15.12.2024

/
La lettera di Mara Bar Serapion
31 Gennaio 2014

La lettera di Mara Bar Serapion

 

 

 

 

Una testimonianza antichissima, del primo secolo, sulla reale esistenza storica di Cristo. Viene da ambiente non cristiano. E’ una lettera in cui si parla del “re saggio” dei Giudei, messo a morte ingiustamente.

 

Verso la fine del 10 secolo lo storico Mara Bar Serapion, educato nella filosofia greca, scriveva in siriaco al figlio studente una lettera in cui gli raccomandava di apprendere anch'egli con diligenza la cultura greca. Tale lettera è conservata in un manoscritto del British Museum di Londra, dei secoli VI-VII, contenente anche il Liber legum regionum o De fato, attribuito a Bardesane di Edessa, un'Apologia di Melitone in siriaco e gli Ipomnémata di Ambrogio, versione siriaca di una breve apologia greca attribuita a s. Giustino: tutti testi in cui la fede cristiana si unisce a temi filosofici e letterari della cultura greca.
La datazione del documento di Mara è discussa, tanto che alcuni lo hanno posto al III secolo.
Ma la lettera non può risalire a molto dopo il 73 d.C., poiché parla della fuga dei cittadini di Samosata verso Seleucia e del loro auspicato ritorno, con allusione alla deposizione del re Antioco IV di Commagene da parte dei Romani nel 73; l'ex re esulò da Samosata occupata dagli invasori, insieme con molti altri concittadini di Mara, il quale esprime la fiducia che i Romani lascino ritornare in patria i suoi connazionali e si rendano conto della loro lealtà. Quindi una datazione dal 73 alla fine del 1 o secolo è accettata da vari studiosi, fra cui Blinzler, Mazzarino e Averincev, e anche da me, che ho cercato di addurre elementi in suo favore.
Gli insegnamenti di Mara al figlio sono improntati all'idea, tipica del neostoicismo, che la filosofia, intesa come perseguimento di saggezza, è elemento costitutivo della libertà umana. Essi si collocano in una cornice storico-culturale che vede in Siria, tra primo e secondo secolo, la predicazione del neostoico Musonio Rufo, il pensiero dell'apologista Taziano, discepolo del cristiano platonico Giustino, il medioplatonico e neopitagorico Numenio, che, pur pagano, interpretava allegoricamente l'Antico e il Nuovo Testamento, il filosofo cristiano Bardesane.
Tra le topiche filosofiche della lettera, interessante è quella della persecuzione dei saggi, con conseguente ricompensa del saggio e punizione dei persecutori, poiché "passano le vite degli uomini dal mondo: ma le loro lodi e virtù restano in eterno". Mara cita i casi di Socrate, di Pitagora e del "re saggio dei Giudei" a dimostrazione che Dio punisce i persecutori e ricompensa la virtù. I tre saggi hanno acquisito, con diverse vie, l'immortalità: "I saggi vengono trattati con violenza dai tiranni e la loro saggezza è fatta prigioniera dalla calunnia ed essi, nella loro intelligenza, sono oppressi… che cosa hanno ricavato gli ateniesi dall'uccisione di Socrate, in punizione della quale ricevettero carestia e pestilenza, o il popolo di Samo dall'avere arso Pitagora, poiché in un'ora sola la loro terra fu interamente coperta dalla sabbia? O i Giudei dall'uccisione del loro re saggio, dato che da quel tempo il loro regno fu eliminato? Con giustizia infatti Dio ha ricompensato la saggezza di quei tre, poiché gli ateniesi morirono di fame, il popolo di Samo senza scampo fu ricoperto dal mare, e i Giudei dopo essere stati abbattuti e cacciati dal loro regno sono dispersi in ogni terra. Non è morto Socrate, grazie a Platone; e nemmeno Pitagora, in virtù della statua di Era; né il re saggio, grazie alle nuove leggi che egli ha promulgato".
Mara, riferendosi dopo il 73 alla sciagura dei Giudei, alla perdita del regno e alla loro dispersione, si riferisce ai drammatici eventi del 70, con la distruzione di Gerusalemme ad opera dell'esercito di Tito e i fatti che ne seguirono. Mara intende la catastrofe come punizione dei Giudei per l'uccisione di Gesù: anche il giudeo Flavio Giuseppe (BI VI 30-31 e passim) interpretava i tragici fatti della caduta di Gerusalemme come una punizione divina del popolo giudaico, che aveva accettato un falso messia e per questo aveva insistito con protervia nella resistenza antiromana.
Per Mara i fatti del 70 si spiegano alla luce dell'uccisione, voluta dai Giudei, del loro "re saggio", che non poteva essere avvenuta molto prima, dato lo stretto rapporto causale che egli istituisce tra gli eventi. Flavio Giuseppe nel Testimonium Flavianum (AI XVIII 3,3), esattamente come Mara, definisce Gesù "uomo saggio [sophos]", considera responsabili della sua morte i capi giudaici e ricorda che non tutto è finito con questa, grazie alla risurrezione e ai seguaci: "non cessarono coloro che sin dal principio avevano preso ad amarlo: infatti apparve loro il terzo giorno di nuovo vivo". Abgar Ucama, toparca di Edessa, destinata a divenire il centro più importante della cultura cristiana siro-aramaica, venne forse a conoscenza del fatto cristiano e sembra da rivalutare almeno il nucleo storico della sua corrispondenza con Tiberio conservata nella siriaca Doctrina Addai e databile al 35/37 d.C.: Abgar chiede a Tiberio di punire i Giudei, a suo avviso responsabili della morte di Gesù, e di destituire Pilato che aveva ceduto ad essi.
Tiberio, che secondo Tertulliano (Apol. 5,2) era stato informato degli eventi cristiani da Pilato e aveva cercato inutilmente di far riconoscere il Cristianesimo, risponde di aver già fatto destituire Pilato, ciò che avvenne ad opera di L. Vitellio, e promette di punire i responsabili. In effetti, fece deporre Caifa. Entrambi i provvedimenti, contro Caifa e contro Pilato, sono ricordati da Flavio Giuseppe (AI XVIII 89-90; 122).
L’idea di equiparare Gesù ai filosofi nacque presto anche in seno al Cristianesimo, definito “divina filosofia” da s. Giustino verso la metà del II secolo, nell’ambito si una sintesi tra la filosofia platonica e stoica e il pensiero cristiano.
La genesi può essere ricondotta, ancor prima, all’ambiente giudaico alessandrino, che ebbe il principale esponente in Filone, il quale volle creare una “filosofia mosaica”. Nel Giudeo-ellenismo si creò l’accostamento dei profeti ai filosofi e il loro confronto. Anche Giustino, poco dopo Mara, ricorda i filosofi pagani “martiri del logos seminale”, che subirono persecuzioni o la morte per rendere testimonianza al logos, manifestandosi già nella razionalità greca e poi in forma perfetta nel Cristo-Logos (un pensiero sviluppato da Clemente Alessandrino): Eraclito, Musonio, Socrate (II Apol. 8,1; 15,5-8). Oltre a Socrate, Giustino ricorda come “pilastri della filosofia” Platone e Pitagora (Tryph. Prol. 5,6; 6,1). Inoltre, Socrate e Pitagora, con Platone che pure Mara ricorda, sono i tre filosofi cui si sarebbe ispirato anche il siriano Numenio.
Mara per primo accostò loro anche Gesù, evidentemente ben noto a lui e al figlio.

