15.12.2024

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La giovinezza del cuore

La giovinezza del cuore

 

 

 

L’amore istintivo per la vita si scontra con l’invecchiamento del corpo e i suoi acciacchi. La fede nobilita questo istinto, messo nell’uomo da Dio. Per dirci che oltre la morte la vita continua

 

«Il guaio di diventare vecchi è che si rimane giovani». Battuta fulminea, lapidaria, nella quale non è difficile riconoscere uno dei tanti paradossi di quel grande umorista che è stato Oscar Wilde. Parole tra il serio e il faceto, che provocano quel sorriso un po’ amaro di quando, sorpresi e leggermente spiazzati per la profondità che balza agli occhi dietro la battuta, non sappiamo se abbandonarci al pessimismo che fa capolino da dietro le espressioni verbali, oppure se prendere la vita con quel po’ di distacco ironico che sempre aiuta a capire meglio e, di conseguenza, a meglio campare.
Ma anche parole vere, perché realiste. In ogni tempo, e forse ancor più nel nostro, in cui gli stili di vita e le contraddizioni che li accompagnano sembrano rendere interessante riflettervi un po’ sopra.
L’uomo ha in sé, lo sappiamo, un amore istintivo per la vita e, dunque, anche per ciò che sembra esprimere al meglio questa stessa vita: e, cioè, la giovinezza, l’età del pieno vigore in cui tutto sembra possibile e raggiungibile. L’età in cui alla forza fisica si accompagna il fervore della fantasia, l’intensità delle emozioni, la quantità dei progetti, la voglia di realizzarli, sia in campo affettivo che professionale. Non deve dunque meravigliarci il fatto che ognuno di noi cerchi di protrarre questa fase della vita il più a lungo possibile, curando il corpo per guarirne le malattie o ancor meglio per prevenirle.
Sta di fatto, tuttavia, che ad un certo punto della vita anche le precauzioni e le attenzioni non bastano più e, inevitabilmente, l’età – e i correlati acciacchi che la accompagnano – avanzano sempre più verso quella che è percepita come l’anticamera della morte: la vecchiaia. A rendere ancor più credibile la battuta dello scrittore inglese viene in aiuto anche un proverbio popolare, sintesi di esperienza e di saggezza, il quale riassume la situazione affermando che, se è vero che il fisico con il passare degli anni inevitabilmente si degrada, “il cuore non invecchia mai”.
Parole diverse, dunque, per esprimere lo stesso concetto. Con in più, da parte di Wilde, una dose di sottile, ironico pessimismo, teso a sottolineare come questa dicotomia che sembra crearsi sia un “guaio”, cioè una possibile fonte di conseguenze negative, di sofferenza, di dolore, per chi si trova a viverla.
Non c’è che dire, infatti: è esperienza comune che l’anima di una persona umana, la sua psiche, il suo spirito non vanno soggetti alle leggi dell’invecchiamento, che riguardano invece la parte materiale e cioè il suo corpo. E che essi, a differenza di quanto avviene per le funzioni fisiche – che tendono a incepparsi e a rallentare sempre più con il passare degli anni –, continuano invece a produrre emozioni, progetti, desideri come durante la giovinezza. Anzi, forse, sempre più e sempre meglio, perché l’esperienza e la maturità acquisite hanno creato una consapevolezza più grande ed un equilibrio maggiore.
È chiaro che tutto questo crea un problema per il quale ogni cultura ha sempre tentato e tenta delle soluzioni. Cerchiamo dunque di vedere come si muove la nostra attuale. La quale, ormai pressoché monca della dimensione religiosa e soprannaturale che ha accompagnato fino a tempi recenti la nostra tradizione, non può che cercare delle soluzioni di tipo orizzontale. Così, i progressi della medicina non solo consentono – e grazie a Dio – di spostare sempre più in là l’età media di sopravvivenza, ma anche di giungere in età avanzata in condizioni sempre meno invalidanti. In più, lo sviluppo della chirurgia estetica consente di porre rimedio non solo ad eventuali difetti fisici, ma di rimediare almeno fino ad un certo punto anche ai guasti prodotti dal progressivo decadimento fisico. Nulla di male, evidentemente, in tutto questo insieme di opportunità che offrono la possibilità di mantenere più a lungo nel tempo un equilibrio tra capacità e vigore fisico e desideri e ambizioni psicologiche.
