I problemi economici dell’Italia sono l’ultimo pretesto per lanciare un assalto contro la Chiesa, accusata di godere di inaccettabili privilegi fiscali. Ma le cose stanno ben diversamente, e su Ici e 8xmille non ci sono “favori” particolari….
Il meccanismo è ormai ben collaudato: c’è una crisi economica, qualcuno dovrà pur pagare, ed ecco allora che spuntano i soliti noti a puntare l’indice: la Chiesa è ricca, gode di ingiusti privilegi, paghi lei. Ma siccome i soliti noti dirigono grandi giornali o ne influenzano pesantemente gli orientamenti, ecco che le fisse di pochi diventano un tam tam mediatico e una campagna di aggressione basata sulla diffusione di menzogne, che oggi si propagano anche più velocemente grazie ai social network. È accaduto così anche in occasione della presentazione della manovra economica straordinaria che il governo ha dovuto varare in agosto per cercare di riportare maggiore tranquillità sui mercati internazionali. A dirigere le danze il Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, Gustavo Raffi, che il 19 agosto lanciava il suo messaggio trasversale chiedendo la fine dei presunti privilegi fiscali per la Chiesa cattolica, riferendosi all’esenzione dall’Ici e all’8 per mille; argomento che poi ha ripetuto ancora, anche nel messaggio per la commemorazione del 20 settembre dove, parlando della crisi, dice: «Ci sono i privilegi consolidati, che pure drenano risorse enormi del Paese. Pensiamo per esempio ai benefici accordati alla Chiesa, ai quali non siamo contrari in linea di principio: ma anche in questo caso, non sarebbe il caso di rivedere leggi e importi, di risparmiare, dando un segnale di sobrietà? Il tempo dell’assalto alle casse pubbliche deve tramontare per tutti».
Dietro di lui si sono scatenati i Radicali, il Corriere della Sera, Repubblica e tutta la compagnia che ben conosciamo.
Anche il momento in cui far scattare il can can non è stato casuale: non è infatti la prima volta che si cerca di lanciare campagne contro la Chiesa proprio in occasione di eventi importanti in modo da offuscarne l’impatto nell’opinione pubblica. E così è stato anche stavolta: l’attacco è partito proprio in coincidenza dell’incontro a Madrid del Papa con i giovani che hanno partecipato alla Giornata mondiale loro dedicata. Un evento straordinario, costretto a convivere in pagina – e a soccombere – con le dichiarazioni sui soldi della Chiesa. Una regia oculata, non c’è che dire. Ma siccome il caso continua e comunque ritorna fuori periodicamente, è bene almeno chiarire i punti fondamentali della vicenda.
Intanto la questione dell’Ici. Come si spiega l’esenzione degli immobili ecclesiastici? In realtà non c’è un’esenzione “speciale” dedicata alla Chiesa cattolica, c’è soltanto una legge del 1992 che, nell’istituire questa tassa sugli immobili, ne esclude gli «enti non commerciali» e soltanto per gli immobili destinati «esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive». In pratica a non pagare l’Ici sono tutte le organizzazioni no profit, e non per tutti i loro immobili ma solo per quelli dedicati alle otto attività sociali che lo Stato italiano intende sostenere. La ragione di un tale provvedimento appare ovvia: non ha senso gravare di ulteriori tasse, enti e associazioni che spesso suppliscono allo Stato nel campo dei servizi sociali. E in nessun caso basta mettere una cappellina in un qualsiasi locale per avere diritto all’esenzione.
Uno dei cavalli di battaglia dei critici riguarda la concorrenza sleale che le attività alberghiere della Chiesa farebbero ai proprietari di altri alberghi non pagando l’Ici. Ma anche questo non è vero: le attività alberghiere, anche di proprietà della Chiesa, sono tenute a pagare l’Ici. A esserne esenti sono le strutture ricettive: ad esempio, il pensionato per studenti fuori sede, o le case in cui si accolgono i parenti dei pazienti che vengono da lontano. Comprese sotto questa voce ci sono poi le case per le ferie, le colonie e così via. Si tratta dunque di attività molto particolari che non sono affatto in concorrenza con gli alberghi gestiti da società e privati, senza considerare che normalmente si accede in queste strutture a determinate condizioni, comunque restrittive rispetto a qualsiasi tipo di albergo.
Non molto diverso il discorso per l’8xmille, descritto da alcuni come un sistema truffaldino. Niente affatto, anzi: l’introduzione di questo meccanismo, nel 1985, aveva lo scopo di “democratizzare” il sostegno alla Chiesa: se prima era lo Stato a dare una cifra fissa ai sacerdoti, oggi sono i cittadini a poter decidere a chi destinare l’8xmille attraverso una firma sulla Dichiarazione dei redditi. E anche qui non è solo la Chiesa a essere beneficiaria, ma insieme ci sono altre Confessioni protestanti e la comunità ebraica, che hanno stipulato un’Intesa con lo Stato italiano. Qualcuno obietta che viene distribuito (allo Stato o alla Chiesa e alle Confessioni religiose che siglano l’intesa) anche l’8xmille di chi non esprime alcuna scelta. Ma dietro questo meccanismo c’è un ulteriore momento di democratizzazione. A venire ripartito è l’ammontare complessivo dell’8 per mille secondo le percentuali che spettano a ciascun ente, il che vuol dire che la firma dell’ultimo operaio ha lo stesso valore e lo stesso peso di quella del magnate. Inoltre il meccanismo in questione è esattamente quello che si usa nell’elezione dei parlamentari: non importa la percentuale degli elettori, il numero dei seggi stabilito viene diviso in base a tutti i voti validi.
Dal punto di vista storico ci sarebbe anche da aggiungere che l’8xmille è l’erede di quelle misure di risarcimento che lo Stato italiano decise di pagare dopo i Patti lateranensi a parziale copertura di quella spoliazione della Chiesa avvenuta all’indomani dell’unificazione dell’Italia.
La gestione dei fondi dell’8per mille inoltre – e qui si risponde ad un’altra obiezione comune – è assolutamente trasparente, così come la loro destinazione: basta andare sul sito: www.8xmille.it per trovare i bilanci aggiornati. In ogni caso, la Chiesa cattolica destina circa il 35% dei fondi al sostentamento del clero, circa il 20% per interventi caritativi in Italia e nel terzo mondo, circa il 15% per le diocesi, circa il 10% per la nuova edilizia di culto, circa il 10% per le attività varie della Chiesa (tribunali ecclesiastici, ecc.) e circa il 10% per i beni culturali ecclesiastici. Vale a dire che senza 8xmille, ad esempio, la Chiesa si troverebbe impossibilitata a sostenere quelle opere assistenziali che sono di aiuto a quei poveri nel nome dei quali i soliti personaggi noti pretendono di protestare.
Non c’è dunque alcun assalto alle casse pubbliche da parte della Chiesa, né ci sono privilegi particolari di cui vergognarsi. Piuttosto un giorno o l’altro sarebbe il caso si vergognasse chi semina menzogne e odio.
IL TIMONE N. 106 – ANNO XIII – Settembre/Ottobre 2011 – pag. 18 – 19
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