La parola confessione deriva dal verbo latino confiteor, che racchiude in sé tre significati: 1) ammettere le proprie colpe (utilizzato anche in ambito penale); 2) fare confessione di fede (p.es., confiteri Christum); 3) rivelarsi (e qui si potrebbe dire: non solo il rivelarsi dell’uomo come peccatore, ma il rivelarsi di Cristo come perdono).
Gesù diceva di se stesso: “Il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati” (Me 2,10), e infatti lo esercitava: “Ti sono rimessi i tuoi peccati” (Le 7,48). Sulla Croce Cristo versa il suo Sangue per espiare i peccati degli uomini, ed apparendo risorto agli Apostoli dona alla sua Chiesa l’immenso potere di perdonare che scaturisce dalle sue piaghe e dal suo costato: “Mostrò loro le mani e il costato, e l’ discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: ‘Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi’. Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: ‘Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi’“ (Gv 20, 19-23). L’apostolo Paolo aveva perfetta consapevolezza di questo mandato: “Tutto è da Dio, il quale ci ha riconciliati con sé mediante Cristo, ed ha affidato a noi il ministero della Riconciliazione; è stato Dio infatti a riconciliare con sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe, e affidando a noi la parola della riconciliazione. Noi fungiamo quindi da ambasciatori per Cristo, ed è come se Dio esortasse per mezzo nostro. Vi supplichiamo in nome di Cristo: riconciliatevi con Dio” (2 Cor 5,18-20). La Chiesa cattolica chiama infatti questo ministero Sacramento della Riconciliazione. Ma la confessione ha anche altri nomi: 5. della Conversione (a prevenire ogni automatismo: il sacramento ha efficacia se l’uomo cambia davvero rotta), S. della Penitenza (il cristiano deve essere pentito, provare dolore per i peccati, promettere fedeltà, irrobustirsi con digiuni e buone opere), S. del Perdono (perché at traverso l’assoluzione il penitente sia convinto che è stato realmente perdonato, che anche le colpe più gravi, se sinceramente ravveduto, sono state cancellate, e pertanto può vivere in Pace), (cfr. CCC 1423 -1424).
II sacramento della Confessione è un grandissimo dono: ha infatti il potere di conferire all’anima lo stato di Grazia. Abbiamo già avuto occasione di spiegare in che cosa consista questo particolare stato di partecipazione alla vita divina (cfr. Il Timone n. 6). In realtà esso viene già donato al Battesimo (cfr Il Timone n. 17), ma a causa del peccato viene perduto, e questo comporta la necessità di ripristinarlo con la Riconciliazione sacramentale.
La disperazione e l’angoscia, che affliggono l’anima che vive nella colpa, vengono trasformate immediatamente in gioia e letizia.
Nel Vangelo c’è una bellissima parabola che illustra questo ritorno a Dio, ed è quella del figlio prodigo (cfr. Lc 15,11-32). In essa il figlio più giovane lasciò il padre per andare a condurre una vita di dissoluzione in “un paese lontano” (lo stato di disgrazia); dopo aver perso tutti i suoi beni esteriori e interiori, ridotto in semi-schiavitù e in condizione di miseria spirituale, si ricordò di quanto era bello stare presso il padre (Dio), allora “rientrò in se stesso” (il ravvedimento) e “partì incamminandosi verso suo padre” (la conversione). Il racconto presenta tutti gli elementi necessari per la preparazione della confessione, dall’atteggiamento di umiltà (“non sono più degno d’essere chiamato tuo figlio”) al riconoscimento delle proprie colpe tramite l’esame di coscienza {“ho peccato contro il Cielo e contro di te”). E l’amore di quel padre che perdona col suo abbraccio fece al figlio tre regali: un anello (simbolo della nuzialità restituita, della regalità spirituale), un paio di sandali (simbolo della riacquistata dignità a calpestare la sacra terra di Dio), una veste nuova (simbolo dell’anima purificata, richiamo della veste battesimale). E coloro che “hanno lavato le loro tuniche purificandole col Sangue dell’Agnello” (Ap 7,14) potranno stare “di fronte al trono di Dio”.
IL TIMONE N. 18 – ANNO IV – Marzo/Aprile 2002 – pag. 59