In India i cristiani sono perseguitati con l’accusa di essere degli intrusi.
Ma quella terra è stata evangelizzata fin dall’inizio dell’era cristiana
Come in Iraq e nei territori dell’antica Mesopotamia, così anche in India i Cristiani sono stati più volte perseguitati, anche molto di recente. Il pretesto per la persecuzione sembra essere che i Cristiani non appartengono a quella terra e sono dei nuovi venuti, degli intrusi in una cultura ed in una religione estranea. Anche l’India, tuttavia, è una terra di molto antica evangelizzazione, di gran lunga anteriore all’arrivo dei Portoghesi, colonizzatori nel XIV secolo, e degli Inglesi, giunti successivamente. È possibile, infatti, che il messaggio cristiano abbia raggiunto l’India già nel tardo I secolo, ed è storicamente attestato che lo fece già nel II, a partire dal quale sono ininterrottamente testimoniate missioni cristiane in India.
La prima evangelizzazione, nel I secolo
Per quanto riguarda il I secolo, sono due le figure apostoliche alle quali è collegata la primissima evangelizzazione dell’India: san Bartolomeo e san Tommaso apostolo. Una sistematica analisi critica delle tradizioni ad essi collegate (ai testi patristici si aggiungono per s. Tommaso gli Acta Thomae, un «romanzo apostolico» di estremo interesse) fa ipotizzare che queste due figure abbiano condotto i primi tentativi missionari di età apostolica e subapostolica, e che si servirono delle vie commerciali sia di mare sia di terra per raggiungere l’India: le vie di terra molto probabilmente per le regioni settentrionali, le rotte marittime per quelle meridionali. Un dato che può rivelarsi significativo è anche che la tomba tradizionalmente identificata in India con quella di s. Tommaso presenta lo stesso tipo di materiale da costruzione e la stessa struttura che presentavano le stazioni commerciali romane del I secolo d.C. in quelle zone: in altri termini, s. Tommaso è vissuto nel I secolo e la tomba in cui – secondo la tradizione – è stato sepolto è proprio una tomba come quelle delle zone in cui il santo operava.
L’evangelizzazione del II secolo
Per il II secolo le notizie divengono più sicure e storicamente attendibili. A quel tempo si fece evangelizzatore dell’India Panteno di Alessandria. Ben noto anche ad Origene, Panteno fu maestro di Clemente Alessandrino ed è descritto dalle fonti antiche come filosofo stoico (in effetti lo Stoicismo, insieme con il Platonismo, esercitò un potente influsso sui filosofi cristiani dell’epoca, compresi Clemente e Origene, come già sul giudeo Filone di Alessandria). Panteno fu estremamente colto e Clemente stesso presentava una buona parte della propria opera come appunti presi alle sue lezioni. Non è noto se avesse un’ordinazione ecclesiastica né se la sua scuola cristiana fosse in qualche modo dipendente dalla Chiesa locale. Anche riguardo alla sua missione in India, è solo la parte più tarda della tradizione a suggerire che essa dipendesse da un’iniziativa dell’episcopato alessandrino. Tuttavia, quello che è certo (e che è attestato già da Eusebio in base a più antiche fonti alessandrine), è che nella seconda metà del II secolo Panteno di Alessandria, seguendo le rotte commerciali marittime che ogni anno congiungevano regolarmente l’Egitto all’India, si recò in India, allo scopo di offrire, non una vera e propria evangelizzazione, ma un’istruzione dottrinale (probabilmente con qualche base teologico-filosofica) a dei Cristiani che esistevano già in quella terra e che avevano sollecitato la sua missione. Che alcune comunità cristiane esistessero già a quel tempo nelle zone visitate da Panteno in India è espressamente affermato dalle fonti principali, cioè Eusebio e Gerolamo, secondo cui Panteno trovò perfino che quei lontani Cristiani d’India possedevano presso di loro alcune copie di un Vangelo: quello di Matteo, ma scritto in ebraico (o aramaico), che sarebbe stato portato là in precedenza da Bartolomeo. Che fosse stato Bartolomeo in persona a recare il testo semitico del vangelo di Matteo in India non è ovviamente verificabile; tuttavia, la presenza di una prima evangelizzazione di matrice siro-aramaica, giunta dalla Mesopotamia, fin dall’età apostolica è probabile. Non solo il Vangelo, ma anche la prima liturgia cristiana indiana ed il suo lessico recano forti tracce di giudeocristianesimo. Panteno, dunque, non aveva bisogno di cominciare da zero l’annuncio cristiano in India, né era propriamente questo che i Cristiani locali desideravano da lui, bensì piuttosto una predicazione dottrinale, come un approfondimento e un perfezionamento del messaggio già introdotto.
Era questo lo stesso periodo in cui ambasciatori indiani giungevano in Mesopotamia per incontrare l’imperatore Elagabalo e si fermavano a Edessa a conversare con il filosofo cristiano Bardesane († 222), il quale dedicò all’India anche un’opera, il De India, nota al filosofo neoplatonico Porfirio, che pochi decenni dopo ne citò alla lettera due frammenti, di capitale importanza per la ricostruzione del pensiero e della cristologia medioplatonizzante di questo filosofo. È possibile che Bardesane accennasse anche alla prima diffusione del Cristianesimo in India nella sua opera, ma certamente Porfirio, che era fieramente anticristiano, non avrebbe mai riportato quei passi.
La missione del IV secolo ed in età postconstantinianaAncora da Alessandria partiva una missione cristiana per l’India nella prima metà del IV secolo, questa volta in forma più istituzionalizzata rispetto a quella di Panteno. Il responsabile indicato dalle fonti è il vescovo della città, s. Atanasio, campione dell’antiarianesimo. Egli controllava anche il Didaskaleion di Alessandria (la scuola in cui aveva insegnato Origene e a capo della quale Atanasio istituì Didimo il Cieco, un fedele seguace di Origene). Atanasio inviò in India Frumenzio ed Edesio. Le incertezze relative alla missione indiana da lui organizzata non riguardano in questo caso il ruolo del vescovo nel promuoverla, ma la sua destinazione, appunto l’«India». Infatti, il termine «India» in queste fonti è spesso inteso dagli studiosi per indicare l’«Etiopia», che in effetti è uno dei significati rivestiti dal termine «India» nell’antichità (si distinguevano India citerior, India ulterior, India interior, talora non senza confusioni). Nonostante questa sia l’interpretazione più diffusa, ci sono tuttavia indizi (li ho segnalati nel mio libro Gli apostoli in India, cfr. bibliografia) che suggeriscono che la missione alessandrina promossa da Atanasio si sia rivolta all’India vera e propria, come lo era stata la missione alessandrina di Panteno più di un secolo prima.
Altre missioni, queste sicuramente rivolte all’India vera e propria, sono attestate per l’età post-costantiniana, a cui si aggiungono anche indicazioni relative all’organizzazione ecclesiastica dei territori indiani. Le notizie continuano ininterrotte per tutto il periodo anteriore all’arrivo dei Portoghesi.
BIBLIOGRAFIA
Ilaria Ramelli, Note sulle origini del Cristianesimo in India, in Studi Classici e Orientali, 47, 2 (2000), pp. 363-378.
Ilaria Ramelli, Gli Apostoli in India, in coll. con Cristiano Dognini, Medusa Edizioni 2001.
Ilaria Ramelli, The Role of Trade in the Early Spread of Christianity in the Near East, International SBL Meeting 2010, in corso di pubblicazione.
IL TIMONE N. 96 – ANNO XII – Settembre/Ottobre 2010 – pag. 28 – 29