Si sta formando un regime dissolutore e immorale. Avverso al Cristianesimo. Combatte la Chiesa che si oppone alla “cultura della morte” del nichilismo contemporaneo. L’avvertimento di Cristo: per il dilagare dell’iniquità verrà meno in molti la carità. Urge una nuova evangelizzazione.
Tempo fa, forse lo ricorderete, un gruppo anti-abortista provò a diffondere delle foto di aborti: foto a colori di minuscoli corpi umani lacerati, fra sangue e muco. Un’onda di scandalo e di indignazione si levò allora dal mondo permissivo e progressista contro coloro che mostravano quelle immagini, ossia la verità. Il materiale fu sequestrato dalla polizia. Le case degli anti-abortisti perquisite, come quelle di malviventi. Li si minacciò di incriminarli in base alla legge che vieta (in teoria) la diffusione di immagini oscene. “Oscene”, dunque illecite, sarebbero state le foto di aborti; praticare l’aborto è invece perfettamente legale e socialmente approvato. Un prete (forse ricorderete anche questo) volle elevare nel cimitero locale un monumento per i piccoli uccisi dall’aborto, vi celebrava una messa funebre. Ancora indignazione: lo si costrinse a smettere. A fare scandalo non era l’aborto, ma la messa. Pillola “del giorno dopo”, ossia abortiva: la Chiesa chiede ai farmacisti cattolici di fare obiezione di coscienza, di non vendere il farmaco. Furore dell’opinione pubblica progressista: i farmacisti “non hanno il diritto” di rifiutarsi, violerebbero la legge, la pillola è “legale” perché il suo commercio è stato introdotto “in ossequio alle direttive europee”. Siete contrari ai “matrimoni” omosessuali, che la lobby gay vuole siano riconosciuti (con diritto all’eredità fra i “coniugi” e alla pensione di reversibilità)? Attenzione: quando, presto, le unioni gay saranno riconosciute dalla legge, sarete perseguibili penalmente, perché colpevoli di “discriminazione” in base al sesso (o alla religione o alla razza). Giorno dopo giorno, nella repubblica italiana, la “legalità” si allontana sempre più dalla giustizia e dalla verità (la giustizia non è altro che verità, spiegò San Tommaso). È positivamente vietato chiamare male il male. A poco a poco, la mentalità collettiva, il costume, si abituano a questa sovversione morale. Al punto che ci si crea un complesso d’inferiorità quando, come cittadini, chiediamo – per esempio – punizioni gravi per i colpevoli di crimini gravi. Ma come, proprio tu, cristiano, chiedi l’ergastolo per un omicida? I rigori della legge per gli immigrati clandestini? La costrizione per i drogati che rubano? Dov’è la tua carità? Molti “buoni cristiani” alimentano questo clima, per una falsa spiritualità. Ci chiedono di convivere con drogati, ladri e assassini per solidarietà e carità. Non vogliono imporre il bene con la legge penale. Ci ricordano che il nostro dovere è “perdonare” sempre (e i giornalisti della tv, alla moglie di un orefice appena trucidato dai rapinatori, chiedono con urgenza grottesca: “Perdona quei ragazzi?”).
Il perdono non è un dovere pubblico. È una decisione intima, talvolta eroica, che non deve essere pretesa dalla stampa ma da Dio e dal sacerdote. Non riguarda affatto lo Stato. Che anzi, ha il dovere contrario: di punire chi uccide un suo cittadino. Fare giustizia penale, usare la forza contro i malvagi, è il suo primo, e persino il suo solo dovere. Che cosa diventa uno Stato che evita di punire?
La risposta cristiana (non sentimentale, non buonista, ma semplicemente cristiana) è: diventa l’Anticristo. San Paolo spiega, nella seconda Lettera ai Tessalonicesì: “È già all’opera il mistero di iniquità. Ma [perché si manifesti] occorre sia tolto di mezzo ciò che ora lo trattiene”. Che cos’è quella cosa che “trattiene” (in greco si dice katéchon) “il mistero d’iniquità”, ossia l’Anticristo? San Tommaso d’Aquino rispose sorprendentemente: è il romanum imperium, il diritto romano. La forza dello Stato al servizio del bene, del giusto e del vero. Il diritto naturale applicato anche con la coercizione, anche – mi spiace per i buonisti cattolici – con le armi, a difesa delle vittime e dei deboli. Anche per questo la Chiesa, oltre che cattolica, si è voluta chiamare “romana”. Perché come sostegno al bene spirituale, accetta che l’ordine umano sia governato dal diritto di Roma, ossia dalla legge naturale presidiata dalla forza legale. Senza ordine sociale, anche la santità personale diventa impossibile. Lo dice Gesù parlando dei tempi ultimi: “Per il sovrabbondare dell’iniquità in molti verrà meno la carità”(Mt 24,12). Noi viviamo sotto uno Stato che ogni giorno di più “legalizza” (cioè dichiara giusto) il delitto, che chiama i delatori “collaboratori di giustizia” (i “pentiti”, testimoni credibili in quanto criminali) e tutela non l’ordine, ma il disordine. Legalizza le violazioni del pudore, la rivoluzione sessuale, il divorzio, l’aborto, l’omosessualità; legalizza o legalizzerà le droghe e l’eutanasia. Tutto ciò porta alla dissoluzione della civiltà? È lo Stato “permissivo”, si dice. Lo Stato del “vietato vietare”. Ma non è proprio così, come abbiamo visto: questo Stato, e la mentalità che lo crea e lo forma, intima divieti sempre più duri. Al Papa e ai vescovi vieta di chiamare male il male. Ai cristiani, come cittadini, di esercitare la loro libertà di dire no, di promuovere le loro idee.
Alle vittime di chiedere giustizia contro l’aggressore.
Stiamo assistendo alla formazione di un regime orrendo e nuovo: il “totalitarismo della dissoluzione”. Dove la dissoluzione dell’ordine morale viene non impedita, ma anzi sorvegliata da un apparato di polizia strapotente e dalla repressione giudiziaria. Uno Stato che ci concede tutte le libertà “trasgressive” ma che ci sorveglia, sospettandoci come delinquenti potenziali, quando esercitiamo le più normali libertà economiche, la libertà di educare i nostri figli, o di esprimere idee del bene comune non approvate dal “costume progressista” e nichilista.
BIBLIOGRAFIA
IL TIMONE N. 11 – ANNO III – Gennaio/Febbraio 2001 – pag. 6-7
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