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12.12.2024

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La gioia del perdono/2

La gioia del perdono/2

 

 

 

 
Un atteggiamento da praticare in ogni momento della nostra vita. Con il quale si possono superare gli ostacoli dell’umana convivenza. Specie nel matrimonio.
 
 
 
Parleremo ancora una volta di perdono. Di questo gesto a cui guardiamo a volte come a un accessorio non decisivo per la nostra vita e che, invece, si rivela fondamentale per la nostra maturità umana e spirituale. Senza esperienza del perdono, di quello dato e di quello ricevuto, non è possibile, infatti, nessuna vera esperienza di Dio, ma neanche nessuna vera esperienza di amore umano autentico e profondo.
Abbiamo già detto come la scelta del perdonare non appartenga solo alle occasioni speciali, quelle in qualche modo eccezionali che ci capitano poche volte nella vita: un clamoroso tradimento, un insulto pesantemente oltraggiante, un grave male o danno arrecatoci da altri. Tutto sommato, in questo casi, seppure profondamente turbati dagli eventi, ci è spesso più facile mettere a fuoco il problema e, seppure con il tempo necessario a far decantare la situazione, capire la necessità di perdonare per ritrovare pace e serenità.
Ciò che, invece, ci è più difficile capire è come questo gesto penetri profondamente e si intrecci costantemente con la nostra realtà quotidiana, con la trama dei rapporti che caratterizza la nostra vita.
Non, dunque, una scelta che ci tocca fare solo qualche volta nel corso della nostra esistenza, ma un atteggiamento da acquisire e da praticare in ogni momento.
Proprio di questo ci occuperemo ora cercando di approfondire un aspetto particolare della dinamica del perdono, quello che si svolge all’interno della nostra vita intima, familiare. Di quel percorso sempre un po’ accidentato che ci sta alle spalle, dal quale ha preso origine la nostra esistenza. Percorso che non abbiamo scelto e nel quale ci siamo trovati nostro malgrado: quello dei nostri fratelli, i nostri padri, i nostri nonni. E di quell’altra realtà che abbiamo invece cercato di costruirci: i mariti, le mogli, i figli, i nipoti e, per chi ha scelto il celibato, la comunità, il gruppo di vita cui appartiene.
Sappiamo bene come, spesso, proprio queste radici affettive alle quali siamo legati fin anche nella carne e nel sangue – ma pure quegli altri affetti ai quali, spesso con grande impegno, ci siamo dedicati – siano tra le fonti maggiori di sofferenza, di recriminazione, di rancore, di delusione, di fatica quotidiana che amareggiano grandemente la vita.
A qualcuno di noi è toccata la buona sorte di una eredità ricca di affetto maturo e sincero. Ma raramente le cose sono andate in questo modo. Nella realtà, chi più chi meno, ci si trova a fare i conti con i limiti, talvolta anche molto grandi, dell’ambiente nel quale ci si è trovati a crescere. Le debolezze, i difetti, le immaturità affettive, gli egoismi dei propri genitori, spesso a loro volta marchiati dai limiti di chi li aveva generati; fratelli dai quali si speravano intese e complicità e con i quali si riesce solo ad impostare contatti difficili e superficiali.
Un bagaglio spesso assai faticoso con il quale entrare nella vita, da cui ci si sente condizionati fin nel profondo. Una volta diventati adulti, vorremmo superarlo, gettarlo alle spalle per procedere con più libertà interiore. Ma non sempre è facile.
Eppure, una chiave c’è per uscire dalla strettoia, per liberare il cuore e rendere più lieta la nostra esistenza. Ed è proprio la scoperta del perdono. Esiste, infatti, un momento della nostra vita in cui tutti, volgendoci verso il nostro passato, ci rendiamo conto di avere qualche conto aperto con esso. Ci accorgiamo che coloro dai quali veniamo ci hanno magari messo tanta buona volontà ma ugualmente hanno sbagliato nei nostri confronti, lasciandoci ferite profonde, talvolta ancora sanguinanti. Sulle prime, fino a quando siamo ancora giovani, siamo spesso duri e intransigenti. Poi, è la vita stessa che si incarica poco a poco di piegare la nostra superbia, di farci capire come sia dolce e salutare sgombrare l’animo da questo peso del passato, perdonando il male che volontariamente o involontariamente ci è stato fatto.
In tutto ciò potrà aiutarci una riflessione: il perdono non è, come qualche volta siamo portati a credere, un gesto che attinge soltanto alla misericordia. Se pensiamo questo rischiamo di sbagliarci di grosso. Corriamo il pericolo di sentirci migliori di colui che ci ha fatto del male e che noi, nella nostra “bontà”, decidiamo di assolvere.
Il perdono è certo gesto di amore e di compassione che ci avvicina all’agire divino ma, per noi uomini, è anche un gesto di giustizia verso i nostri simili. Noi riusciamo a perdonare davvero solo quando abbiamo capito di avere a nostra volta sempre bisogno di perdono. Perdonare, dunque, è anche, e forse soprattutto, un grande e continuo atto di umiltà. È il riconoscere che nessuno di noi è esente da peccato; e che senza l’aiuto della Grazia divina, tutti siamo costantemente esposti al pericolo di cadere anche in colpe gravi che possono arrecare danno e sofferenza a chi ci è vicino.
Purificata la memoria, come oggi si usa dire, ritrovato il senso del nostro limite e di quello degli altri, possiamo guardare con maggiore serenità pure alle difficoltà di ciò che noi stessi in campo affettivo abbiamo cercato di costruire. Accorgendoci che tanti matrimoni vanno a pezzi o procedono con grandi difficoltà e sofferenze, che tanti rapporti tra genitori e figli sono difficili proprio perché non esiste questa umiltà reciproca, questa capacità continua di perdonarsi l’un l’altro. Non solo le cose gravi, ma forse e soprattutto quel fastidio quotidiano che, per esempio, ingenerano le differenze di carattere e di gusti all’interno di una famiglia. Quante mogli (o mariti) cercano con insistenza di piegare gli altri membri a ciò che a loro pare giusto, facendo di tutto, con le buone o con le cattive, per far prevalere il proprio punto di vista! Quanti guasti nascono da queste incapacità di accettare con generosità, di “perdonare” che ciascuno sia se stesso anche in quei difetti inevitabili che accompagnano ogni essere umano.
Oggi molti giovani appaiono timorosi verso un futuro di coppia e particolarmente ansiosi nella ricerca di un partner che sia quello “giusto” nel tentativo di evitare futuri guai. Senza capire, tuttavia, che, al di là di una giusta e opportuna prudenza, ciò che davvero farà crescere e mantenere nel tempo sani e felici i loro matrimoni sarà sopra ogni cosa proprio questa elasticità spirituale, questa grazia invocata ogni giorno di ottenere la capacità di accettarsi e di perdonarsi sempre con umiltà e benevolenza, nella grandi come nelle piccole cose.

 

RICORDA

«Se voi infatti perdonerete agli uomini le loro colpe, il Padre vostro perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe».
(Vangelo di san Matteo 6,14-15).

IL TIMONE – N. 48 – ANNO VII – Dicembre 2005 – pag. 56 – 57
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