«Qual è colui che forse di Croazia, viene e a veder la Veronica nostra, che per l’antica fama non si sazia, ma dice nel pensier, fin che si mostra: Signor mio Gesù Cristo, Dio verace or fu fatta la sembianza vostra?». Siamo nel Paradiso della Divina Commedia e Dante, incontrando S. Bernardo, si paragona al pellegrino che nel Medioevo giungeva a Roma a venerare il sudario della Passione di Gesù, quello che, secondo la tradizione, una donna di nome Veronica passò sul volto di Cristo e sul quale rimase impressa la sua immagine. E come il pellegrino che nella sacra reliquia in realtà cerca e contempla la persona di Cristo, così Dante nel santo di Chiaravalle vede le sembianze del Salvatore: «Tal era io mirando la vivace carità di colui che ‘n questo mondo, contemplando, gustò di quella pace».
Il primo settembre Benedetto XVI si è recato pellegrino in Abruzzo a venerare il Santo Volto di Manoppello, da molti studiosi considerato il Velo della Veronica, “vera-icona” di Gesù Cristo, cioè il sudario della Passione, già venerato al tempo di Dante.
Il Papa, al di là delle questioni storiche, si è soffermato sul significato spirituale che questa reliquia rappresenta: egli invita gli uomini a contemplare la bellezza del volto di Cristo, a considerarlo via di salvezza e a testimoniarlo al mondo. Così Benedetto XVI si è rivolto ai fedeli giunti al santuario di Manoppello: «Solo il chicco di grano che cade nella terra e muore porta molto frutto. Questa è la via di Cristo, la via dell’amore totale che vince la morte: chi la percorre e “odia la sua vita in questo mondo, la conserva per la vita eterna” (Gv12,24-25). Vive cioè in Dio già su questa terra, attratto e trasformato dal fulgore del suo volto. Questa è l’esperienza dei veri amici di Dio, i santi, che hanno riconosciuto e amato nei fratelli, specialmente i più poveri e bisognosi, il volto di quel Dio a lungo contemplato con amore nella preghiera. Essi sono per noi incoraggianti esempi da imitare». Poi il Papa, citando un antico inno forse proprio di S. Bernardo, domanda: «Ma qual è la generazione che cerca il volto di Dio? Sono coloro – Salmo 23 (24) – che hanno mani innocenti e cuore puro, che non pronunciano menzogna, che non giurano a danno del loro prossimo. Dunque, per entrare in comunione con Cristo e contemplarne il volto, per riconoscere il volto del Signore in quello dei fratelli, e nelle vicende di ogni giorno, sono necessari “mani innocenti e cuori puri” […]. Cuori rapiti dalla bellezza divina, come dice la piccola Teresa di Lisieux nella sua preghiera al Volto Santo, cuori che portano impresso il volto di Cristo».
Impossibile non scorgere in queste parole il riferimento alla vita dei santi, a loro volta icone da venerare, grazie ai quali vedere il volto di Cristo perché – ha continuato il Papa – «ricercare il volto di Gesù deve essere l’anelito di tutti noi cristiani». Nel suo discorso, Benedetto XVI ha citato S. Teresa di Lisieux e non a caso. La santa francese è comunemente conosciuta con il nome di S. Teresa del Bambino Gesù. In realtà, il nome da lei scelto al momento della vestizione risulta essere quello di Teresa del Bambino Gesù e del Volto Santo. La devozione di S. Teresa al volto santo si era formata nell’ambiente familiare ed era continuata anche dopo il suo ingresso nel Carmelo. Così nel suo Cantico al Santo Volto: «Gesù, la stella che guida i miei passi è la tua ineffabile immagine; ché il dolce tuo volto, sai bene, m’è quaggiù Paradiso». Di S. Teresa, proclamata Dottore della Chiesa da Giovanni Paolo II, papa S. Pio X disse: «è la più grande santa dei tempi moderni». A suor Maria del Sacro Cuore che le diceva: «quanto dolore avremo dopo la sua morte» Teresa rispondeva: «Oh no, vedrete, sarà come una pioggia di rose» e infatti nei venticinque anni precedenti la sua canonizzazione le sono stati attribuiti ben quattromila miracoli. Ella ci guida nella contemplazione del volto santo e, missionaria dell’amore misericordioso di Gesù, ci è vicina nelle necessità e ci indica «la piccola via» nella salvezza delle anime. Ecco cosa disse alla sorella Paolina poco prima di morire: «Sento di avviarmi al riposo. Ma soprattutto sento che la mia missione sta per cominciare: la mia missione di far amare il Signore come io lo amo, e dare alle anime la mia piccola via. Se Dio misericordioso esaudisce i miei desideri, il mio paradiso trascorrerà sulla terra fino alla fine del mondo», e la pioggia di rose non finirà.
BIBLIOGRAFIA
Saverio Gaeta, L'altra Sindone, Mondadori, 2005.
IL TIMONE – N. 57 – ANNO VIII – Novembre 2006 – pag. 47