Dicevamo, la volta scorsa, di quella “durezza del cuore” che Gesù stesso denuncia come la causa prima che rende difficile il rapporto tra uomo e donna, fino alla crisi quando non alla rottura del loro matrimonio. Vediamo ora di approfondire un poco l’argomento inquadrandolo nelle dinamiche della coppia che sono proprie del nostro tempo.
Quali sono i modelli che un marito o una moglie, ma anche dei giovani che pensino a una famiglia, trovano prevalenti in questo nostro tipo di società e che, consapevolmente o inconsapevolmente, finiscono per influire sul loro modo di pensare, nonostante siano credenti e vogliano vivere secondo l’ottica evangelica? Cerchiamo di riassumere brevemente questi modelli.
Come ben sappiamo, il lavoro della donna, che ha avuto come conseguenza non solo una sua maggiore autonomia ma pure una consapevolezza delle proprie possibilità di realizzazione anche al di fuori della famiglia, ha profondamente rimescolato i canoni tradizionali, introducendo dinamiche nuove. Non sempre è facile essere al contempo mogli, madri, professioniste impegnate: un equilibrio non semplice, da inseguire tra lo stress sempre in agguato, la grinta necessaria a svolgere il lavoro, la necessità di non perdere la propria femminilità.
Ovvie e prevedibili le reazioni maschili: messi in discussione nel loro ruolo tradizionale, molti uomini oscillano tra i rimpianti per il passato e la necessità di adeguarsi ad una situazione ormai mutata. Così, di fronte a questa donna in cambiamento crescente, alcuni tra loro rischiano di confondere la giusta forza propria dell’uomo con una maschilità eccessiva che si fa prepotenza, quando non violenza.
Altri, invece, piuttosto che essere in grado di sostenere un vero confronto, sembrano essersi “arresi” in un ruolo psicologico subordinato, analogo a quello femminile di un tempo.
Coppie spesso squilibrate, dunque, in cui i ruoli si confondono e si sovrappongono senza riuscire ad amalgamarsi davvero. Uomini e donne entrambi in sofferenza, alla difficile ricerca di una identità che garantisca loro la possibilità di un rapporto corretto e felice. La situazione appare talvolta così complicata che numerosi studiosi interpretano il fenomeno nuovo dell’improvviso espandersi della omosessualità sia maschile che femminile – sempre presenti nella storia ma non nella misura attuale – come la deriva di personalità con una identità sessuale immatura che cercano di superare le loro difficoltà di confronto con l’altro sesso mediante un ripiegamento nevrotico all’interno del proprio.
Ma c’è di più. A differenza che in passato, oggi quest’uomo e questa donna che già faticano a ritrovarsi vengono sollecitati a porre al centro della loro attenzione e del loro futuro non un progetto realistico di famiglia basata su un reciproco affetto e rispetto forti e solidi, bensì un concetto di amore romantico. Un “amore” che si fonda su quell’attrazione reciproca, su quell’“innamoramento” che la scienza stessa ha ormai dimostrato essere un fenomeno passeggero, un espediente della natura per attrarre i due sessi e facilitare la procreazione, ma che non è destinato a durare oltre un certo limite. Romanticismo tuttavia condito, con palese contraddizione, da un erotismo che la cultura attuale pone come base di felicità di coppia e che dunque spinge ad alimentare in ogni modo lecito e meno lecito.
Ecco, dunque, qualche elemento dello sfondo che costituisce la trama della nostra attuale “durezza di cuore”, ecco il quadro difficile che rischia di influenzare pure l’ottica di un credente. Tuttavia, anche oggi, il progetto del matrimonio cristiano, nonostante le forti pressioni esterne, rimane il medesimo nella sua semplicità ed essenzialità. Sono le prime pagine della Genesi a fondarlo: un maschio e una femmina, due creature diverse ma complementari, sono destinate ad incontrarsi e ad unirsi per dare la vita. Una donna, Eva, formata proprio per essere una compagna “simile”, cioè riconoscibile da Adamo tra tutte le altre creature, come quell’altro umano con cui “conoscersi” e rapportarsi.
