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12.12.2024

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Il viaggio sacro

Il viaggio sacro

Prima di essere una prescrizione o una pratica, il pellegrinaggio è un bisogno dell’anima. Al quale Dio risponde concedendo grazie speciali in certi luoghi privilegiati.
Il pellegrinaggio: viaggio sacro lo abbiamo definito nella prima puntata dedicata a questo tema. Un evento straordinario nella vita di un credente. E non soltanto cristiano. Praticamente ogni religione conosce questa forma di devozione: cioè, questo uscire dalla propria dimora abituale per recarsi “altrove”, in un luogo che rivesta un particolare carattere sacro. Lasciare, quindi, la routine del quotidiano, alla ricerca di un contatto, di una purificazione, un aiuto, una guarigione, una protezione. Un evento, dunque, che viene vissuto come risanatore e salvifico e che, per esempio, per l’lslam è addirittura obbligatorio. È uno dei cinque pilastri indispensabili per un buon musulmano: almeno una volta nella vita occorre fare il viaggio a La Mecca.
Per noi non c’è un precetto preciso. Però, sappiamo bene come la Terra Santa, Roma, Santiago di Compostela, solo per citare alcuni tra i luoghi più importanti, siano stati da sempre mete di questi viaggi straordinari. E questo perché il pellegrinaggio, prima ancora di essere una prescrizione o una pratica devota, è un bisogno dell’anima. Così, nell’Europa medievale, si era creata una fitta rete di itinerari che spesso si intrecciavano fra loro, accompagnata da un’altrettanta fitta rete di asili in cui i pellegrini potevano trovare rifugio, cura, ospitalità. Si trattava talvolta, dati anche i pericoli e le difficoltà dei viaggi in quei periodi storici, di vere e proprie comunità in marcia, guidate dai nobili e dai sacerdoti, assistite dai mercanti e da altri servizi di ogni genere. Erano viaggi che potevano durare anni, il più delle volte fatti a piedi. Erano una parentesi nella vita concentrata sul Sacro, una esperienza forte, trasformante, radicale di conversione, almeno nelle intenzioni.
Occorre tenere presente che in quelle avventure, a quel tempo, si rischiava la vita.
Oggi il pellegrinaggio, anche nella sua forma più faticosa, più coinvolgente, cioè fatto a piedi – una sorta di dolorosa salita al Calvario per giungere alla Risurrezione – sta tornando in auge tra le pratiche cristiane e coinvolge un buon numero di persone. Lo si è visto nell’anno giubilare, in cui molti sono stati i pellegrini che hanno fatto precedere il loro arrivo nel cuore della cristianità, a San Pietro, da una lunga marcia purificatrice. Lo si può vedere sulle vie che convergono verso Santiago di Compostela. Sarebbe bello e utile leggere anche su queste pagine l’esperienza diretta di qualcuno che ha avuto questo coraggio, che ha affrontato questa lotta poderosa con se stesso e con il “nemico” che ad ogni passo cerca di fermarti. Di qualcuno che, se vuole continuare, è costretto ad aumentare la fede in Dio, l’abbandono, la certezza che quello che sta facendo è un gesto sacro che otterrà l’assistenza dello Spirito.
San Giacomo, l’apostolo del Signore, a lui intimo, è là che ti attende: per stringerti nel suo abbraccio caloroso e mediatore di grazia, per consolarti e sciogliere la tua grande fatica. Per questo occorre marciare e andare avanti vincendo la fame, la sete, il freddo, il caldo, la tentazione di cedere, l’orgoglio di farcela da soli.
Tuttavia, nonostante il suo straordinario fascino, questa esperienza bruciante toccherà sempre e solo a una minoranza. Noi, maggioranza un po’ acciaccata o non più giovane, abbiamo tuttavia a disposizione innumerevoli altri luoghi, altre forme meno faticose per compiere il sacro viaggio. A patto tuttavia di mantenerne lo spirito.
Spirito che è essenzialmente quello della conversione e del raccoglimento, della preghiera, della penitenza che lo preparano e facilitano. Il pellegrinaggio deve avere come motivazione fondamentale la coscienza di essere peccatori, bisognosi di aiuto nel corpo e nello spirito. Anche noi, come coloro che si recano a Santiago di Compostela, compiamo il nostro viaggio sapendo che alla meta ci aspetta un abbraccio di grazia: quello di Maria, la Madre che chiamiamo con tanti nomi – ogni santuario ne ha uno diverso – perché nessuno è in grado di esaurire la sua bellezza e santità; oppure quello di qualche altro grande santo che, come tale, la Chiesa ha proclamato intercessore. O, nel caso del pellegrinaggio in Terra Santa, è Gesù stesso, il Dio Uomo, il Mediatore per eccellenza, ad accoglierci per ricordarci la salvezza che ci ha arrecato e per renderla per noi attuale.
Per questo il pellegrinaggio non può non essere accompagnato da alcuni gesti decisivi perché esso ottenga davvero lo scopo che si prefigge.
Preparare il cuore e la mente con il pensiero di Dio, da creature bisognose di tutto, pregare per ottenere anzitutto conversione ma anche qualche grazia specifica di cui sentiamo il bisogno. Il Signore non disdegna affatto di aiutarci anche nelle nostre necessità pratiche e nei luoghi di pellegrinaggio lo dimostra in modo particolare E infine, là giunti, accostarci al sacramento della Penitenza e alla S. Eucaristia, cioè utilizzare quegli strumenti specifici, i sacramenti appunto, che, seguendo il Vangelo, la Chiesa ha dichiarato segni efficaci della Grazia. Con la Confessione, infatti, otteniamo da Gesù stesso, tramite il sacerdote, il perdono dei nostri peccati, tornando alla primitiva purezza di cuore; con l’Eucaristia veniamo rianimati e nutriti del “cibo di vita eterna”.
Dopo tutto questo, la gioia può esplodere con pienezza e diventare una festa. Si può godere dell’amicizia del gruppo, con cui si è in viaggio, dei cibi che qualche volta è d’uso portarsi appresso, della bellezza della natura, quando c’è; si può cercare un ricordo da portare a chi è rimasto a casa.
Qualche volta si accusano i santuari di “fare commercio” perché sono circondati da negozi e bancarelle. Eppure, chiunque abbia vissuto un pellegrinaggio in tutte le sue fasi, sa come sia spontaneo – e giusto – il desiderio di spedire cartoline, di acquistare rosari o altri segni che ricordino a noi e agli altri quel passaggio straordinario di grazia.

RICORDA

“Cosa faceva camminare questi pellegrini? Per gli ebrei ogni anno c’era il pellegrinaggio al Tempio di Gerusalemme, per i musulmani l’obbligo di andare alla Mecca almeno una volta durante la loro vita, Niente del genere per il cristiano: il pellegrinaggio non è un atto rituale, ma libero e spontaneo. Se certi confessori lo impongono come penitenza, è perché è insito nell’atteggiamento della cristianità [medievale, ndr]: una risposta concreta data al consiglio, così spesso ripetuto nel Vangelo: Alzati e cammina”.
(Régine Pernoud, Qualcosa di più di un’avventura, in 30GIORNI, n. 7, luglio 1989, p. 42).



IL TIMONE N. 24 – ANNO V – Marzo/Aprile 2003 – pag. 50 – 51

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