Pubblichiamo il testo della conversazione che Gianpaolo Barra, direttore de “il Timone”, ha tenuto a Radio Maria il 20 aprile 2000, durante la “Serata Sacerdotale”, condotta da don Tino Rolfi. Conserviamo lo stile colloquiale e la suddivisione in paragrafi utilizzata peri suoi appunti dall’autore.
1. Affrontiamo un tema che riguarda il segno distintivo di noi cristiani: la croce.
2. Vogliamo anche rispondere ai Testimoni di Geova i quali negano che Gesù sia morto in croce.
3. Mi servirò di un opuscolo scritto da Padre Nicola Tornese, intitolato “La croce e le croci” e di un libro scritto da Vittorio Messori, intitolato “Patì sotto Ponzio Pilato?” . Lo consiglio agli radioascoltaori, perché è una puntuale indagine sulla Passione e sulla Morte del Signore, scritta con la nota abilità e competenza di Messori.
4. Conosciamo, in primo luogo, i termini con i quali i Testimoni di Geova contestano la croce. Ai Testimoni di Geova non piace la croce. Anzi, secondo loro noi cristiani dovremmo distruggere questo segno, eliminare dalle nostre case tutte le croci perché la croce non sarebbe conforme alla volontà di Dio.
5. Leggo in una loro pubblicazione intitolata La verità che conduce alla vita eterna: “Molti frequentatori di chiesa portano una croce, o hanno a casa un crocifisso, e croci si trovano in molti edifici ecclesiastici. Ma sapevate che la croce è in effetti di origine pagana?” (p. 141).
6. Nello stesso volume, si cita un “libro sul quale sta scritto: “Verso la metà del III secolo dopo Cristo le chiese si erano o allontanate da certe dottrine della fede cristiana o ne avevano fatto una sorta di imitazione. Per accrescere il prestigio del sistema ecclesiastico apostata i pagani furono ricevuti nelle chiese indipendentemente dalla rigenerazione mediante la fede, e fu loro largamente permesso di ritenere i loro segni e simboli pagani” (p. 142).
7. Traduciamo in parole comprensibili: la croce, quella con i due bracci,verticale e orizzontale, era un simbolo pagano, usato prima della “presunta” (“presunta” per i testimoni di Geova) crocifissione di Gesù.
8. Nel III secolo, trecento anni dopo la morte di Gesù, le “chiese” (anche la “nostra”, la cattolica), per accrescere il loro prestigio e per aumentare il numero di adepti avrebbero aperto le porte ai pagani e pur di tenerseli stretti avrebbero consentito che questi introducessero nelle chiese i loro simboli.
9. E uno dei simboli introdotti dai pagani sarebbe proprio la croce a due braccia.
10. Come vedere, la contestazione si è arricchita di un altro dato, questa volta di carattere storico. Provvederemo a verificarne la fondatezza.
11. Forse qualcuno tra gli radioascoltatori si starà chiedendo: “Ma se Gesù non è morto in croce, come è stato ucciso?” .
12. Lasciamo rispondere gli stessi Testimoni di Geova. Nel libretto sopra citato si legge: “Ma non fu Gesù messo a morte su una croce a due bracci? La Bibbia indica di no.
In Atti 5,30 e 10,39, traduzioni sia cattoliche che protestanti della Bibbia ci dicono che Gesù morì su un legno” (p. 142).
13. Per i Testimoni di Geova, Gesù non venne crocifisso, ma appeso a un palo, e ci sarebbero Bibbie cattoliche e protestanti a confermarlo.
14. I Testimoni di Geova ci “donano” un ultimo consiglio: “Poiché è provato che la croce è un simbolo pagano, le persone che portano tale oggetto o hanno avuto crocifissi nelle loro case, pensando che questo onorasse Dio e il suo Figlio Gesù Cristo, si trovano in condizione di dover prendere un’importante decisione. Continueranno ad usarli?
Solo li terranno? L’amore per la verità e il desiderio di piacere a Geova in tutte le cose aiuteranno a prendere la decisione giusta, cioè distruggerli” (p. 143).
15. Ecco completato il quadro, con l’invito a prendere una decisione “coraggiosa”: cari cristiani, se volete piacere a Dio, dovete distruggere tutte le croci e i crocifissi.
