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15.12.2024

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Julien Ries
31 Gennaio 2014

Julien Ries

L’itinerario attraverso lo spazio sacro, che tappa per tappa stiamo cercando di compiere in questa rubrica, avrebbe avuto aspetto assai diverso se tra le sue fonti fosse stata assente la fondamentale opera di Padre Julien Ries. Vale dunque la pena sospendere brevemente la nostra passeggiata attraverso quella chiesa immaginaria e prototipica che abbiamo costruito narrativamente, e dedicare invece una breve pagina a questo insigne studioso di antropologia delle religioni, in occasione della sua novella elevazione alla dignità cardinalizia per volontà di Benedetto XVI.
Il nome di Julien Ries è noto agli studiosi di antropologia delle religioni, ma la portata dei suoi studi non è riducibile ad un interesse di nicchia. Il suo metodo prende le distanze dai tanti che scrivono di religione, di mitologia e di simbolica intenti spesso a circondare di fumo i propri argomenti e a restituire di essi un’impressione più che un ritratto. Ries, al contrario, abitua il suo lettore ad una disamina analitica e rigorosa dell’impianto teologico da un lato e culturale dall’altro, che struttura la concezione del Sacro nelle diverse tradizioni da lui affrontate e che si spingono dal Manicheismo fino al Buddismo nelle sue diverse caratterizzazioni regionali (I volti del Buddhismo, 2008), ovviamente soffermandosi molte volte sul Cristianesimo, vero perno dei suoi interessi.
L’opera di Ries è volta a rintracciare gli elementi fondamentali che devono costituire la base per una comprensione del Sacro: i testi sacri e le credenze, la lingua sacra e i riti, l’arte e i luoghi sacri. Attraverso un simile schema, adattato ai diversi contesti che affronta, Ries è capace di offrire un panorama culturale a tutto tondo delle civiltà oggetto dei suoi studi, osservate sempre dal punto di vista della concezione del Sacro. Ne emerge infine l’immagine di un’umanità che non può fare a meno della sacralità quando si organizza socialmente, e che ricorre al Sacro ogni qualvolta si mette in cerca del senso dell’universo che la circonda. Raccogliendo le tracce del Sacro dalle più antiche civiltà alle tendenze contemporanee, Ries dimostra due realtà allo stesso tempo: da un lato, come il senso del sacro sia insito nel cuore dell’uomo e quindi come la dimensione religiosa sia da esso inalienabile, e dall’altro come la concezione del sacro si differenzi sostanzialmente da una tradizione religiosa all’altra, e come perciò non possa esistere una spiritualità genuina svincolata da una solida tradizione religiosa e culturale.
Anche il messaggio cristiano e la teologia cattolica dunque non cancellano la sacralità, ma recepiscono il senso del Sacro che i cristiani hanno in sé al pari di tutti gli altri uomini, e donano ad esso un indirizzo caratteristico. Tale approccio, che così semplificato può apparire banale, si pone in realtà in rottura con quanti, studiosi e liturgisti, hanno voluto cancellare il Sacro dall’esperienza cristiana, sostenendo che esso chiude la sua parabola di esistenza proprio con l’irrompere della Buona Novella. Julien Ries sostiene invece che «abbiamo un senso cristiano del sacro. Abbiamo una risonanza del sacro nella preghiera, nel linguaggio liturgico, nell’insieme dei segni e dei simboli del culto, ivi compresa l’architettura delle chiese. La vita cristiana ha bisogno di segni sacri» (Il sacro nella storia religiosa dell’umanità, 1990). Quest’ultima affermazione ricorda l’interrogativo di Benedetto XVI: «Abbiamo ancora bisogno dello spazio sacro, del tempo sacro, dei simboli mediatori?» (Introduzione allo spirito della liturgia, 2001), e l’elevazione al cardinalato di Padre Julien Ries ci offre infatti uno sguardo in profondità anche sul punto di vista del Santo Padre in merito a quello che è il soggetto degli studi di Ries ed anche, più modestamente, il soggetto di questa nostra rubrica, il Sacro appunto.
La decisione di chiamare Julien Ries a far parte del numero dei cardinali si inserisce dunque nella serie di richiami che il pontefice ha lanciato per restaurare, o piuttosto per rimettere in evidenza, l’importanza della sacralità tanto nel culto divino quanto nella condotta etica dei cristiani. Sulla scorta dell’approvazione del Papa, l’approccio di Ries dovrebbe essere d’esempio a quanti in campo cattolico si stanno cimentando nella riscoperta di quel tesoro sacro che la nostra liturgia e i suoi edifici conservano.
Mi piace chiudere citando ancora una volta il nuovo cardinale, e avendo in mente le tante diocesi dove i vescovi sembrano tutti intenti a smantellare quanto resta di sacro nelle loro cattedrali: «Desacralizzare non è purificare, è distruggere ».

IL TIMONE N. 110 – ANNO XIV – Febbraio 2012 – pag. 47

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