Impressionanti coincidenze: studi meticolosi sembrano confermare che la santa Casa di Loreto è autentica. In quelle mura, Maria disse il suo “sì” all'angelo. E lì cominciò la storia della nostra salvezza.
La preghiera nella piccola grotta di Nazareth, nel luogo dove “il Verbo si è fatto carne”, è stato uno dei momenti più commoventi del pellegrinaggio giubilare che Giovanni Paolo II ha compiuto l'anno scorso in Terrasanta. Quelle pareti di roccia hanno assistito al “sì” pronunciato dalla ragazza che ha accettato di diventare la madre di Gesù “per opera dello Spirito Santo”. La parte in muratura di quella casa è conservata nel santuario di Loreto, località in cui, secondo una tradizione risalente al Quattrocento, sarebbe stata trasportata in volo dagli angeli nell'anno 1294.
Per secoli la santa Casa di Loreto è stata al centro di una accesa polemica tra chi sosteneva l'autenticità della tradizione del trasferimento miracoloso, e chi invece vi si opponeva, negando che la piccola costruzione fosse la vera abitazione di Maria. Per gli oppositori, la “traslazione” ad opera degli angeli sarebbe solo una leggenda molto tarda e l'originale costruzione in muratura non sarebbe altro che una chiesetta medioevale.
Le più recenti scoperte archeologiche rendono però sempre più consistente l'ipotesi che le tre mura originali conservate nel santuario provengano veramente da Nazareth. Un contributo fondamentale è venuto dagli studi dell'architetto Nanni Monelli, presidente della Federazione degli Ordini degli ingegneri delle Marche, che ha confrontato la Casa di Loreto con analoghe costruzioni medioevali della regione e quindi con il sito della grotta di Nazareth.
La ricerca di Monelli mette in luce innanzitutto le molte anomalie costruttive presenti nella Casa, costituita originariamente da tre pareti. Queste pareti – nella loro parte inferiore ritenuta originale – sono costruite con pietre, mentre nella zona centro-sud delle Marche non esistono cave e tutte le costruzioni conosciute venivano realizzate in mattoni. Al contrario, le case di Nazareth erano costruite quasi esclusivamente con pietre. La santa Casa di Maria, inoltre, non ha fondamenta proprie, mentre tutti gli edifici della zona, senza alcuna distinzione, ne erano muniti.
Interessante è poi l'opera edilizia molto sofisticata con cui venne salvaguardata la Casa. Furono infatti eseguite costose sottofondazioni, pericolose da realizzare, e venne innalzato un nuovo muro protettivo. Ciò contrasta con l'uso medioevale. Infatti, quando un edificio era cadente – a maggior ragione una piccola e insignificante chiesetta di campagna – veniva abbattuto e ricostruito con minor spesa e minori problemi tecnici rispetto alla delicata opera di restauro. Le sottofondazioni medioevali stanno invece a documentare che fin dai primi anni la costruzione era venerata come una reliquia.
Un'altra anomalia sottolineata dallo studioso marchigiano riguarda l'unica porta, quella originaria, che si trova al centro della parete lunga e non di quella breve, come si riscontra invece in tutte le cappelle e le chiese del tempo. La porta è poi collocata a nord e quindi esposta a forti intemperie.
Allo stesso modo è inspiegabile la collocazione della finestra; orientata ad ovest, verso la montagna e quindi dalla parte meno illuminata. Ogni regola edilizia del luogo, insomma, è stata stravolta.
Tutte queste anomalie architettoniche scompaiono se la Casa di Loreto viene idealmente riportata davanti alla grotta di Nazareth con la quale costituiva – secondo la tradizione – un'unica abitazione. Le tre mura non avevano bisogno di fondamenta perché costruite direttamente sulla roccia. La finestra viene a trovarsi in una posizione appropriata per l'aerazione e per l'illuminazione, e anche la porta, ritrovandosi in questo caso ad ovest, protegge dal caldo del mattino e del primo pomeriggio.
Impressionanti anche le coincidenze delle misure: la larghezza della santa Casa è di circa 5,86 metri e questa misura, presa come modulo, non corrisponde a quelli utilizzati nel medioevo nelle Marche. Se invece si considerano le misure ebraiche, si scopre che la larghezza della Casa è pari a 9 cubiti (amma), la larghezza esterna a 13 cubiti, lo spessore medio è pari a 2 cubiti e la lunghezza del tratto di muro venerato come originale, 16 cubiti.
La scoperta forse più originale di Monelli riguarda la finitura delle pietre di Loreto: lo studioso ha infatti individuato nella lavorazione una tecnica propria della cultura nabatea, che ebbe una certa influenza anche in Galilea. Si tratta di una tecnica realizzata con un utensile detto “ferrotondo”, estranea agli usi dei romani e dei crociati e totalmente sconosciuta nell'area marchigiana e italiana in genere. A questo si aggiunga la presenza su queste pietre di graffiti paleocristiani, già ampiamente studiati, del tutto simili ad altri presenti in Palestina, che testimoniano un antichissimo culto mariano. Se quella casa coincide perfettamente con il sito di Nazareth, come e quando è arrivata in Italia? L'hanno davvero trasportata gli angeli? La risposta è contenuta in decenni di appassionato lavoro svolto da padre Giuseppe Santarelli. Lo studioso ritiene che la Casa sia autentica e che sia verosimile la data del “viaggio angelico” indicata dalla tradizione (1294), ma propone una spiegazione meno miracolistica: le pietre della casa di Maria sarebbero state parte della dote di Ithamar o Margherita Angeli, figlia di Niceforo despota dell'Epiro, sposa di Filippo d'Angiò, figlio del re di Napoli Carlo II. La conferma è contenuta nel foglio 181 del cosiddetto Chartularium culisanense, un elenco notarile dei beni portati in dote, di cui ci rimane una trascrizione vidimata, nella quale si legge: “Le sante pietre portate via dalla Casa della Nostra Signora Vergine Madre di Dio”.
Questa spiegazione permette di comprendere come si sia passati, nei secoli, da considerare l'opera della famiglia Angeli in “opera degli angeli”. Confermano la notizia due monete ritrovate nel sottosuolo della Casa, risalenti agli anni del ducato di Guido de La Roche (1287-1308, epoca della traslazione), duca d'Atene, e figlio di Elena Angeli, cugina della Margherita che aveva portato in dote le “sante pietre”. Di notevole rilevanza, dal punto di vista storico, sono poi alcune fonti le quali riferiscono che fino al 1289 la Casa (“cella”) era ancora presente a Nazareth addossata alla grotta, mentre dal 1291 – anno in cui sarebbe cominciato il viaggio della reliquia – non vi si fa più cenno e nelle relazioni dei pellegrini si trova citata esclusivamente la grotta.
Tutte le più recenti scoperte, pur mettendo in discussione la tradizione del trasporto “angelico”, confermano dunque l'autenticità ed il valore di quelle mura. Le mura che “ascoltarono” il “sì” di Maria.
Giuseppe Santarelli, La Santa Casa di Loreto. Tradizione e ipotesi, Congregazione Universale della Santa Casa, 1988.
Nanni Monelli, La Santa Casa a Loreto, La Santa Casa a Nazareth, Congregazione Universale della Santa Casa, 1992.
IL TIMONE N. 14 – ANNO III – Luglio/Agosto 2001 – pag. 44-45