16. Ora, prima di rispondere, vorrei richiamare il fatto che per noi cattolici non esistono “le chiese”, come le intendono i Testimoni di Geova, ma esiste “la Chiesa”, che è quella cattolica. Non esistono “bibbie” cattoliche e protestanti, ma esiste “la Bibbia” e i protestanti, come gli stessi Testimoni di Geova, hanno alterato la Sacra Scrittura, non riconoscendo come canonici alcuni libri o modificando certi versetti che non erano loro graditi.
17. Come rispondiamo a queste contestazioni? Intanto non si tratta di questione di poco conto. San Paolo, scrivendo ai Galati, termina la sua lettera dicendo: “Quanto a me invece non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo del quale per me il mondo è stato crocifisso, come io per il mondo” (6,14).
18. Dunque, per noi cattolici, sull’esempio di san Paolo, la croce è un vanto.
19. In secondo luogo. Per evitare di appesantire il discorso, evito di richiamare gli errori di traduzione dei termini greci che nel Nuovo Testamento stanno ad indicare la croce, errori che troviamo nella cosiddetta “bibbia” dei Testimoni di Geova.
Sia l’opuscolo di Padre Tornese, sia il libro di Messori offrono al proposito precise chiarificazioni.
20. Ma ricordo che il fondatore dei Testimoni di Geova, Charles Taze Russei non conosceva né il greco né l’ebraico. Messori ci informa che egli venne condannato da un tribunale Americano perché si vantava, mentendo, di conoscere quelle lingue.
21. Ricordo inoltre che dal 1891 al 1931 la croce a due braccia, quella stessa croce che i Testimoni di Geova oggi detestano e invitano a distruggere, fu il simbolo utilizzato dall la Società Torre di Guardia, la società geovista. Quella croce che ora detestano stava sulla copertina di ogni numero della Watch Tower (“Torre di Guardia”), che è la rivista ufficiale della congregazione.
22. Si deve al secondo presidente dei Testimoni di Geova, Rutheford, l’aver scoperto che fino ad allora essi avevano utilizzato un simbolo pagano e dal momento di questa scoperta – siamo nel 1937 – la croce sparì dalle pubblicazioni geoviste.
23. Torniamo al tema e rispondiamo alla prima contestazione, che paragonava la croce ad un simbolo pagano.
24. È vero che la croce era conosciuta nel mondo pagano, ma è altrettanto vero che la croce pagana nulla aveva a che fare con la croce cristiana. Il Grande Dizionario Enciclopedico, curato da Giovanni Turco, ci informa che “La Croce cristiana non deriva in alcun modo dalle figurazioni pagane” e spiega che la croce cristiana non si richiama alla croce pagana né “storicamente perché essa è solo la rappresentazione del supplizio di Gesù;
non idealmente perché il senso religioso della croce pagana è tutt’altro da quella cristiana”.
25. Risolto questo primo punto, veniamo alla questione della croce a due braccia, verticale e orizzontale, sulla quale venne inchiodato Gesù, contestata dai Testimoni di Geova.
26. Serviamoci di un dato che troviamo nel libro di Messori, dato grazie al quale introduciamo la parte propriamente apologetica della nostra conversazione.
27. Messori ricorda che in una pubblicazione dei Testimoni di Geova viene detto che gli Ebrei, nel primo secolo, non potevano condannare a morte una persona per reati contro l’autorità civile. Solo – afferma la pubblicazione dei Testimoni di Geova – solo un funzionario romano come Ponzio Pilato aveva questa autorità.
28. Ora, qui senza accorgersene, i Testimoni di Geova si danno la zappa sui piedi. Infatti, Gesù fu condannato a morte da un tribunale imperiale romano, e certamente fu condannato a morte secondo la legge e la prassi dei romani.
29. Ora, un minimo di cognizioni storiche dovrebbe convincere i Testimoni di Geova del fatto che i romani, per condannare a morte gli accusati di particolari delitti, utilizzavano la croce a due braccia.
30. Tutto il rituale tragico della passione del Signore, raccontato nei Vangeli, rispecchia fedelmente l’uso romano della condanna a morte: la flagellazione; il corteo con il condannato costretto a portare sulle spalle il suo stesso patibolo (cioè il braccio orizzontale della croce, perché quello verticale era fisso e piantato in un luogo ben preciso); il “titulus”, cioè il cartello con scritta la causa della sentenza; la divisione delle vesti del condannato; la presenza dell’esercito romano con un ufficiale, un centurione; l’esposizione del condannato a morte per crocifissione in un luogo ben visibile a tutti, fuori delle mura della città.
