Un sogno grandioso che ha attraversato l’Europa e non smette di entusiasmare molti cristiani. Ripercorriamo le tappe di un’idea che non muore
La storia del Sacro Romano Impero, si potrebbe dire, è la storia di un sogno. Se non proprio di un sogno, almeno di un ideale. Un ideale che solo per brevi periodi è riuscito a divenire realtà, ma un ideale davvero grande: creare per il proseguimento storico della persona di Cristo, la Chiesa, per la comunità dei credenti, per la fede, uno spazio in tesi esteso a tutto il mondo conosciuto, all’interno del quale fosse garantita la libertà di celebrare il Santo Sacrificio, di evangelizzare, di forgiare strutture sociali ispirate alla fede e al diritto naturale. E, per diametrum, tracciare un perimetro dal quale – sempre in tesi – fosse bandito l’errore, sottomesso l’infedele, incatenato il nemico della fede, il Serpente antico.
Di questo grandioso disegno è artefice l’uomo medievale, l’uomo in cui, sotto il soffio vivificante della Buona Novella, s’incrociano e si fecondano reciprocamente l’eredità grecoromana e il “sangue nuovo” dei popoli germanici, dando vita a quella che sarà la cristianità occidentale.
Istituto allo stesso tempo vecchio e nuovo, usato e inedito, frutto del ripristino di antichi istituti e nuova costruzione, il Sacro Romano Impero è il culmine dell’ideale di cristianità, il vertice della speculazione politica altomedievale che si alimenta al Vangelo, ai Padri della Chiesa, alla philosophia perennis. L’idea di una renovatio dell’impero romano cristianizzato si profila alla mente dei grandi di Occidente nel momento in cui essi si rendono conto che la civiltà forgiata da cinque secoli di martiri, di santi, di monaci, di eremiti, di laici innamorati di Cristo contiene virtualità potenti di costruzione di una cristianità universale, da racchiudere entro l’involucro protettivo di un imperium anch’esso universale.
La storia del Sacro Romano Impero è la storia della plurisecolare tensione fra questo grandioso ideale e una sovente scialba realtà, fra il disegno di una pace universale del regno di Cristo trascritta in istituzioni civili e le desolanti lotte politiche che agitano perennemente la cristianità.
Una notte di Natale
La notte di Natale dell’anno 800 dopo la venuta del Salvatore è una delle date più “forti” e più alte della storia dei popoli dell’Occidente. L’incoronazione di Carlo, re consacrato dei Franchi, defensor Ecclesiae e strumento della conversione di popoli pagani, a imperatore romano per le mani di Papa Leone III segna una tappa fondamentale della traiettoria di ascesa della civiltà europea dalle brume della postromanità – quel periodo marcato dal crollo di Roma che così fortemente impressionerà sant’Agostino, a cui tutto sembrerà perduto – ai fasti dei “secoli d’oro”, illuminati dalle meravigliose cattedrali gotiche, dalla santità di Francesco e di Domenico, dalle intuizioni di Tommaso e di Bonaventura, dal genio di Bellini e di Giotto, dalle visioni di Dante e di Caterina. ùMagistratura suprema destinata a reggere la famiglia dei popoli apertisi alla Buona Novella, vertice sommo della Respublica christiana, l’impero sarà una carica elettiva e conoscerà titolari di diversa caratura e valore. Incarnazione di una missione straordinariamente alta, l’impero sarà temporalmente sempre una istituzione debole, che svolgerà per lo più un ruolo di arbitrato – non sempre invocato – fra i regni della cristianità. Sarà altresì il contrario del modello teocratico: pur pensato – almeno dal secolo XIII – come “sacro”, cioè come dotato di una missione sacrale, l’impero porrà sì la spada al servizio dell’altare, ma non rinuncerà mai alla sua autonomia e alla sua regalità suprema.
Le tappe del “sogno”
La sua vicenda storica l’abbiamo studiata sui libri di scuola.
