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12.12.2024

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Il vero volto di Gesù Cristo
31 Gennaio 2014

Il vero volto di Gesù Cristo

 


 

 

In un libro appena uscito la storia del «velo della Veronica», conservato a Manoppello, nel quale si può contemplare il vero volto di Gesù Cristo. Che coincide con quello impresso nella Sindone di Torino.

Per vedere il vero volto di Gesù Cristo basta andare nel santuario cappuccino di Manoppello, in Abruzzo. Entrando in chiesa, guardate verso l’altare maggiore. Scorgerete soltanto un reliquiario, apparentemente vuoto al centro: ma, avvicinandovi, a poco a poco vi apparirà dinanzi agli occhi un viso dai tratti somatici mediorientali e che mostra chiari segni di ematomi e di ferite insanguinate. È proprio lui, il Salvatore, che ha miracolosamente impresso la propria immagine su quel velo, poco prima della crocifissione o nel momento della risurrezione.
Per arrivare qui, il cosiddetto «velo della Veronica» ha percorso una lunga strada, per alcuni versi non ancora del tutto conosciuta.
Di certo, dopo essere stato per i primi secoli nell’attuale Turchia (probabilmente a Camulia e a Costantinopoli), pervenne a Roma sul finire del primo millennio e venne esposto nella basilica di San Pietro a partire dall’XI secolo, nell’oratorio predisposto sul luogo dove attualmente si trova la Pietà di Michelangelo.
Per secoli il Volto Santo fu la reliquia più venerata dalla cristianità. Folle di pellegrini giungevano nelle occasioni in cui veniva esposto, come documentano narrazioni d’epoca e anche i più famosi poeti medievali, da Dante («Qual è colui che forse di Croazia / viene a veder la Veronica nostra», scrive nella terza cantica della Divina Commedia) a Petrarca («Movesi il vecchierel canuto e bianco / […] e viene a Roma, seguendo ’l desio, / per mirar la sembianza di Colui / ch’ancor lassù nel ciel vedere spera», si legge nel Canzoniere).
Ma, quasi certamente durante il terribile Sacco di Roma del 1527, il velo scomparve: «Il Volto Santo è stato robato et passato per mille mani, et andato ormai per tutte le taverne de Roma, senza che homo ne habbi tenuto conto», testimoniò un ambasciatore del tempo. Per la Santa Sede si trattava di un grave problema, sia per le conseguenze spirituali, sia per quelle materiali, in un momento nel quale era in piena attività la costruzione della nuova basilica di San Pietro, che assorbiva quantità notevoli di donazioni dei pellegrini.
Papa Clemente VII riuscì a recuperare molte delle reliquie depredate, e tra queste fece finta che ci fosse anche la Veronica. Fino al 1616 la situazione si mantenne tranquilla: le esposizioni del velo proseguivano e i «romei» continuavano a fare i loro pellegrinaggi.
Ma in quest’ultimo anno giunse in Vaticano una lettera ufficiale nella quale veniva chiesta, per la regina di Polonia, una copia del Volto Santo. Papa Paolo V si trovò dinanzi a un dilemma: inviare un quadro raffigurante l’antica reliquia, della quale però non si era più in possesso, oppure realizzare un nuovo esemplare?
La seconda soluzione venne ritenuta migliore e un canonico di San Pietro realizzò – secondo il giudizio del gesuita Heinrich Pfeiffer, docente di Arte cristiana nella Pontificia Università Gregoriana e tra i massimi esperti del velo di Manoppello – «una nuova creazione, un vero e proprio pasticcio, composto da un ricordo della Veronica, dalla sagoma del Mandylion che si conservava in questo tempo nella chiesa di San Silvestro a Roma e dalla conoscenza della Sindone di Torino attraverso una copia in misura originale che si trovava a Roma nella chiesa del Sudario». La nuova immagine, in particolare, aveva gli occhi chiusi, anziché aperti come l’originale.
Qualche anno più tardi, nel 1628, papa Urbano VIII giunse addirittura a decretare la distruzione di qualsiasi copia della primitiva Veronica, ordinando la consegna degli esemplari sotto pena di scomunica. Da allora le esposizioni – spostate sulla loggia della Veronica, in uno dei piloni d’angolo attorno all’altare centrale del Bernini – sono proseguite, ma sempre più rarefatte in quanto a numero.
Tuttora, nella quinta domenica di Quaresima, viene effettuata una rapida cerimonia, con scarsa pubblicità e senza la possibilità di vedere da vicino il quadro.
In quei primi decenni del Seicento, a Manoppello cominciò intanto a essere esposto un velo del tutto simile a quello che in precedenza doveva essere stato a Roma. Ma il desiderio dei frati cappuccini di non suscitare troppo clamore, per paura che il Vaticano ordinasse la restituzione della reliquia, fece sì che attorno al Volto Santo calasse una cortina di silenzio. Per quattro secoli la processione annuale per le vie del paese e la venerazione nel santuario sono rimaste confinate nell’ambito di pochi intimi.
Una ventina d’anni fa la trappista Blandina Paschalis Schlömer intuì la rassomiglianza fra il velo di Manoppello e la Sindone torinese e cominciò a sovrapporre i due volti, rendendosi conto della loro perfetta compatibilità. Inviò i risultati della propria ricerca a padre Pfeiffer e riuscì a coinvolgerlo in ulteriori studi iconografici, che hanno consentito di verificare come molte immagini del primo millennio cristiano siano indiscutibilmente ispirate a questi due misteriosi «prototipi».
Studi scientifici hanno consentito di dimostrare che il velo è un tessuto trasparente – probabilmente prodotto con lino o con bisso marino – sulle cui fibre non esistono significative tracce di pigmenti colorati che possano spiegare la realizzazione dell’immagine, visibile su ambedue i lati. Approfondimenti storici hanno invece fatto sì che la ricostruzione degli spostamenti della reliquia siano sufficientemente attendibili. Ma gli spazi per ulteriori ricerche, soprattutto da parte dei sindonologi, sono vasti e in attesa di essere percorsi.

Da non Perdere
Le straordinarie vicende del velo di Manoppello sono documentate da Saverio Gaeta nel libro L’altra Sindone. Il vero volto di Gesù Cristo, appena pubblicato dalla Mondadori. Il volume verrà anche presentato a fine agosto in un incontro del Meeting di Rimini, con la partecipazione di alcuni protagonisti dei più recenti studi sul Volto Santo. La ricca documentazione fotografica presentata nel volume mostra ogni aspetto relativo alla storia del velo e consente inoltre di osservare le diverse composizioni con la Sindone e con altri esempi dell’iconografia cristiana del primo millennio, fra cui il Cristo delle catacombe venerato a Roma nella basilica dei santi Pietro e Marcellino. Una cronologia comparata degli eventi di Manoppello e di quelli avvenuti in Vaticano mette in risalto la compatibilità delle vicende ricostruite nel testo.

IL TIMONE – N. 44 – ANNO VII – Giugno 2005 – pag. 16-17

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