Banner_Il Sabato del Timone_14 dic 24_1920x280

15.12.2024

/
La battaglia di Poitiers: la realtà meglio del mito
31 Gennaio 2014

La battaglia di Poitiers: la realtà meglio del mito

 

 

 

Nonostante il parere contrario di alcuni storici, fu importante per garantire la libertà e lo sviluppo del mondo occidentale. La cronaca e i protagonisti dello scontro militare tra franchi e arabi musulmani avvenuto nel cuore della Francia attuale, nei pressi di Tours.

 

 

 

Vale la pena ripercorrere in sintesi gli anni tormentati che precedono e seguono la battaglia di Poitiers (732), magari guardandoli dal punto di vista dei protagonisti, Abd ar Rahaman, il condottiero islamico, da una parte, e Carlo Martello, maestro di palazzo del re merovingio Teodorico IV. Così sarà meno difficile farsi un’opinione sul significato di questa battaglia, la cui importanza nella storia occidentale divide gli storici.
Era passato appena un secolo dalla morte del “Profeta” (570 ca-632) e i guerrieri dell’Islam avevano conquistato un impero, subendo anche dure sconfitte, ad opera dei berberi, per esempio, ma erano state solo battute d’arresto momentanee. Anche i formidabili berberi erano stati battuti e convertiti alla nuova religione, facendone straordinari propagatori dell’Islam per mezzo della spada. Nel “piccolo jihad”, vale a dire nella guerra, la scorreria non solo permetteva di arricchirsi in fretta ma anche di indebolire la volontà di resistenza del nemico. Poteva accadere che, nel corso di una razzia particolarmente fortunata, il più e il meglio dell’esercito avversario venisse annientato insieme al sovrano, decapitando così un intero regno e lasciandolo in balia dei guerrieri musulmani. Fu quello che accadde alla Spagna visigotica nel 711, quando re Roderico venne ucciso dai berberi di Tarik nella battaglia del Guadalete: una catastrofe epocale che dischiuse le porte della penisola iberica agli avventurieri che, incessantemente, si riversavano nell’Europa dall’Africa, in cerca di gloria, ricchezze e di una morte eroica.
La marcia di questi guerrieri sembrava inarrestabile. Nel 720 una loro colonna conquistava Narbona, impadronendosi di una base saldissima oltre i Pirenei. Nel 721 Sham Ibn Malik attaccava Tolosa, ma il duca Eudes di Aquitania lo sorprendeva durante l’assedio e ne annientava l’esercito con una spettacolare carica della cavalleria visigotica. Non importa: nel 724 i Mori prendevano Carcassonne e Nimes e, nel 725, raggiungevano addirittura Autun in Borgogna. In effetti, per essere delle scorrerie, queste avevano determinato la conquista della Septimania, l’odierna Linguadoca. Lo scontro tra Franchi e Mori stava diventando sempre più titanico e inevitabile ma ci fu chi, nei due schieramenti, cercò di ritagliarsi un’autonomia politica: Eudes, nemico giurato di Carlo, si alleò con il capo berbero Munuza, che dominava l’attuale Catalogna ed era nemico giurato di Abd er Rahaman. Questi, nel 732, sconfisse e uccise Munuza e valicò i Pirenei verso l’Aquitania per saldare il conto a Eudes e vendicare lo smacco di Tolosa. Abd er Rahaman era davvero un notevole condottiero e i suoi 15.000 guerrieri d’elite praticamente imbattibili in campo aperto, così che l’esercito di Eudes fu annientato a Bordeaux e lo stesso conte si salvò a stento, fuggendo con i resti della sua cavalleria verso nord.
A quel punto Abd er Rahaman avrebbe potuto essere soddisfatto della vittoria ma i condottieri della prima conquista islamica sapevano che, con l’audacia, si potevano conseguire i massimi risultati. Perché non puntare verso la Loira, allora, verso il santuario di sant’Ilario di Poitiers o, addirittura, quello di San Martino di Tours, con le sue enormi ricchezze? Tanto più che la distruzione di quei due santuari avrebbe annientato la volontà di resistenza di quei barbari cristiani del nord. Ma era proprio quello che Carlo non era disposto a concedere, dopo aver passato i primi anni di governo a combattere contro nemici interni ed esterni, in spietate lotte di potere. Per quanto l’esercito franco fosse un mix di pochi guerrieri professionisti (quelli della guardia di Carlo) e di una massa di combattenti dilettanti, il maestro di palazzo riuscì a cogliere Abd er Rahaman in controtempo mentre avanzava su Tours, sbarrandogli la strada a nord di Poitiers. Non solo: per i Mori carichi di bottino, la ritirata era diventata difficile come l’avanzata e non restava che annientare anche quell’esercito, in modo da avere mano libera per altre settimane di saccheggio. Si era ormai a metà ottobre e il tempo stringeva: Carlo aveva messo Abd ar Rahaman nelle condizioni di dover attaccare e vincere per sopravvivere all’inverno imminente. Nella pianura dell’odierna Moussais-la-bataille, si decidevano le sorti dell’Occidente e del mondo.
Lo svolgimento della battaglia è risaputo. La cavalleria moresca attaccò a ondate e i Franchi resistettero come “un muro di ghiaccio”. Ciò che rese possibile questa resistenza fu un accorgimento tattico di Carlo che non concentrò le sue truppe scelte, come aveva fatto Roderico a Guadalete, ma le distribuì tra le milizie, coraggiose e inesperte, per aumentarne la tenuta. Al termine di una giornata di scontri ferocissimi, i Franchi avevano resistito a ogni attacco e fu allora che la cavalleria di Eudes uscì dal bosco dove era stata nascosta fino ad allora, colpendo il fianco sinistro musulmano e puntando verso l’accampamento. Il pensiero di perdere il bottino portò alla ritirata tutto l’esercito musulmano e Abd ar Rahaman, che era riuscito a sfondare al centro, si trovò isolato, circondato da guerrieri nordici assetati di sangue che lo infilzarono con le lance e lo fecero a pezzi con le franciscae, le accette da battaglia, simili al tomahawk dei pellirossa. Scese la notte sul campo di battaglia e i musulmani ne approfittarono per dileguarsi in buon ordine anche se, nelle storie arabe, quella battaglia verrà ricordata come “il lastricato dei martiri”. Tutto qui? In effetti Poitiers (o Moussais, come sarebbe più esatto dire) è così importante perché Carlo non morì in battaglia e perché l’esercito franco non venne annientato. Un articolo di Barry Strauss, apparso nell’opera La storia fatta con i se (a cura di Robert Cowley, BUR, 2003) delinea con tutta evidenza le conseguenze di una disfatta cristiana: i Franchi avrebbero potuto resistere ai sassoni? Ci sarebbe stata una dinastia carolingia? Pipino il Breve sarebbe intervenuto in Italia per difendere il Papa dalla prepotenza dei longobardi? È ar-duo negare l’importanza di Poitiers, per quanto non fosse risolutiva. Per fare un paragone conosciuto, anche la battaglia d’Inghilterra del 1940 fu decisiva ma ciò non toglie che Hitler avrebbe potuto ancora vincere la Seconda Guerra Mondiale. Per tornare al 732, ciò che rese davvero importante Poitiers fu la controffensiva di Carlo nella valle del Rodano e in Septimania. Nel 734 gli arabi conquistavano Avignone e nel 735 Arles, ma Carlo riconquistava Avignone nel 737 e schiacciava l’esercito moresco sul fiume Berre nello stesso anno. In una serie di campagne durissime, Carlo riconquistava tutta la Septimania eccetto Narbonne che cadeva nel 759 ad opera di Pipino il Breve. Le conseguenze? Secondo lo storico Khalid Blankinship le sconfitte di Costantinopoli e di Poitiers portarono alla dissoluzione della dinastia Omayyade: e c’è da dire che, dopo decenni di guerre civili, Abd ar Rahman I divenne emiro di Cordova e inaugurò l’epoca della civiltà moresca, che abbandonò l’espansionismo militare per concentrarsi, con successo, sulle realizzazioni civili. Contenuta al di là dei Pirenei, essa si sviluppò così in modo straordinario, in qualche modo grazie a Carlo Martello e ai suoi nerboruti guerrieri, antenati della futura cavalleria medioevale.

