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15.12.2024

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La famiglia è tornata
31 Gennaio 2014

La famiglia è tornata

 

 

Cinque motivi di riflessione dopo il successo del “Family Day”. La massiccia mobilitazione del 12 maggio mostra un mondo cattolico per una volta unito e combattivo. Ora non si deve abbassare la guardia.

 

Evviva, la famiglia è tornata! Con il Family Day e l’imponente, gioiosa, coloratissima festa di popolo di piazza San Giovanni del 12 maggio (oltre un milione di persone), la famiglia è tornata. Dopo la crisi del Sessantotto (che la indicava come la “tomba dell’amo-re”) e una politica che per tutta la prima Repubblica, e oltre, ha cercato di ridurla a semplice “luogo degli affetti”, senza alcun rilievo pubblico, la famiglia è tornata. Come “cuore pulsante” della società italiana, sfidando l’ideologia relativistica e laicista dominante. La quale, dopo avere per anni fat-to di tutto per emarginare la famiglia come soggetto sociale e giuridico, vessandola anche dal punto di vista fiscale, ora tenta definitivamente di distruggerla. Parlando apertamente non più di famiglia, ma di “famiglie”, al plurale, di “diversi modi di incarnare” la cellula fondamentale della società. Che invece, malgrado gli attacchi, resta basata sul matrimonio tra un uomo e una donna, con il compito di educare i figli, come sancisce con chiarezza anche la nostra Costituzione all’articolo 29. In questo senso il Family Day ha rappresentato un segno di “resistenza” visibile e significativo per tutto il Paese. Un segno tuttavia che dà fastidio, fa paura, perché fanno paura i cattolici che si muovono con determinazione, seguiti e incoraggiati dai Vescovi (ma non sostenuti, purtroppo, da tutti quei parroci che hanno disertato, e in qualche caso scoraggiato, l’appuntamento romano, disorientando così i fedeli).

I “nemici” alle porte

Il significato più autentico della manifestazione di piazza San Giovanni è stato colto da monsignor Giuseppe Betori, pur senza riferimenti espliciti al Family Day o ai Dico. Il segretario generale della Cei nella cattedrale di Gubbio, durante le celebrazioni in onore di Sant’Ubaldo, il vescovo medioevale che difese eroicamente la sua comunità contro gli assalti dell’esercito germanico, ha affermato che «la Chiesa cattolica ha i nemici alle porte». Essi sono: l’aborto, l’eutanasia, il relativismo etico che «nega la dualità sessuale e scardina la famiglia basata sul matrimonio». Sono come le truppe di Federico Barbarossa, che nel 1155 cinsero d’assedio proprio la cittadella cristiana di Gubbio. A sant’Ubaldo la Chiesa deve ispirarsi contro i nuovi aggressori, «che tentano di espugnare le nostre città». Questi nuovi nemici si chiamano innanzitutto «nichilismo e relativismo». E in modo più o meno esplicito nutrono le tendenze egemoni: fanno dell’embrione, l’essere umano più indifeso, un materiale disponibile per le sperimentazioni mediche; danno copertura legale al crimine dell’aborto, e si apprestano a farlo per l’eutanasia, infrangendo la sacralità dell’inizio e della fine della vita umana». E sono sempre loro, i nuovi nemici, a introdurre «il concetto, apparentemente innocuo, di qualità della vita, che innesca l’emarginazione e la condanna dei più deboli e svantaggiati; a coltivare sentimenti di arroganza e violenza, che fomentano le guerre e il terrorismo, delimitano gli spazi del riconoscimento dell’altro e chiudono l’accoglienza verso chi è diverso per etnia, cultura e religione. Sono loro a negare la possibilità di crescita per tutti, mantenendo situazioni e strutture di ingiustizia sociale; a oscurare la verità della dualità sessuale in nome di un’improponibile libertà di autodeterminazione di sé; a scardinare in definitiva la natura stessa della famiglia, fondata sul matrimonio di un uomo e una donna».