I guai intervengono quando, nel tentativo di ridurre il divario, si rischia di smarrire il senso della realtà, portando le persone a mantenere una sorta di illusione che ha come conseguenza quella di non partecipare pienamente ad ogni età della vita, cogliendone di volta in volta il significato e il valore. Se è vero, infatti, che ognuno di noi resta sempre giovane dentro, perché la sua anima si mantiene desiderosa di vita e di gioia, è anche vero che, se non si vuole incorrere in pericolosi squilibri, è necessario che questa giovinezza interiore sappia comunque evolversi. E in modo tale da sopravvivere anche in età non più verde, tuttavia imparando ad esprimersi in modo conforme e armonioso con quel corpo che è parte integrante in ogni età della intera persona.
Così, non per niente si dice che invecchiare è un’arte, da apprendere giorno per giorno. Un’arte che l’ambiente che ci circonda dovrebbe aiutarci a scoprire. A questo punto, c’è allora da chiedersi se siano davvero un aiuto in questo senso molte delle proposte che ora vanno per la maggiore. Come, per esempio, l’insistenza spesso esasperata sulla necessità della chirurgia estetica che, a detta degli esperti stessi, crea una gamma enorme di inutili bisogni indotti. Oppure, il centrare una attenzione quasi morbosa su modelli di vita affettiva e sessuale che invitano a vivere questi aspetti non con quell’amore che è giusto sopravviva in ogni età, ma con quella “passione” che appartiene inevitabilmente alla giovinezza. E che, invece, quando si prolunga oltre, è davvero fautrice di molti guai e sofferenze.
Tutto questo fa sì che oggi sia sempre più facile incontrare, invece che vecchi saggi e sereni, anziani inquieti e depressi, molto faticosi anche per le loro famiglie perché incapaci di adattarsi ad un cambiamento che bene o male, seppure spostato nel tempo rispetto al passato, prima o poi li raggiunge. Persone non solo sofferenti nel fisico ma, soprattutto, sofferenti nell’animo. Persone che, finiti per limiti di età i progetti umani, sopravvivono tristi, senza speranza e senza gioia. E questo, soprattutto, quando l’ambiente culturale che li circonda non li aiuta a guardare oltre l’orizzonte mondano, verso mete che superino l’orizzonte terreno, donando loro quella giusta speranza che permetta di mantenere fino all’ultimo, come desidererebbero, viva e vitale la propria anima.
A questo punto è facile capire il valore e l’importanza della fede e ringraziare il Signore se siamo tra quelli a cui è stata donata. Una fede come quella cristiana che crede in un Dio che prende così sul serio quella natura umana che ha creata da assumerla addirittura per Se stesso. E che, dunque, non solo non imbriglia i progetti e le speranze, ma anzi li sostiene e li esalta. Una fede che ama la giovinezza della vita nel corpo e nello spirito, che invita a gettarsi nella mischia per usare quei talenti di cui ogni uomo è stato fornito e per farli fruttificare con impegno e con slancio per la propria e per l’altrui realizzazione. Una fede che pone al suo centro l’amore, in tutte le sue forme, anche in quella fisica, dal momento che da esso nasce la vita. Ma che, al contempo, allarga l’orizzonte fino al cielo, facendo così intravedere ad ogni persona come il destino umano vada oltre questa terra; come, di conseguenza, la vita proceda sì, dopo il suo inevitabile culmine nella morte. Quest’ultima non è che un passaggio verso la nuova vita, questa volta eterna e senza limiti. E quella vitalità interiore, quel desiderio di vita e di gioia che continuiamo a sentire anche oltre la giovinezza fisica non è uno errore sfuggito ad una evoluzione casuale, una discrepanza, un desiderio senza sbocco, una sofferenza senza significato. Esso è invece una testimonianza di quella che è la nostra natura profonda, voluta da Dio proprio in questo modo, chiamata cioè a vibrare di amore, di vitalità, di gioia lungo tutto il corso dell’esistenza umana.
È una fede la nostra che, lungi dall’alienarci come spesso si sostiene, ci insegna invece a scoprire, giorno dopo giorno, e mano a mano che la giovinezza fisica si va appannando, una forma di giovinezza interiore sempre più solida e ricca, capace di dilatare davvero il nostro cuore fino alla misura del cuore di Dio.

 

 

 

 


 

IL TIMONE N. 98 – ANNO XII – Dicembre 2010 – pag. 56 – 57

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