Molto rimane da fare per il riconoscimento internazionale del genocidio armeno del 1915-1916. La Chiesa non ha mai dimenticato l’eroica testimonianza del primo regno cristiano della storia. Un documento del Papa.
Il battesimo del sangue
Come ricorda il Pontefice, nel racconto della conversione degli Armeni vi sono elementi leggendari accanto ad aspetti di profondo significato spirituale e morale. La sofferenza di Gregorio, prigioniero per non aver voluto apostatare, e il martirio in nome della purezza della giovane vergine fuggita da Roma indicano la volontà di rimanere fedeli alla fede ricevuta a costo del sacrificio della vita. Questa è una caratteristica del popolo armeno, che si rinnoverà drammaticamente nel corso dei secoli futuri, non soltanto in occasione del genocidio provocato dallo Stato turco guidato dal partito nazionalista dei cosiddetti «giovani turchi» nel 1915 (che costerà la vita di un milione e mezzo di Armeni), ma anche in diverse altre occasioni. Giovanni Paolo Il ne ricorda una: il sacrificio di Vardan Mamikonian e dei suoi compagni che, nella battaglia di Avarayr, nel 451, contro il sassanide lazderegerd Il che voleva imporre loro la religione mazdea, sacrificarono la vita per conservare e difendere la fede professata dalla nazione armena. Prima dello scontro decisivo, i soldati furono esortati a prepararsi al combattimento con queste parole: «Chi credeva che il cristianesimo fosse per noi come un abito, ora saprà che non potrà togliercelo come non si può togliere il colore della pelle».
La «vittoria sull'ignoranza»
Vi è un secondo elemento, ricorda il Santo Padre, nel battesimo del popolo armeno. Il termine "Illuminatore", con cui viene ricordato san Gregorio, nel linguaggio cristiano indica il passaggio dalle tenebre alla luce avvenuto grazie al battesimo, all'accettazione della piena verità. Quest'ultima illumina gli uomini sulle verità ultime ma non soltanto, essa apre ai popoli la via della saggezza e della prudenza e permette loro di crescere nella dimensione della cultura. Così è accaduto agli Armeni e lo storico Koriun rileva come l'evangelizzazione dell'Armenia ha portato con sé la vittoria sull'ignoranza, con il diffondersi dell'alfabetizzazione e delle conoscenze contenute nella Sacra Scrittura, grazie all'insegnamento affidato in particolare ai monaci continua-tori della predicazione di san Gregorio.
Il popolo armeno è rimasto fedele a Cristo per XVII secoli e ha superato anche la prova, terribile come quella della sottomissione per secoli all'impero ottomano, del totalitarismo comunista, proclamando l'indipendenza il23 settembre 1991. Il Papa rende l'onore agli Armeni per queste due pesanti croci sopportate con eroismo e tenacia, ma anche per il sangue versato per il Signore Gesù e per la libertà della Chiesa e dell'Occidente. «Se oggi l'Occidente – ha detto Giovanni Paolo Il – può liberamente professare la propria fede, ciò è dovuto anche a coloro che si immolarono, facendo del loro corpo una difesa per il mondo cristiano, alle sue estreme propaggini. La loro morte fu il prezzo della nostra sicurezza: ora essi risplendono avvolti in candide vesti e cantano all'Agnello l'inno di lode nella beatitudine del Cielo (cfr. Ap 7, 9-12».
Questo enorme tributo di sangue e di sofferenze ci ha lasciato anche un altro importante insegnamento: l'indipendenza e il distacco verso il potere. Il Papa lo ricorda ripercorrendo la storia della fedeltà degli Armeni non soltanto di fronte alla persecuzione, ma anche alle lusinghe del potere. San Gregorio e le Vergini cristiane che stanno all'inizio della storia cristiana d'Armenia, prima" della violenza, hanno rifiutato l'allettante offerta della condivisione del potere proposta loro da re Tiridate e, nella resistenza, hanno guadagnato la loro fedeltà e anche la conversione del persecutore. Senza inutile ostentazione, senza arroganza, con semplicità ferma. Trasmettendo così fino ai nostri giorni un grande esempio che il Pontefice riassume così: «Negli edifici cristiani, costruiti sul luogo dove si veneravano gli idoli, traspare la vera identità del cristianesimo: esso raccoglie ciò che di naturalmente valido vi è nel senso religioso dell'umanità e sa, ad un tempo, proporre la novità di una fede che non ammette compromessi. In tal modo, edificando il popolo santo di Dio, contribuisce pure al sorgere di una nuova civiltà nella quale sono sublimati i valori più autentici dell'uomo».
BIBLIOGRAFIA
IL TIMONE – N. 36 – ANNO VI – Settembre/Ottobre 2004 – pag. 56 – 57
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