31. Messori spiega con un linguaggio accessibile a tutti questi particolari e io rimando alla lettura del suo libro.
32. La croce usata dai romani aveva due braccia, due pali. Il braccio verticale era già saldamente piantato in terra, in quelle città dove funzionava un tribunale romano, in un luogo ben preciso, che era il luogo delle esecuzioni.
33. È certo che anche a Gerusalemme vi era un luogo di questo genere, considerato che la città era turbolenta e che la crocifissione era considerata tra i mezzi di dissuasione delle rivolte.
34. Se il bracco verticale era fissato nel terreno, il braccio orizzontale sul quale venivano inchiodate le braccia del condannato era invece portato dallo stesso condannato a morte, come narrano i Vangeli.
35. Per i Testimoni di Geova, evidentemente a digiuno di pratiche romane, Gesù avrebbe portato su di sé l’unico palo sul quale sarebbe stato appeso. Ma se così fosse, ci troveremmo di fronte ad un dato incomprensibile, ricavato dai Vangeli.
36. Infatti, nel Vangelo di san Matteo, al capitolo 27, si legge: “Al di sopra del suo capo [del capo di Gesù in croce] posero la motivazione scritta della sua condanna: Questi è Gesù, il re dei Giudei” .
37. Attenti bene: se Gesù fosse stato appeso ad un solo palo verticale, come sostengono i Testimoni di Geova, la motivazione scritta della sua condanna sarebbe stata posta sopra le sue mani; quel cartello sarebbe stato posto “al di sopra delle sue mani”, non “del suo capo” .
38. Invece, essendo stato crocifisso su di una croce a due braccia, avendo le braccia inchiodate e dunque spalancate, il cartello venne messo – come ricorda san Matteo – al di sopra del suo capo.
39. Vi è un altro particolare interessante. Vi ricordate l’incredulità dell’apostolo Tommaso: “Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi. (Gv 20,25).
40. Significativo questo plurale: “dei chiodi” infatti, se Gesù fosse stato appeso ad un solo palo e non ad una croce, le sue mani sarebbero state trafitte da un solo chiodo, non “dai chiodi”. Invece, nel Vangelo si parla di “chiodi”; ciò vuoi dire che vennero utilizzati due chiodi per inchiodare le braccia di Gesù, inchiodato a braccia spalancate.
41. Andiamo avanti. Secondo i Testimoni di Geova, la croce a due braccia sarebbe stata introdotta nelle “chiese” verso il III o il IV secolo, proveniente dal mondo pagano.
42. Si tratta di una affermazione storicamente errata. Sappiamo che i romani utilizzavano la croce a due braccia e Gesù fu crocifisso dai romani; ma la storia ci offre altre informazioni che provano l’errore dei Testimoni di Geova. La croce a due braccia era conosciuta dai cristiani molto prima del III secolo.
43. Uno dei primi autori cristiani, Giustino (palestinese di nascita), poco dopo l’anno 135 descrive con precisione nel suo Dialogo la croce del Golgota e la ricorda come un trave piantato in terra e intersecato da un altro all’altezza delle spalle del condannato.
44. Giustino scrive nei primi decenni del II secolo e, contrariamente a quanto sostengono i Testimoni di Geova, ben prima del III secolo i cristiani sapevano che Gesù era stato crocifisso su di una croce a due braccia.
45. Sentiamo Tertulliano, vissuto nel II secolo. Parlando della preghiera, scrive: “Pregano anche gli angeli, prega ogni creatura… Anche gli uccelli quando si destano, si levano verso il cielo, e al posto delle mani aprono le ali in forma di croce e cinguettano qualcosa che può sembrare una preghiera” (Trattato sull’orazione, cap. 29).
46. Qui Tertulliano ci svela due dati interessanti. Il primo: ai suoi tempi si pregava aprendo o allargando le mani in modo da ricordare Gesù che morì in croce; il secondo: la croce sulla quale morì Gesù era a due braccia.
47. Dunque tra i cristiani era noto, assai prima del III secolo, il fatto che Gesù fosse stato crocifisso e non appeso ad un palo.
