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13.12.2024

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La libertà religiosa
31 Gennaio 2014

La libertà religiosa


Le religioni non contengono tutte lo stesso grado di verità. Alcune ne contengono dei frammenti, altre nessuno. Vi sono religioni inventate a tavolino da qualche visionario in cerca di proseliti e altre costruite ad arte da qualche miliardario annoiato.
A questo punto ci si pone lecitamente una domanda: esiste, moralmente, la libertà di credere nell’errore? Se si risponde no, si rischia di scivolare nell’intolleranza. Ma se si risponde sì, si rischia di apparire indifferenti alla verità. E allora com’è giusto rispondere?
Che esiste una libertà davanti agli uomini e una libertà davanti a Dio. Nei rapporti con gli altri, la libertà è un diritto civile che va rispettato, ma davanti a Dio che è Verità non esiste un diritto all’errore. Esiste semmai l’attenuante dell’ignoranza, ma sempre con l’implicito dovere morale di cercare la Verità. Anche se, in realtà, noi cristiani non cerchiamo Dio “per un dovere morale”, ma perché è il fine ultimo della vita, la fonte stessa della nostra felicità e della nostra autenticità.
La misericordia di Dio perdona gli sbagli involontari durante il cammino nella ricerca del vero, ma anche chi ha pochi mezzi può sempre ricorrere allo strumento della preghiera per ricevere dallo Spirito il dono della conoscenza. E Dio accoglie questa preghiera, perché la sua Verità desidera donarsi, condividersi con la natura umana. Tuttavia, una volta trovata la verità, sono chiamato ad annunciarla, e non posso fermarmi davanti al “rispetto” delle posizioni dell’altro. Gli apostoli non lo fecero. Gesù stesso non lo fece. L’evangelizzazione è anzi una richiesta che ci viene fatta dal Cristo. Il “rispetto” umano, riduttivamente inteso, è un’errata applicazione del principio di tolleranza. Il principio di tolleranza, a dire il vero, fu introdotto per porre fine alle “guerre di religione”, ma non si tratta di un principio perfetto, in quanto contiene il rischio dell’indifferentismo, del relativismo, dell’agnosticismo. Dietro al “principio di tolleranza” a volte si maschera il tentativo di ridurre la fede ad atto privato. O, peggio ancora, di presentare il cattolicesimo come una religione intransigente perché “pretende” di possedere “la” verità.
Premesso che le verità del cattolicesimo non derivano né dai cristiani né dalla Chiesa, ma sono attinte da quel Dio fatto uomo che disse di sé «Io sono la Verità», il principio di tolleranza non è l’espressione migliore della risposta al pluralismo. La diffusione del principio di tolleranza ha condotto alla liceità delle idee più aberranti, tra cui l’ateismo materialista e il totalitarismo, e quindi la stessa intolleranza. L’espressione migliore della risposta cristiana al pluralismo è in realtà un altro principio, più profondo, che è il principio della libertà religiosa. Nel pensiero cattolico lo si trova ampiamente formulato nella Dignitatis Humanae del 1965: «Nell’età contemporanea gli esseri umani divengono sempre più consapevoli della propria dignità di persone e cresce il numero di coloro che esigono di agire di loro iniziativa, esercitando la propria responsabile libertà. […] Questa esigenza di libertà nella convivenza umana riguarda soprattutto i valori dello spirito, e in primo luogo il libero esercizio della religione nella società. […] Anzitutto, il sacro Concilio professa che Dio stesso ha fatto conoscere al genere umano la via attraverso la quale gli uomini, servendolo, possono in Cristo trovaLa libertà religiosa re salvezza e pervenire alla beatitudine. Questa unica vera religione crediamo che sussista nella Chiesa cattolica e apostolica, alla quale il Signore Gesù ha affidato la missione di comunicarla a tutti gli uomini. […] Il sacro Concilio professa pure che questi doveri attingono e vincolano la coscienza degli uomini, e che la verità non si impone che per la forza della verità stessa, la quale si diffonde nelle menti soavemente e insieme con vigore» (DH 1).
Dunque, da una parte la Chiesa riconosce nell’insegnamento di Gesù l’unica vera religione, dall’altra avverte che tale verità non s’impone con la forza degli uomini, ma con la forza della verità stessa. «È necessario passare dalla tolleranza alla libertà religiosa. Questo passaggio non è una porta aperta al relativismo, come alcuni affermano. Questo passo da compiere non è una crepa aperta nella fede religiosa, ma una riconsiderazione del rapporto antropologico con la religione e con Dio. Non è una violazione delle verità fondanti della fede, perché, nonostante le divergenze umane e religiose, un raggio di verità illumina tutti gli uomini» (Benedetto XVI, 14 settembre 2012, esortazione apostolica Ecclesia in Medio Oriente).
La Chiesa anzi invoca la libertà religiosa perché nel mondo esistono «regimi nei quali, sebbene la libertà di culto sia riconosciuta nelle loro Costituzioni, tuttavia gli stessi poteri pubblici tentano di distogliere i cittadini dal professare la religione e di rendere quanto mai difficile e insicura la vita alle comunità religiose » (DH 15). Questo diritto evocato per sé è naturalmente evocato anche verso i credenti di altre religioni, sebbene la Chiesa «lascia intatta la dottrina tradizionale cattolica sul dovere morale degli uomini e delle società verso la vera religione e l’unica Chiesa di Cristo» in quanto «tutti gli uomini sono tenuti a cercare la verità, specialmente in ciò che riguarda Dio e la sua Chiesa» (DH 1).

IL TIMONE N. 124 – ANNO XV – Giugno 2013 – pag. 61

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