«Famiglia e Scuola»: una realtà che da 37 anni mette al primo posto la persona. Parla Giovanni De Marchi, nuovo presidente del FAES di Milano. Educazione personalizzata e rapporto con i genitori i punti di forza.
Il Sessantotto ha minato alle radici la possibilità stessa dell’educazione, intesa come il tramandare un sapere e uno sguardo sulla realtà da una generazione all’altra. E i guasti di quell’impostazione ideologica e astratta hanno, di fatto, emarginato sempre più la famiglia e messo in ginocchio la scuola. C’è l’assenza del padre, inteso come punto di riferimento autorevole, e scarseggiano i maestri. Spesso i luoghi destinati alla cura e alla crescita dei ragazzi diventano invece ambiti diseducativi e di indottrinamento, a volte addirittura veicoli di corruzione. Si pensi, per esempio, ai programmi di cosiddetta “educazione sessuale”, che un po’ in tutta Europa stanno diventando lo strumento per imporre ai ragazzi un certo modello culturale, che ritiene normali rapporti prematrimoniali, contraccezione e aborto. Da tempo questa situazione così critica è stata definita da Benedetto XVI «emergenza educativa» e da lui indicata come uno dei principali impegni della Chiesa in quest’epoca.
Una decisione coraggiosa
Chi da anni ha preso sul serio la questione “emergenza educativa”, anche quando non era stata ancora coniata questa espressione, è il FAES, acronimo che sta per “Famiglia e Scuola”, un’associazione nata nel 1974 da un gruppo di genitori, appunto «esasperati dall’onda del ’68 e del conseguente indottrinamento omogeneo e politicizzato fornito dalle scuole statali, nonché insoddisfatti delle possibi- li alternative esistenti, anche in ambito cattolico».
Chi parla è il notaio Giovanni De Marchi, 40 anni, milanese, sposato e padre di tre figli e fresco presidente del FAES di Milano, di cui è stato un allievo al liceo scientifico (primo ex alunno ad assumere questa carica): «Quei genitori coraggiosi, che assunsero quella decisione controcorrente in un clima certo non facile, furono stimolati dalle riflessioni pedagogiche di Josemaría Escrivá, il santo fondatore dell’Opus Dei, morto nel 1975, ai cui insegnamenti e alla cui spiritualità laicale molti di loro si ispiravano ». Nelle immagini momenti di studio, di svago e di sport degli alunni presso un’istituto del FAES di Milano.
Al centro la condivisione
Oggi il FAES è una “rete” di scuole pubbliche non statali, paritarie, che vanno dall’asilo nido fino al liceo (classico e scientifico); è diffuso, oltre che a Milano, in altre città italiane, quali Bologna, Verona, Napoli, Palermo e Roma. Membro fin dalle origini del Forum delle Associazioni Familiari e di altri importanti organismi educativi e familiari a livello internazionale, il cuore della sua missione educativa è lo strettissimo rapporto tra scuola e famiglia. «Al centro del proprio metodo il FAES pone la condivisione del percorso educativo tra scuola e famiglia», conferma De Marchi, «e la famiglia resta comunque la principale responsabile dell’educazione dei figli, al punto che i genitori sono stimolati ad assumersi fino in fondo tale responsabilità. La scuola va loro incontro supportandoli mediante l’attività didattica e formativa, di chiara ispirazione cristiana, pur trattandosi di scuole tecnicamente “non confessionali”».
Difendersi dagli indottrinamenti
A proposito di emergenza educativa, De Marchi ci tiene a precisare che, in realtà, a differenza di quanto si potrebbe credere, «la principale emergenza non è quella, abitualmente messa in evidenza dai mass media, del bullismo o del consumo di sostanze stupefacenti, aspetti pur gravi e meritevoli di interventi, perché la vera emergenza educativa oggi è quella legata alla mancanza di consapevolezza, da parte di tanti genitori, del proprio compito». Invece tanti altri genitori, pur sinceramente preoccupati della crescita dei propri figli, prosegue il presidente del FAES Milano, in realtà sono poi «incapaci di farsi carico di tale compito e di affrontarlo con gli strumenti adatti, per far sì che i ragazzi giungano a maturare un’autentica autonomia di giudizio nei confronti della realtà, senza quegli insopportabili indottrinamenti che caratterizzano, ancor oggi, gran parte delle scuole statali italiane». Indottrinamenti, aggiungiamo noi, che hanno portato di recente, per esempio, su impulso di alcuni deputati, ad avviare una seria riflessione sui contenuti degli stessi libri di testo adottati nelle classi, molti dei quali di spudorata ispirazione marxista e relativista, se non anticlericale».
Progetti ad hoc e attenzione alle eccellenze
Quali i punti di forza del FAES? «Innanzitutto le nostre scuole sono state le prime ad assumere a fondamento, realmente, il concetto di educazione personalizzata », spiega De Marchi». Di che si tratta? «L’educazione personalizzata ha in primo luogo a cuore la realtà di ogni singolo ragazzo e consente di aiutare chi è in difficoltà, attraverso progetti ad hoc, aiuto alla dislessia, percorsi di recupero individualizzati, aiuto allo studio da parte di studenti più bravi o più grandi. Allo stesso tempo, l’educazione personalizzata permette anche di coltivare le eccellenze, grazie alla partecipazione a corsi e seminari di approfondimento, concorsi, certamen, stages in azienda per gli alunni meritevoli degli ultimi anni delle superiori, periodi di studio all’estero».
Tutor ed educazione omogenea
Altre due particolarità del FAES sono la figura del tutor individuale e l’educazione omogenea single-sex. «Sì, il docente- tutor, che segue un’apposita formazione, ha il compito di instaurare un dialogo costante con lo studente, confrontandosi con lui, aiutandolo nelle difficoltà, offrendo in definitiva un sostegno non solo tecnico: insomma, amandolo e interessandosi a lui come persona, più e prima che come allievo». De Marchi sottolinea che «il tutor conosce a fondo il ragazzo che gli è affidato e ha un dialogo costante con entrambi i suoi genitori, anche per aiutarli a essere educatori migliori. A questo proposito, la cosiddetta “riforma Moratti” aveva tentato di estendere la figura del tutor al sistema delle scuole statali ma, avendo trovato l’opposizione ferma, corporativa e conservatrice, dei docenti e dei sindacati, la novità è subito naufragata. Quanto all’educazione omogenea single- sex (le classi separate maschi-femmine), sta tornando fortemente in auge, soprattutto nel mondo anglosassone; è la conseguenza naturale dell’educazione personalizzata e del tutoring, suffragata dai più recenti studi scientifici, secondo cui, negli anni della pre-adolescenza e dell’adolescenza, l’educazione mista è controproducente sia dal punto di vista affettivo che didattico, perché tende ad appiattire anziché valorizzare le differenze di genere». Infine, nelle scuole del Faes si tende a sfruttare al massimo gli spazi previsti dall’autonomia scolastica, per approfondimenti che possano tenere gli allievi occupati in modo intelligente, ma anche al passo con i tempi. Si va così dalle lezioni curriculari di scacchi, per stimolare l’area logico-matematica, a lezioni e corsi di teatro con professionisti del settore, fino ad attivare sinergie con le aziende, per consentire un primo contatto con il mondo del lavoro.
Ricorda
«Studia. Studia con impegno. Se devi essere sale e luce, hai bisogno di scienza, di idoneità. O credi che per la tua pigrizia e indolenza riceverai la scienza infusa?». (Josemaría Escrivá, Cammino, n. 340).
IL TIMONE N. 103 – ANNO XIII – Maggio 2011 – pag. 12 – 13