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12.12.2024

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Il Sesto Comandamento
31 Gennaio 2014

Il Sesto Comandamento

 

 

 

Il sesto comandamento ci viene presentato in una duplice formula: “Non commettere adulterio” e “Non commettere atti impuri”. La prima è la versione biblica (Es 20,14; Dt 5,18) e la seconda è la versione catechistica. Perché questo cambiamento? Può la Chiesa modificare il testo di un comandamento divino? Potremmo rispondere: sì, se Gesù stesso nella sostanza lo ha modificato. Nel vangelo di Matteo si legge: “Avete udito che fu detto: non commettere adulterio. Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore” (Mt 5,27-28).
In realtà Gesù non modifica per nulla la Legge del Sinai, ma ne completa la comprensione. Da grande conoscitore del genere umano ci ricorda che l’atto compiuto è solo l’ultima fase di una disobbedienza che è cominciata nel cuore, e che se coltivata nel tempo può diventare anche irrefrenabile. L’infedeltà incomincia dai pensieri, il tradimento è preceduto da una serie di atti preparatori che per loro natura sono già anch’essi adulterini. L’acquisizione del dominio di sé è pedagogia per la libertà umana. Ma non è solo questione di imparare a gestire la propria sessualità: è che “la sessualità esercita un’influenza su tutti gli aspetti della persona umana, nell’unità del suo corpo e della sua anima” (CCC 2332).
Esercita perfino un influsso sulle relazioni sociali e sullo sviluppo della società. Il Catechismo della Chiesa Cattolica non si limita a fare un elenco dei possibili atti impuri (l’adulterio, il divorzio, la poligamia, l’incesto, la pedofilia, la pratica omosessuale, la lussuria, la fornicazione, la pornografia, la masturbazione, la prostituzione, lo stupro…) ma rimarca che la sessualità va positivamente integrata nella persona, al fine di ottenere l’unità interiore dell’uomo, nel suo essere corporeo e spirituale (CCC 2337). La sessualità diventa pienamente autentica se fa tutt’uno con le relazioni “da persona a persona, nel dono reciproco, totale e illimitato nel tempo, dell’uomo e della donna”. Comprende fino a fondo la dimensione della sessualità solo chi comprende fino a fondo la dimensione e la missione dell’uomo. Se l’essere umano ha escluso dalla propria vita ogni riferimento a Dio, ogni discorso valoriale sulla sessualità diventa automaticamente inutile ed inaccettabile.
L’uomo non liberato è troppo avvinghiato a una serie di dinamiche psicologiche che affondano le radici nell’inconscio, negli impulsi fisiologici, nelle suggestioni dei mass media, nei condizionamenti sociali, nelle deformazioni derivanti da esperienze sbagliate, per cui diventa davvero tempo perso cercare di recuperare la sessualità senza aver recuperato l’uomo. La sessualità è redenta solo quando l’uomo è redento.
Le parole non possono combattere contro meccanismi chimici e irrazionali se non è operante, in chi ascolta, l’azione luminosa e trasformatrice della Grazia. Solo la preghiera può capovolgere la psicologia del peccato. Per certi versi, è addirittura impossibile un controllo totale della propria natura senza un sostegno di tipo soprannaturale. Senza l’azione redentrice dello Spirito l’uomo non liberato è talmente vincolato e determinato che dinanzi a ogni indicazione di vita morale oppone un muro di rifiuti e di obiezioni, sentendosi irremovibilmente dalla parte della ragione. Solo quando si coglie il senso della propria vita in Dio e non si brama che di raggiungerlo vivendo nell’amore diventa chiaro ogni impegno morale e si è disposti a compiere quegli sforzi che pure non mancano.

 

 

 

 

IL TIMONE – N. 33 – ANNO VI – Maggio 2004 – pag. 61
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