Dapprima il fulgore carolingio, quindi un periodo di “anarchia” dei regni e dei grandi feudatari. Quindi la rinascita sotto i Sassoni, gli Ottoni, nel X secolo. Poi, ancora, le varie “traslazioni” del titolo fra le grandi casate europee, dai salici-franconi (gli Enrichi) agli Svevi- Hohenstaufen (1137-1254) – i due Federico, il “Barbarossa” e il Secondo – ai bavaresi Wittelsbach (nel Trecento e poi nel Settecento), infine agli Asburgo, famiglia di origini argoviane – cioè elvetiche –, la dinastia che si fregerà più a lungo, per quasi cinque secoli, del titolo imperiale e che sarà anche il notaio che ne rogiterà la fine il 6 agosto 1806. Se con Carlo Magno l’impero sarà una realtà territoriale – quella coincidente con la monarchia carolingia –, a poco a poco, con il sorgere delle monarchie “nazionali” e l’estendersi delle franchigie cittadine, esso perderà sempre più i propri connotati geopolitici. Quando riprende, nel X secolo, l’impero ottoniano è già ridotto all’area germanica e al regno d’Italia. In seguito, il suo asse si sposterà sempre più a Oriente rispetto alla “culla” franca e si amplierà con le terre polacche, boeme e ungheresi.
Ma non sarà più come un tempo: la “lotta per le investiture” – il conflitto con il Papato – la prepotente ascesa in Italia e nell’area reto-germanica – la futura Svizzera– dei Comuni e l’inquieta feudalità lo indeboliranno fatalmente. Il tentativo didare all’impero una struttura amministrativa sul modello delle monarchie coeve fallirà per l’opposizione del Papato, delle libere città italiane e dei feudatari tedeschi. A metà del Duecento, a “imperium Romanorum” degli Ottoni sarà anteposto l’attributo “sacrum” – l’autorità temporale suprema è consacrata dal Vicario di Cristo –, mentre dal XV secolo si aggiungerà a “impero dei romani” la dizione “di nazione germanica”.
Agl’inizi del Quattrocento, il Sacro Romano Impero perde definitivamente l’“anima” franca, la sua titolarità diviene un attributo meramente esortativo e la sua struttura è quella di una monarchia tedesca con una miriade di entità politiche eterogenee a essa tributarie.
In età asburgica, nel XV secolo, il titolo diverrà una prerogativa ereditaria della dinastia, anche se il criterio elettivo formalmente – ma con un ridotto numero di principi elettori – sarà mantenuto. L’ampliamento dell’area imperiale alla Spagna e alle sue immense colonie oltremare, sotto Carlo V, sarà un’occasione unica per ricostruire una “monarchia universalis” – come quella vagheggiata dal giurista italico Mercurino da Gattinara (1465-1530) –, cioè un soggetto politico imperiale cattolico che fosse anche una immensa e solida monarchia: ma l’impero del nuovo Carlo avrà vita effimera e, alla sua morte, le Spagne si separeranno così che gli Asburgo torneranno a essere solo dei sovrani germanici.
La Riforma protestante, staccando da Roma i regni scandinavi, l’Inghilterra e parte dei principati tedeschi, infliggerà un colpo mortale alla cristianità, quindi all’impero e all’idea stessa d’impero. E i conflitti religiosi del secolo XVI, la drammatica rivalità fra l’Austria e la potente monarchia francese, quindi la devastante Guerra dei Trent’anni (1618-1648), ne accelereranno il declino. L’impero sacro e romano verrà a coincidere allora con i confini e con la potenza della monarchia austro-danubiana e con l’egemonia da essa esercitata sull’area germanica, presto contesale dalla folgorante ascesa del Regno di Prussia: bagliori della sua antica missione rifulgeranno nella strenua lotta ingaggiata per secoli dagli Asburgo contro l’Impero Ottomano a difesa di ciò che restava della cristianità occidentale.
Smembrato nel 1806 da Napoleone – che ne distaccherà i principati tedeschi, con i quali creerà la Confederazione Renana –, l’impero si ridurrà all’Austria e ai suoi domini centro-europei. Per prevenire il disegno del despota côrso, già autoproclamatosi re d’Italia, d’indossare – controllando la maggior parte dei Grandi Elettori – la corona di Carlo Magno per presentare il suo impero europeo come erede di quello del carolingio, Francesco II preferirà abdicare e abbassare le plurisecolari insegne sacro- imperiali.