48. Andiamo avanti. A Roma, nelle catacombe di san Callisto, vi è una iscrizione su marmo che risale al III secolo, ben prima dell’imperatore Costantino. Vi si legge il nome di Rufina Irene e sotto il nome è raffigurata una croce a due braccia. È assurdo pensare che sia un simbolo religioso pagano. Le catacombe erano cimiteri cristiani e luoghi di riunione per le preghiere e i riti religiosi. Dunque, i cristiani, prima di Costantino, utilizzavano la croce a due braccia.
49. Ancora. Sempre a Roma, troviamo l’importantissimo “graffito del Palatino”.
50. Si tratta di una incisione offensiva di Gesù e della croce, che risale al II secolo.
51. In questa incisione si vede un asino crocifisso e la scritta che recita: “Alessameno adora Dio”.
Questo graffito smentisce le tesi geoviste in almeno due punti.
52. Il primo: per i cristiani, Gesù era vero uomo e vero Dio, mentre i Testimoni di Geova negano la divinità di Cristo. Il secondo: la croce del graffito del Palatino è raffigurata a due braccia, orizzontale e verticale. Quindi, nel II secolo si sapeva – lo sapeva anche chi offendeva i cristiani – che Gesù era stato crocifisso a quel modo e non appeso ad un palo.
53. Un’altra prova offerta dalla storia viene da Ercolano. La città fu distrutta nell’anno 79 dopo Cristo dalla eruzione del Vesuvio che distrusse anche Pompei.
54. Grazie agli scavi archeologici, la vecchia Ercolano è tornata alla luce, almeno in parte. Nel 1937 è stata rinvenuta in una nicchia una croce a due braccia e il direttore degli scavi, il professor Maiuri, dopo lungo.. e attento studio, sostenne che si trattava di una croce cristiana.
55. Dunque, meno di 40 anni dopo la morte di Gesù, a Ercolano vi erano dei Cristiani che veneravano. la noce, la croce a due braccia. Se ricordiamo che san Paolo era passato per Pozzuoli – come ci racconta il Libro degli Atti degli Apostoli – il fatto che ad Ercolano vi fossero dei cristiani non deve stupire nessuno.
56. A Pompei, nell’anno 1936 fu trovata, incisa su una colonna, una combinazione di cinque parole, disposte a quadrato, ciascuna composta di cinque lettere, che si possono leggere sia da sinistra a destra che da destra a sinistra. È il noto “quadrato magico”, un simbolo certamente cristiano ritrovato anche in altre regioni.
57. Le lettere, disposte a forma di croce, compongono per due volte la parola “Paternoster”, con la lettera “n” che funge da cardine dei due bracci e con le lettere” A” e “O” che indicano “Alfa” e “Omega”. Tutto questo dimostra: 1) prima dell’eruzione vulcanica che seppellì la città, a Pompei vivevano dei cristiani; 2) vi era noto il culto della croce; 3) si conosceva il Paternoster in lingua latina, segno che il Vangelo era già stato tradotto; 4) era conosciuta la simbologia dell’Alfa e dell’Omega, tipica di san Giovanni. Evidentemente questi scrisse Vangelo e Apocalisse prima di quell’anno.
58. Sopra il “quadrato magico”, sulla stessa colonna, fu trovato inciso un triangolo, simbolo della Trinità. I cristiani, dunque, conoscevano il Mistero della Santissima Trinità fin dai tempi antichi, Mistero negato dai Testimoni di Geova.
59. Potete trovare preziosissime informazioni su questo avvenimento nel libro scritto da Rino Cammilleri, intitolato “Il quadrato magico”, edito da Rizzzoli, che consiglio ai nostri lettori.
60. Concludiamo con due considerazioni.
61. La prima: fin dai tempi della Chiesa primitiva, la croce era venerata dai cristiani come lo strumento scelto da Gesù per offrire la sua vita e salvare ogni uomo dalla morte eterna. Si trattava della croce a due braccia e non di un palo, come dicono i Testimoni di Geova.
62. La seconda: non dimentichiamo di adorare Cristo crocifisso, morto per i nostri peccati, vincitore della morte e nostro Salvatore.
63. Grazie e a risentirei, a Dio piacendo, la prossima volta.
IL TIMONE N. 22 – ANNO IV – Novembre/Dicembre 2002 – pag. 64 – 66