Una presenza viva

Il 12 maggio 2007 è una risposta al 12 maggio 1974, quando con referendum popolare l’Italia scelse di confermare la legge sul divorzio, aprendo così la via alla scristianizzazione e all’imbarbarimento dei costumi. Il 12 maggio 2007 è un evento di quelli epocali, che documenta un mutamento profondo nel corpo sociale. Le famiglie sono vive e “militanti”. E disposte per un ideale alto a sacrificarsi. Chi era in piazza San Giovanni ha visto la presenza di tanta gente “normale”, di ogni età e condizione sociale (tanti bambini, nonni e malati) arrivata con tutti i mezzi e a spese proprie. Il mondo cattolico organizzato in associazioni e movimenti costituiva la maggioranza: quasi tutte realtà nate dopo il Concilio e di cui rappresentano il frutto più maturo, avendone assunto la prospettiva missionaria e laicale (cfr. il decreto Apostolicam actuositatem sull’apostolato dei laici), orientata a trasformare l’ordine temporale alla luce del Vangelo. Sembra passato un secolo da quando, nel post-Concilio, i cattolici erano succubi delle ideologie dominanti, dal marxismo al radicalismo.

Il ritorno al reale

Fra i sostenitori del Family Day non va trascurata la voce di chi non proviene dal mondo cattolico, ma dalle ideologie che hanno fallito. Eugenia Roccella e Giuliano Ferrara arrivano dal mondo radicale e da quello comunista. Incarnano percorsi significativi in un’epoca, quella post-ideologica successiva al 1989, che sta cercando di “ritornare al rea-le”, abbandonando le ideologie per riscoprire la concretezza in cui ogni persona si trova, a cominciare dall’esperienza fondamentale di essere figlio di un uomo e una donna. Certamente non tutte le loro affermazioni coincidono con l’insegnamento della Chiesa, ma vanno ascoltati con attenzione.

C’erano una volta i cattodemocratici

Piazza San Giovanni ha fragorosamente ridimensionato i cosiddetti “cattolici democratici”, confermando quanto era accaduto nel giugno 2005 per il referendum sulla legge 40, che regola la procreazione assistita. Allora, ribattezzatisi “adulti”, scelsero di andare a votare, mettendo le ragioni “democratiche” della partecipazione sopra quelle naturali e cristiane del diritto e della dignità della vita. In piazza San Giovanni c’era gente festosa, che protestava contro i Dico, certo, ma non aveva nulla dell’odio ideologico che animava chi scendeva in piazza trenta/ quarant’anni fa. Malgrado qualche preoccupante rigurgito (le scritte contro monsignor Bagnasco e, proprio il giorno del Family Day, il chiasso volgare di alcune decine di persone che, al passaggio della processione della Madonna di San Luca, a Bologna, hanno alzato cartelli contro la Chiesa), speriamo che quell’epoca sia definitivamente tramontata. A favore di una società normale, dove la famiglia ritorni ad essere la cellula fondamentale e unica della convivenza, dove la gioia nasce dall’amore e non dalla trasgressione, dove i figli e gli anziani sono considerati un dono e non un peso insopportabile. I mass media hanno capito ben poco di tutto questo. Buttando tutto in politica. Invece la politica viene dopo, perché è la politica che deve adeguarsi alla realtà, alla società civile, alla famiglia e ai suoi bisogni, e non viceversa.

Una unità feconda

 
È opportuno infine riflettere sul fatto che i cattolici italiani, con queste modalità, tutti insieme (da Alleanza Cattolica alle Acli, da Comunione e Liberazione agli scout, fino ai Neocatecumenali e alle tante sigle che fanno capo al Forum delle associazioni familiari), non manifestavano in piazza forse dal 18 aprile 1948. Lo ha scritto Beppe Del Colle in un editoriale di Famiglia Cristiana (n. 15/2007), sostenendo che la Chiesa non può tacere quando so-no in gioco valori fondamentali, appunto come accadde il 18 aprile. Allora per salvaguardare l’Italia da un regime totalitario di segno comunista, oggi per difendere il Paese da nuovi e più insidiosi assalti.

IL TIMONE – N. 64 – ANNO IX – Giugno 2007 pag. 12-13

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