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15.12.2024

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Immortalità dell’Anima
31 Gennaio 2014

Immortalità dell’Anima

 

 

 

Grandi filosofi precristiani testimoniano che spiritualità e immortalità dell’anima son o verità naturali, che la ragione dell’uomo può cogliere.

 

Il tema dell’immortalità dell’anima è comune a tutte le culture, infatti, sin dall’antichità, l’uomo si è interrogato sulla sorte che lo aspetta dopo la morte.
C’è qualcosa che sopravvive alla morte del corpo? E se nell’uomo c’è un’anima spirituale essa è anche principio d’immortalità personale o bisogna pensare la vita dopo la morte come un ritorno a un essere indifferenziato dove la persona perde la coscienza di sé?
Il pensiero pagano afferma con sicurezza la dottrina dell’immortalità. Platone nel Fedone dice che l’anima assomiglia a ciò che è eterno, divino, immutabile e immortale e per questo, dopo la morte del corpo, se ne va in un luogo che ha la sua stessa natura e cioè “presso un Dio buono e sapiente” dove sarà felice, libera dagli errori, dalle stoltezze, dalle paure e da tutti i mali che accompagnano la vita terrena dell’uomo. Se però l’anima si distacca dal corpo “contaminata e immonda in quanto fu sempre schiava del corpo, ammaliata dalle passioni e dai godimenti” deve scontare la pena per la passata esistenza malvagia. Dunque per Platone non solo l’anima è immortale, ma il suo destino futuro è legato alla condotta tenuta nel corso della vita terrena: l’anima virtuosa sarà felice, quella malvagia soffrirà e questo è possibile solo se c’è continuità nella consapevolezza del soggetto. Anche Aristotele sostiene la spiritualità dell’anima umana fondandola sul fatto che l’intelletto è capace di svolgere un’attività separata dalla materia: “Se vi è un’attività o una passione che sia propria dell’anima potrà l’anima stessa essere separata (dal corpo). Se invece non ha nessuna attività che le sia propria non sarà separabile”.
Aristotele osserva che l’intelletto svolge un’ attività, la conoscenza dei concetti universali, che non è originata dal corpo. Quando astraiamo un concetto uni¬versale prescindiamo dalle caratteristiche materiali dell’oggetto conosciuto: se, ad esempio, ricaviamo l’idea di triangolo da un concreto triangolo stampato sulla pagina di un libro, il concetto che ci formiamo prescinde dal colore dell’inchiostro con cui il triangolo è materialmente rappresentato o dalle dimensioni di quella figura specifica; ciò che riteniamo è il concetto di una “figura piana chiusa di tre lati”. Questo concetto non contiene determinazioni materiali, si può dire che esso è il senso che l’intelletto ha tratto dalla percezione fisica, che in questo caso è la visione dell’immagine del triangolo.
In conclusione, se l’intelletto può operare prescindendo dalla materia dovrà essere esso stesso immateriale, perché l’agire segue all’essere, e se è immateriale sarà anche immortale, perché solo la realtà materiale si corrompe.
Con la parola “anima” la filosofia e anche il pensiero comune indicano il principio primo della vita, cioè quella forza attiva posseduta da tutti gli esseri chiamati appunto “viventi”: vegetali, animali e uomini.
Secondo Aristotele poi, tale “forza attiva” si manifesta in modi diversi: nei vegetali è solo principio di riproduzione e di crescita; negli animali alle capacità vegetative unisce il movimento e le sensazioni; nell’uomo possiede anche il livello razionale. Per questo si dice che l’anima dell’uomo è spirituale; la parola spirito, infatti, si applica soprattutto alle operazioni intellettuali per indicare che tali operazioni sono immateriali, anche se sono compiute in unione con le facoltà fisiche.
Non bisogna però pensare che l’uomo sia il risultato della somma di un corpo materiale e di un’anima spirituale, come se in esso vi fossero due principii eterogenei e separati, uniti accidentalmente e solo per un certo tempo: l’anima spirituale è il principio vitale di tutto l’uomo, del corpo, della psiche e della ragione.
Anche san Tommaso riprenderà questo tema della riflessione aristotelica sostenendo che nell’uomo c’è solo l’anima razionale che svolge anche le attività inferiori. Il pensiero dei grandi filosofi precristiani testimonia che spiritualità e immortalità dell’anima sono verità naturali accessibili alla ragione e non contenuto esclusivo della Rivelazione. A tali verità si può arrivare attraverso percorsi diversi dall’analisi della conoscenza: ad esempio, si può partire dalla libertà o dalla perfettibilità della persona o anche dal desiderio dell’immortalità, ciò che conta è che in ogni caso ci troviamo di fronte a conoscenze sostenute dalla ragione e non ad affermazioni fideistiche. È pur vero tuttavia che molti filosofi, soprattutto negli ultimi secoli, hanno negato l’immortalità dell’anima.
Alcune di queste negazioni nascono all’interno di un orizzonte filosofico materialista; è il caso del materialismo meccanicistico di La Mettrie che riduce l’uomo a una macchina biologica, del materialismo dialettico di Marx che considera la scienza una sovrastruttura dei rapporti economici o del materialismo positivista secondo cui solo i “fatti” verificabili esistono.
Altre negazioni, teoreticamente più raffinate, si affermano con la dissoluzione nichilista del pensiero filosofico: è il caso di Nietzsche, ma anche di Heidegger e di Sartre.
Al di là delle differenze ciò che accomuna questi pensatori è la contestazione globale della metafisica: non di una metafisica, ma della possibilità stessa della metafisica, che per sua natura è affermazione della capacità del pensiero di passare dal sensibile all’immateriale, dal particolare all’universale.
È significativo che proprio il dialogo platonico che segna la definitiva acquisizione del punto di vista metafisico nella riflessione filosofica sia un testo centrato sulla questione dell’immortalità come afferma il titolo stesso: “Fedone” o della immortalità dell’anima.
GLOSSARIO