Che cosa rimane?
Si può dire che la storia del sogno finisca con questo gesto? No: l’idea imperiale sopravvivrà implicita nella monarchia asburgica fino al 1918 e rimarrà comunque nel Dna della politica europea, tornando in forma spuria nell’impero liberale di Napoleone III e nel Reich secolarizzato bismarckiano.
Nell’impero austro-danubiano non solo rimarrà viva l’idea di una missione sovranazionale di carattere sacrale, ma si manterrà a lungo la realtà della convivenza di popoli diversi e di religioni diverse sotto una dinastia cattolica. Una coesistenza che si dissolverà quando il cancro del nazionalismo alle soglie del XX secolo riuscirà a scatenare etnie e fedi l’una contro l’altra e ad abbattere la Casa regnante al costo di un sanguinoso conflitto mondiale. L’ultimo titolare della corona austro-ungarica, il beato Carlo d’Austria (1887-1922), durante la Grande Guerra (1914-1918) cercherà di tradurre il principio imperiale in assetti federali moderni, ma fallirà, travolto dal radicale nazionalismo degli avversari e dalla tragica sconfitta bellica.
E oggi? A giudicare dalla piega che hanno preso gli eventi all’inizio di questo terzo millennio cristiano si direbbe che l’idea di un impero cristiano, di un’unica istanza politica suprema per l’orbe cattolico, sia definitivamente estinta. Oggi tutto, invece che tendere all’universale, si scolora e si frantuma. Anzi, mai come oggi appaiono inequivoci i segni che il mondo sta andando verso un nuovo impero universale, un impero che si situa però agli antipodi dell’impero nato undici secoli fa: al di là delle forme politiche, una Repubblica universale – il sogno dei massoni e di Giuseppe Mazzini –, dominata dall’errore, dall’ingiustizia, dall’anti- Decalogo.
L’impero cristiano è nato dalla fede, è stato il frutto maturo della proiezione della Chiesa nello spazio temporale, dell’irradiazione del Vangelo sull’umanità. E la Chiesa esiste ancora: non è allora impossibile pensare che, se la sua missione di evangelizzazione troverà risposta nell’umanità già cristiana e in quella che lo sarà, vi sarà – quando, non è possibile saperlo – un periodo di rinnovato fulgore della cristianità. Così è stato nel passato, se confrontiamo – come ci ricorda il beato Giovanni Paolo II – i difficili secoli dei Padri con la “luce del Medioevo”, oppure il Medioevo stesso con il grandioso slancio missionario dei secoli XVI-XVII.
Per saperne di più…
Il migliore studio è James Bryce, The Holy Roman Empire, 1863 (ristampa BiblioBazaar, Charleston (SC) 2011); trad. it., Il Sacro romano impero, 2a ed. italiana riveduta, Hoepli, 1907 (purtroppo mai più riedito in italiano).
Quindi, Friedrich Heer, Il Sacro romano impero: mille anni di storia d’Europa, 3a ed., Newton & Compton, 2004.
Alois Dempf, Sacrum imperium. La filosofia della storia e dello Stato nel Medioevo e nella rinascenza politica, Le lettere, 1988.
Una esposizione sintetica nel Dizionario Storico della Svizzera, alla pagina www.hls-dhsdss- ch/textes/i/I6626.php, consultata il 23- 10-2012.
IL TIMONE N. 119 – ANNO XV – Gennaio 2013 – pag. 39 – 41
Riceverai direttamente a casa tua il Timone
Se desideri leggere Il Timone dal tuo PC, da tablet o da smartphone
© Copyright 2017 – I diritti delle immagini e dei testi sono riservati. È espressamente vietata la loro riproduzione con qualsiasi mezzo e l’adattamento totale o parziale.
Realizzazione siti web e Web Marketing: Netycom Srl