Carlo Martello

 

Celebre per la vittoria di Poitiers, Carlo Martello è importante per aver posto le basi del successo della famiglia dei carolingi che da lui prende il nome. Figlio naturale di Pipino di Heristal, dopo la morte del padre, nel 714, diventa maestro di Palazzo prima d’Austrasia e poi di Neustria. Cattolico, molto amico dei monaci di Sant Denis, che educheranno il figlio Pipino, Carlo Martello governa il regno franco dal 737, dopo la morte del re merovingio Teodorico IV, senza mai diventare re, peraltro. Ancora in vita, divide il regno fra i due figli Pipino e Carlo, il futuro Magno imperatore del Sacro Romano Impero. Muore il 22 ottobre 741.

Bibliografia


Henri Perenne, Maometto e Carlomagno, Laterza, 2007.
Hermann Schreiber, Gli arabi in Spagna, Garzanti, 1982.

IL TIMONE – N.65 – ANNO IX – Luglio/Agosto 2007 pag. 26-27

 

I COPERTINA_dicembre2024(845X1150)

Per leggere l’articolo integrale, acquista il Timone

Acquista una copia de il Timone in formato cartaceo.
Acquista una copia de il Timone in formato digitale.

Acquista il Timone

Acquista la versione cartacea

Riceverai direttamente a casa tua il Timone

I COPERTINA_dicembre2024(845X1150)

Acquista la versione digitale

Se desideri leggere Il Timone dal tuo PC, da tablet o da smartphone

Resta sempre aggiornato, scarica la nostra App:

Abbonati alla rivista