Platone: (428 a.C.-347 a.c.), con la “seconda navigazione” scopre la metafisica, che esprime nel linguaggio del dialogo.
Aristotele: (384 a.C.-322 a.c.), discepolo di Platone, organizza in modo sistematico la riflessione metafisica:.
San Tommaso d’Aquino: (1225-1274), ripensa l’aristotelismo all’interno di una geniale sintesi fondata sull’idea della partecipazione dell’essere e dell’atto di essere.
Julien Offray de la Mettrie: (1709-1751), illuminista, assertore di un materialismo radicale, riduce l’uomo alla materia e agli istinti.
Karl Marx: (1818-1883), teorizza il materialismo dialettico e il materialismo storico. La natura umana nasce dalla dialettica della materia.
Friedrich Nietzsche: (1844-1900), la sua riflessione, mai sistematica, è espressa per lo più in forma di aforismi. Teorizza la volontà di potenza, il vitalismo, annuncia la “morte di Dio” e di tutti i valori.
Martin Heidegger: (1889-1976), discepolo di Husserl, orienta l’analisi fenomenologica verso la metafisica dell’esistenza. Il suo pensiero rimane , in un orizzonte immanente.
Jean-Paul Sartre: (1905-1980), è influenzato da Heidegger e dal marxismo, teorizza una visione, in ultima istanza, nichilista.

RICORDA
“Che cos’è l’anima?
L’anima è la parte spirituale dell’uomo, per cui egli vive, intende ed è L libero, e perciò capace di conoscere, amare e servire Dio.
L’anima dell’uomo muore col corpo?
L’anima dell’uomo non muore col corpo, ma vive in eterno, essendo spirituale.
Qual cura dobbiamo avere dell’anima?
Dell’anima dobbiamo avere la massima cura, perché essa è in noi la parte migliore e immortale, e solo salvando l’anima saremo eternamente felici”.
(Catechismo di san Pio X, nn. 61-62-63).
BIBLIOGRAFIA
Aristotele, Sull’anima.
San Tommaso d’Aquino, Summa theol., I, qq.75-83. Platone, Fedone.
Armando Rigobello, L’immortalità dell’anima, Ed. La Scuola, Brescia 1987.

 

 

IL TIMONE N. 23 – ANNO V – Gennaio/Febbraio 2003 – pag. 26 – 27

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