Papa Giovanni Paolo II chiama i cattolici a far quadrato attorno alla famiglia. È minacciata da forze potenti. Che comandano le grandi agenzie internazionali. Ecco i loro nomi.
Attorno alla famiglia e alla vita si svolge oggi la lotta fondamentale della dignità dell’uomo”. Queste parole sono state pronunciate con una forza impressionante da Giovanni Paolo II il 3 ottobre 1997 a Rio de Janeiro ai partecipanti al Congresso mondiale delle famiglie. Il Papa chiamava – e continua a chiamare – tutti i cattolici a prendere coscienza della posta in gioco, che non riguarda semplicemente la sopravvivenza di una istituzione sociale per quanto importante essa sia. Riguarda invece ognuno di noi, il senso stesso della vita di ogni uomo, perché nella famiglia – diceva ancora il Papa in quel discorso – “ogni persona è chiamata a sperimentare, fare proprio e partecipare a quell’amore senza il quale l’uomo non potrebbe esistere e tutta la sua vita sarebbe priva di senso”. Non basta, il Papa chiama tutti a scendere in campo perché oggi “le tenebre avvolgono la stessa concezione dell’uomo” e “i nemici di Dio, più che attaccare frontalmente l’Autore del creato, preferiscono colpirlo nelle sue opere. L’uomo è il culmine, il vertice delle sue opere visibili”. E siccome la famiglia è “l’ambito privilegiato per far crescere le potenzialità personali e sociali che l’uomo porta inscritte nel suo essere”, si capisce perché è fondamentale per ogni cattolico difendere la famiglia.
Quello che segue vuole perciò essere un piccolo contributo a questa battaglia cui il Papa ci chiama, tanto più urgente quanto più si consideri che oggi “i nemici di Dio” sono a capo di quella sorta di embrione di governo mondiale che sono le agenzie dell’Orni, dalla Banca Mondiale all’UNICEF, dal Fondo per la popolazione (UNFPA) a quello dello sviluppo (UNDP), dall’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS) al Commissariato per i rifugiati (ACNUR). Sono certo che, pronunciando quelle parole, il Papa avesse in mente la lunga, e praticamente solitaria, battaglia da lui sostenuta per contrastare quanto veniva maturando alle Conferenze internazionali dell’Onu, da quella sull’ambiente a Rio de Janeiro (1992) a quella su popolazione e sviluppo al Cairo (1994), da quella sulla donna a Pechino (1995) a quella sull’alimentazione a Roma (1996). Perché la verità è che le potenti lobby per il controllo delle nascite, abortiste, anti-famiglia, dagli anni 70 hanno attuato una rapida infiltrazione nelle agenzie dell’Onu fino a condizionarne totalmente l’indirizzo. E il ciclo delle grandi Conferenze dell’Onu ha rappresentato il vertice di questa strategia che intende creare una sorta di “Costituzione universale”, vincolante per tutti i governi, destinata a incidere su ogni aspetto della vita umana, ovviamente nel senso di “colpire Dio” nelle sua opera più importante.
E’ stata soprattutto la Conferenza del Cairo – culturalmente dominata dall’lnternational Planned Parenthood Federation (IPPF), erede del movimento eugenetico e multinazionale dell’aborto e della contraccezione – a rappresentare una svolta per una politica internazionale “contro” la famiglia. Fino ad allora infatti, in tutti i documenti internazionali, “cellula base della società” era considerata la famiglia (intesa come rapporto di uomo e donna uniti nel matrimonio e aperti alla procreazione). Nel Programma d’Azione uscito dal Cairo quel principio rimane, ma viene di fatto superato dai contenuti che portano l’individuo (e non la coppia) a essere l’interlocutore dello Stato o delle Nazioni Unite. Un esempio evidente è l’incredibile evoluzione del significato di “pianificazione familiare”. Tradizionalmente questa espressione si riferisce alla decisione presa dalle coppie, alla luce dei propri convincimenti e delle circostanze, riguardo al numero dei figli da avere e quando averli (non per niente la Santa Sede non si è mai opposta al concetto in sé di pianificazione familiare). Ma al Cairo si fa coincidere “pianificazione familiare” con “controllo della popolazione”, che è invece la decisione presa dai governi (o da altre agenzie sovranazionali) che fissano un numero massimo di bambini per ogni coppia e approvano misure per realizzare tale obiettivo. Nel primo caso quindi si esalta la libertà della coppia, nel secondo la si limita. Non sono differenze da poco: oggi ogni aiuto internazionale ai Paesi in via di sviluppo che passa dalle agenzie dell’Onu (Banca Mondiale in testa) ha come condizione l’adozione di rigide politiche di controllo delle nascite da parte delle popolazioni interessate. Vale a dire: la famiglia di uno sperduto villaggio del Bangladesh non potrà avere neanche le sementi in prestito se la donna non accetta di farsi sterilizzare (o di abortire). Ma l’evoluzione del concetto va oltre: perché se la “pianificazione familiare” si riferisce ai diritti della coppia, il documento finale del Cairo, nel chiedere l’abolizione delle discriminazioni contro le donne e le bambine, in realtà dipinge una situazione in cui i diritti degli individui (a cominciare da quelli della donna nell’uso della contraccezione e dell’aborto) devono essere protetti dai doveri e dai legami familiari. Ecco qua dunque che la famiglia, pur esaltata a parole, diventa il nemico dell’individuo. Come ha affermato Allan Carlson, presidente del Rockford Institute, c’è la volontà di “costruire un sistema familiare ‘madre-bambino-Stato’ che sostituisca la famiglia naturale, formando una sorta di harem di governo, da ottenere attraverso aiuti massicci all’educazione dei figli fuori del matrimonio e attraverso una pesante tassazione delle famiglie basate sul matrimonio: una politica sperimentata nei Paesi scandinavi e ora allargatasi a molti Paesi industrializzati”. Una ulteriore dimostrazione: nel capitolo dedicato alla famiglia, il Programma di Azione del Cairo ignora totalmente l’istituzione del matrimonio. E invece di riconoscere che la famiglia è una istituzione naturale e universale, spiega che “esistono varie forme di famiglia in differenti sistemi politici, legali, sociali e culturali” e che “la composizione e la struttura della famiglia” cambiano col cambiare della società.
Forse non è lontano il tempo in cui anche un uomo e il suo cane verranno riconosciuti da qualche Stato come famiglia, ma almeno che non ci venga imputato l’ultimo giorno di non aver combattuto “la buona battaglia”.
Familiaris consortio
In virtù della sacramentalità del loro matrimonio, gli sposi sono vincolati l’uno all’altra nella maniera più profondamente indissolubile. La loro reciproca appartenenza è la rappresentazione reale, per il tramite del segno sacramentale, del rapporto stesso di Cristo con la Chiesa. Gli sposi sono pertanto il richiamo permanente per la Chiesa di ciò che è accaduto sulla Croce; sono l’uno per l’altra, e per i figli, testimoni della salvezza, di cui il sacramento li rende partecipi.
(Giovanni Paolo II, Familiaris consortio, n. 13).
BIBLIOGRAFIA
Riccardo Cascioli, Il complotto demografico, Piemme, Casale Mon.to (AL) 1996.
Emérentienne de Lagrange, Margherite-Marie de Lagrange, René Bel, Il complotto contro la vita, Ares, Milano 1987.
Ramòn Garcia de Haro, Matrimonio & Famiglia nei documenti del Magistero, Ares, Milano 2000.
Dossier: Ci salva la famiglia
IL TIMONE N. 11 – ANNO III – Gennaio/Febbraio 2001 – pag. 35-37