentre la moglie Emma Majonica e la figlia Miriam trovarono rifugio in un convento di suore. Il 13 febbraio 1945 ricevette il Battesimo alla presenza di poche persone. Il fatto determinò una violenta reazione da parte ebraica nei riguardi suoi e della sua famiglia, che furono coperti di insulti. Inoltre, il nome di Zolli fu cancellato dall’elenco dei rabbini di Roma. Se per gli ebrei questa conversione costituiva un tradimento, Zolli la considerò come sviluppo e completamento della divina Rivelazione, il passaggio per lui dal Vecchio al Nuovo Testamento.
Fino alla morte, avvenuta nel 1956, Zolli si dedicò all’insegnamento della lingua e della letteratura ebraica all’Istituto Biblico della Gregoriana, tenne corsi e conferenze anche all’estero, difese l’operato “silenzioso” di Pio XII dalle critiche di connivenza con lo sterminio degli ebrei, scrisse diversi articoli e libri (Guida all’Antico e al Nuovo Testamento e Petrus), svolgendo una instancabile opera di apostolato, con particolare cura verso i suoi antichi correligionari. Per finire, alla domanda: si trattò di vera conversione?, si potrà rispondere con le parole tratte dalla sua autobiografia, inedita in Italia, Before the dawn (Prima dell’alba): “Un uomo non è convertito nel momento in cui sceglie, bensì nell’ora in cui riceve la chiamata di Dio. E quando si sente tale chiamata, colui che la riceve ha solo una cosa da fare: obbedire”.
Ed ecco il fatto, direi, decisivo del suo cammino di conversione: nel corso di un servizio nel tempio ebraico, nel 1944, ebbe una visione di Cristo coperto di un mantello bianco che irradiava un’aura di pace inesprimibile, e una voce echeggiò nel suo cuore: “Tu sei qui per l’ultima volta”. E così avvenne.

 

Salvati dalla Chiesa
Quanto fosse nota, nella sua comunità ebraica internazionale, l’attività di aiuto del Santo Padre è palesato da un articolo pubblicato il 29 ottobre 1943 dal “jewish Chronicle” di Londra in cui è scritto:” Il Vaticano ha presentato dure proteste presso il Governo Germanico e presso l’Alto Comando Militare tedesco in Italia contro la persecuzione degli ebrei nella parte del paese occupata dai nazisti”.
(Antonio Gaspari, Gli ebrei salvati da Pio XII, Logos, Roma 2001, p25)


Dossier: Pio XII e gli ebrei
IL TIMONE N. 13 – ANNO III – Maggio/Giugno 2001 – pag. 42

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