Sul «Timone» del mese scorso abbiamo visto che, contrariamente alla frequente affermazione relativista circa il pluralismo babelico delle concezioni etiche degli uomini, ci sono invece diverse convergenze morali tra i popoli, a conferma di quanto afferma la teoria della legge morale naturale. Quest’ultima afferma che la ragione umana è in grado di cogliere da sola alcuni principi morali validi per ogni uomo, in ogni tempo e cultura. Abbiamo anticipato che la legge naturale concerne i fini dell’uomo.
La legge naturale è connessa alle predisposizioni umane verso alcuni fini-beni
Infatti, l’uomo ha delle predisposizioni (s.Tommaso usa il termine inclinationes) verso alcuni fini-beni.
Tali fini-beni vengono appresi dalla ragione, che guadagna così una prima conoscenza morale generica (quella attestata da tante ricerche sociologiche, come abbiamo visto un mese fa), non dettagliata, circa il bene/male morale, circa le azioni virtuose/malvagie, e perciò circa i principi morali più generici (cfr., fra poco, la colonna centrale dello schema). Infatti, i principi morali prescrivono/caldeggiano di compiere i beni e vietano di compiere i mali.
Apprensione filosofica
dei principi della legge naturale Abbiamo detto che la ragione di ogni uomo può (anche se non ci riesce sempre) arrivare a cogliere i principi della legge naturale, senza fare ragionamenti di filosofia morale.
Dal canto suo, la filosofia morale può riconfermare e/o apprendere da zero tali principi, con un ragionamento filosofico che ha i seguenti passaggi-momenti (il discorso è accennato da s. Tommaso, Summa Theologiae, I-II, q. 94, a. 2 e ss.).
A partire dal concetto di bene deriva il primo principio morale generale: «Il bene è da farsi e il male è da evitarsi». A volte divergiamo circa l’individuazione del bene, ma, per tutti, se un’azione è un bene morale va fatta-perseguita, se è malvagia va evitata-rifuggita. Quindi questo principio è colto da tutti gli uomini.
Ciò detto, il ragionamento filosofico per ricavare i principi della legge naturale è il seguente (per i principi etici del seguente schema cfr. specialmente s. Tommaso, Summa Theologiae, I-II, q. 94, a. 2, q. 100, aa. 3 e 11): vedi pagina seguente.
Quali sono i criteri per assecondare e ordinare le predisposizioni?
D’altra parte, le predisposizioni non hanno lo stesso valore e vanno gerarchizzate, e non è concretamente possibile, né moralmente giusto, assecondarle sempre
e/o in tutti i modi:
– talvolta, se assecondo una predisposizione ne contraddico un’altra (se ho rapporti extraconiugali assecondo la predisposizione 2, ma con ciò contraddico la 2 e la 3 perché danneggio mia moglie e i miei figli, perché non posso prendermene cura adeguatamente);
– a volte, se assecondo una predisposizione mi è impossibile assecondarne un’altra (se sacrifico la mia vita per gli altri assecondo la 3, ma non mi è possibile assecondare la 1).
Ci sono allora almeno tre criteri.
1) Non devo compiere atti che contrastino direttamente le predisposizioni (mie o altrui) e che dunque trasgrediscano direttamente i principi morali correlati: per esempio, non devo uccidermi e non devo uccidere.
L’eccezione a questo discorso è la legittima difesa. Se Tizio mi vuole uccidere, vuole per primo contraddire la mia predisposizione all’autoconservazione, quindi posso lecitamente ucciderlo difendendomi.
2) Posso però compiere atti che assecondano una predisposizione e che, indirettamente, come conseguenza collaterale (non voluta né come fine né come mezzo), mi impediscono di assecondarne un’altra. Per es., non devo suicidarmi, perché trasgredirei la predisposizione 1, però posso dare la mia vita per gli altri per assecondare la 3, e quindi posso in modo indiretto non assecondare la 1. Si noti bene che non sono io che mi uccido, bensì gli altri. Similmente, non devo compiere atti sessuali contro natura, perché trasgredirei direttamente la 2, ma posso indirettamente non assecondare la 2 scegliendo il celibato, per donarmi totalmente a Dio e per esercitare una paternità/maternità spirituale, perché così assecondo integralmente la 5.
3) La predisposizione, e dunque l’attività umana più eccellente, che prevale sulle altre è quella alla conoscenza-amore di Dio e del prossimo.
Immutabilità della legge naturale
Gli uomini di tutti i tempi concordano sul primo principio morale generale, ma poi alcuni divergono circa diversi principi primari e ancor più circa i principi secondari. Tuttavia, la legge naturale resta immutabilmente valida per tutti gli uomini di tutti i tempi, perché le predisposizioni verso questi fini-beni ricorrono in tutti gli uomini.
Può però mutare la sua percezione perché:
a) ci sono patologie che “disattivano” le predisposizioni (per es., la depressione può comportare pulsioni suicide);
b) ci sono traumi o situazioni familiari e/o ambientali che “disattivano” le predisposizioni (per es., un bambino che ha subito una violenza può cominciare a provare pulsioni reattive sadiche);
c) ci sono errori teorici che impediscono di fare ragionamenti morali corretti, perciò possono esserci intere culture che negano i principi della legge naturale (per es., pensiamo alla giustificazione della schiavitù nel mondo antico, che pensava che lo schiavo fosse un non-uomo).
d) ci sono passioni particolarmente intense che, assecondate in modo vizioso, deformano il giudizio della ragione (per es., l’amore di sé è giusto, ma, quando diventa egoismo, deforma il giudizio della ragione circa il principio morale della sollecitudine verso gli altri).
Contrasto tra legge naturale e legge umana-positiva
La legge naturale comanda di rispettare la legge civile.
Però, quando c’è contrasto tra legge naturale e legge civile, quest’ultima è una legge ingiusta. Perciò esiste:
– il dovere (che può comportare atti eroici) di trasgredire una legge ingiusta;
– il diritto di resistenza (cioè di combattere contro) ad uno Stato che l’ha promulgata.
Il diritto di resistenza diventa anche un dovere solo in certe circostanze: bisogna vedere, soprattutto, se si è in grado di opporre una qualche significativa resistenza (diversamente si rischia di produrre solo l’incrudelimento del tiranno) e se non si corre il rischio di causare danni peggiori (per es., se c’è il rischio di far precipitare il popolo in una guerra civile tremenda, peggiore del tiranno, ecc.).
Per mancanza di spazio, non posso esaminare una serie di obiezioni su tutto quanto ho fin qui scritto, perciò rimando ai testi citati in bibliografia (in particolare, sulla “legge di Hume”, cfr. Rodriguez Luño 2014). â–
Per saperne di più…
Angel Rodriguez Luño, Etica, Edusc, (1992) 2014, pp. 37-40, 205-219.
Francesco Botturi, La generazione del bene. Gratuità ed esperienza morale, Vita e Pensiero,
2009, pp. 307-389.
Giacomo Samek Lodovici, La natura umana e le biotecnologie, in S. Kampowski – D. Moltisanti
(eds.), Migliorare l’uomo? La sfida etica dell’enhancement, Cantagalli, 2010, pp. 75-94.
Id., L’emozione del bene, Vita e Pensiero, 2010, pp. 229-255.
Riceverai direttamente a casa tua il Timone
Se desideri leggere Il Timone dal tuo PC, da tablet o da smartphone
© Copyright 2017 – I diritti delle immagini e dei testi sono riservati. È espressamente vietata la loro riproduzione con qualsiasi mezzo e l’adattamento totale o parziale.
Realizzazione siti web e Web Marketing: Netycom Srl