Tutto questo si alimenterà – come mostra il Cantico dei Cantici – di un eros vivo e gioioso che renda i due sposi felici tra loro, ma anche fecondi di frutti, affinché quel loro attrarsi e unirsi non resti fine a se stesso. Al contempo, tuttavia – come Gesù ci ha indicato e come San Paolo ammonisce nel suo famoso Inno alla carità – questo amore che dona gioia, dovrà necessariamente fare esperienza di sacrificio, di pazienza, di disponibilità, di accettazione dell’altro, di capacità di perdono. Non si scappa da questa logica. Chi vuole solo i frutti felici di un incontro tra peccatori, quali sono inevitabilmente anche gli sposi, si condanna da solo a un prevedibile fallimento.
Così, chi già vive nel matrimonio cristiano o chi si sta preparando ad esso, se non vorrà finire preda delle tante sirene mondane, di quei modelli culturali devastanti per la saldezza della propria unione, dovrà spesso rialimentarsi alle sorgenti della fede, per attingervi quella convinzione e quel sano realismo che aiuti ad essere forti e consapevoli. Anzitutto, per capire l’importanza di una serena e ferma identità con il proprio sesso: una donna potrà, certo, essere impegnata in una professione, oltre che come madre e moglie, ma occorrerà che faccia il tutto con equilibrio ed umiltà, salvando fino in fondo la propria femminilità, mostrando quella necessaria capacità di adattamento che i ritmi familiari impongono. Conscia che spesso è lei il vero ago della bilancia di tutta la situazione, colei che per la sua innata sensibilità è più in grado dell’uomo di captare e di districare le situazioni conflittuali e affettive. L’uomo potrà addolcirsi e rendersi più disponibile all’interno della vita familiare, ma non sarà bene che perda il proprio della sua maschilità, quella sua forza che sostiene e protegge l’intero nucleo familiare, quella sua intraprendenza che lo ha fatto nei secoli creatore geniale di mille imprese.
Donne e uomini, dunque, capaci di essere elastici e pragmatici, pur se fermi nelle convinzioni di fondo. Gente con un cuore forte ma al contempo umile. Persone disposte a lasciarsi mettere l’un l’altro in discussione e, di conseguenza, se necessario, a cambiare. Ecco: oggi, la “durezza del cuore”, che può portare fino alla rottura di un matrimonio, può essere anche questo non lasciarsi lavorare dalle situazioni che non hanno spesso modelli sperimentati di riferimento e per le quali occorre saperne creare di nuovi.
Si potrebbero dire molte altre cose, certo. Ma sono convinta che questo ritorno alle origini, questa nuova consapevolezza – nella fede, con l’aiuto dello Spirito – di che cosa significhi davvero essere uomini o donne nel progetto divino, questo rinnovato desiderio di incontro in un amore che sia al contempo eros ed agape, questo sano realismo che accetta, di conseguenza, le differenze e i limiti reciproci, possa aiutare a capire più in profondità che cosa sia davvero l’unione sponsale cristiana. Questo vincolo che è umano e sacro, che è fatto di carne e di sangue, di corpi e anime. Questa unione di due creature che, confidando nel Creatore, insieme ai frutti del loro amore, tra mille traversie, tra guerre e paci, procedono serenamente e insieme faticosamente verso la meta dove anche le difficoltà tra i sessi saranno annullate e «Dio sarà tutto in tutti».
«La memoria di Cristo genera e rigenera continuamente il rapporto affettivo e coniugale. Il rapporto può proseguire nel tempo, proprio perché è rigenerato nel rapporto personale con Cristo. (…) Siccome è questa stessa memoria che genera l’affettività, il rapporto nasce e continua se si riconosce l’altro come parte del mistero di Cristo».
(Luigi Negri, Il Matrimonio, Piemme, 2003, pp. 31-32).
IL TIMONE – N. 52 – ANNO VIII – Aprile 2006 – pag. 56 – 57