 

 

 

BIBLIOGRAFIA

 

J. Blinzler, Il processo di Gesù, Brescia 1966, 43-48.
S. Averincev, La suggesse stoicienne de la vie vue par un Syrien instruit de l’époque préchrétienne, in La civilisation antique, Moskva 1985, 67-75.
S. Mazzarino, L’impero romano, II, Bari 1991, 887.
I. Ramelli, Stoicismo e cristianesimo in area siriana nella seconda metà del 1° sec. D.C., “Sileno” 25 (1999), 197- 212.
I. Ramelli, La lettera di Mara Bar Serpion, in stampa su “Stylos”.

 

 

 

IL TIMONE  N. 37 – ANNO VI – Novembre 2004 – pag. 50 – 51

 

I COPERTINA_dicembre2024(845X1150)

Per leggere l’articolo integrale, acquista il Timone

Acquista una copia de il Timone in formato cartaceo.
Acquista una copia de il Timone in formato digitale.

Acquista il Timone

Acquista la versione cartacea

Riceverai direttamente a casa tua il Timone

I COPERTINA_dicembre2024(845X1150)

Acquista la versione digitale

Se desideri leggere Il Timone dal tuo PC, da tablet o da smartphone

Resta sempre aggiornato, scarica la nostra App:

Abbonati alla rivista