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15.12.2024

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La libertà secondo Cornelio Fabro
31 Gennaio 2014

La libertà secondo Cornelio Fabro

 

 

La libertà è la sede delle decisioni radicali in cui l’uomo mete in gioco se stesso. Solo se sceglie Dio come fine ultimo il desiderio umano può essere soddisfatto. Le riflessioni di uno dei più grandi filosofi italiani del dopoguerra.

Cornelio Fabro (1911-1995), di cui ricorre quest'anno il decimo anniversario della morte, è annoverato tra le figure più rilevanti della filosofia italiana del secondo dopoguerra. Sono noti i suoi studi sulla metafisica tomista, le traduzioni dell'opera di Kierkegaard, il monumentale studio Introduzione all'ateismo moderno. Meno nota è la sua originale riflessione sulla libertà, come s'intitola una sua raccolta di articoli dedicata a quest'argomento.
In un'epoca sospesa tra due concezioni opposte, ma solidali nel chiudere l'uomo nella dimensione storica, cioè l'esistenzialismo ed il marxismo, Fabro riaffermò la consistenza spirituale della libertà e la sua apertura a Dio. Nella libertà egli individuò il nucleo pulsante della persona, il vertice da cui essa domina il tempo e determina l'intera propria esistenza: l'atteggiamento verso il mondo, verso la morte, verso Dio.
La libertà in tal senso corrisponde alla sede delle decisioni radicali, ciò che la tradizione ha visto nella coscienza o nel cuore. Fabro insiste inoltre con Kierkegaard sull'aspetto del rischio inerente all'esercizio della libertà. Nelle scelte che hanno ad oggetto i beni più alti (i valori etici e religiosi, ogni sorta di vocazione) l'uomo mette in gioco se stesso. La libertà impegna la vita della persona, non determina soltanto azioni singole o realtà esterne.
Di fatto, l'uomo può progettare la propria vita in vista di beni finiti (il piacere, il successo, etc.). Poiché nessun bene finito adegua l'infinità del suo potere e del suo desiderio, la libertà resta sempre in grado di fruire di quanto si può trovare nel mondo e, infine, di se stessa.
La libertà può sì respingere ogni impegno definitivo, ogni obbligazione assoluta, per non esserne compromessa, ma essa in tal modo diventa sterile.
Chi si determina invece per l'Infinito (Dio) ottiene piena corrispondenza alla propria aspirazione ed un solido punto di appoggio per dominare il finito. La libertà si lega così ad un'istanza necessaria che sfugge al proprio potere; anzi, si sottomette ad essa. Ma tale legame della libertà a Dio, poiché ha ad oggetto il Bene assoluto, non estingue la libertà: piuttosto la fonda. Solo in Dio si rinviene la misura oggettiva di ogni bene e una vita in sé veramente libera.
Una tale concezione della libertà, per quanto evidente, specie dal punto di vista della fede, richiede la dimostrazione di una serie di premesse filosofiche nient'affatto scontate. Fabro si è applicato particolarmente all'approfondimento di queste, confrontandosi lungamente sia con gli autori classici, come Aristotele e san Tommaso, sia con gli autori moderni: oltre al già citato Kierkegaard, Hegel, Heidegger, Sartre. Vediamone alcune nei punti seguenti.

1) La volontà è la facoltà propria della persona. La ragione basta a sapere che cosa è bene, ma non ancora ad amarlo, né perciò ad essere buoni. La volontà incide sull'identità morale dell'uomo, assimila l'uomo al valore di quanto è fatto oggetto di scelta. L'uomo è buono per la bontà della sua volontà. Grazie ad essa infatti userà bene di tutto ciò che è in suo potere.
La tesi ha costretto Fabro ad una correzione dell'importanza che la tradizione tomista assegna alla ragione nella costituzione della libertà. Secondo san Tommaso la ragione è il fondamento della libertà. Grazie ad essa possiamo cogliere il bene reale, discernendolo dal bene illusorio. Grazie alla ragione possiamo progettare le indefinite possibilità d'azione che ci si offrono. La conoscenza dell'essere è perciò condizione necessaria del volere e della creatività.
Anche per Fabro la volontà dipende dalla conoscenza del bene. Tale dipendenza è tuttavia una condizione necessaria, ma non sufficiente per la genesi dell'agire. Il bene conosciuto esige di essere amato. L'amore è motivato dalla presenza del bene manifestata dalla ragione, ma nel suo atto di adesione dipende soltanto dall'iniziativa della persona. Il volere come risposta personale al bene non è derivabile causai mente da un altro principio. «Formalmente l'intelletto fonda tutta l'attività volontaria, ma più come "condizione" che come causa; è la volontà che muove se stessa (Riflessioni sulla libertà, p. 72)».

2) La libertà si esercita primariamente rispetto ai fini. Si è detto che la volontà qualifica direttamente l'essere morale della persona. Ma il fine della vita è ciò in cui il soggetto si riconosce, ciò cui tende attraverso tutto l'agire. Se la libertà dispone dunque dell'identità più profonda della persona, essa deve riferirsi al fine. Se pur, di fatto, si può fraintendere il fine in molti modi, il Bene ultimo (Dio) dev'esser assunto come fine tramite l'atto proprio della libertà: la scelta.
Si sottolinea così che l'uomo è libero perché si porta da sé al fine, e che proprio perciò egli, e non l'animale, può deviare da esso o fraintenderlo.
«Nella scelta del fine esistenziale, altro è perciò il piano oggettivo formale nel quale Dio ch'è l'Assoluto non ha competitori e altro è il piano soggettivo reale nel quale Dio ha per competitori tutti i beni umbratili che possono travolgere l'uomo per preferirli a Dio nella sua scelta. Pertanto, anche se sotto l'aspetto metafisico Dio non è un oggetto di scelta, a causa della sua trascendenza, diventa invece per l'uomo oggetto di scelta – e di una scelta decisiva per il suo essere – nella sfera della libertà (C. Fabro, La libertà in san Bonaventura, in "Atti del Congresso Internazionale per il VII Centenario di S. Bonaventura da Bagnoregio», Roma 1976, t. Il p. 531).
Per via della libertà l'esistenza umana ha il carattere di un'avventura rischiosa, ma non solitaria. Fabro ha colto nella libertà l'atto per il quale l'uomo, unico tra gli esseri, è capace di rispondere al dono dell'essere che gli è stato fatto. In tal senso, la sua riflessione sulla libertà risulta come la chiusura della sua riflessione metafisica. La creazione senza la libertà risulterebbe incomprensibile. Sullo sfondo del rapporto personale tra l'uomo e Dio, la libertà è non solo una parte dell'essere ma in certo modo come il suo fondo.

RICORDA

«Voglio qui dare la mia testimonianza di ringraziamento per tutto quanto egli ci ha insegnato con la sua ricerca, la sua verità e la sua vita, buona e bella, Padre Fabro è un po' come i suoi principali maestri, san Paolo e san Tommaso, i quali hanno un pensiero fertile, flessibile, vivo e dinamico, perché in costante dialogo e ricettivo con il loro tempo».
(Marcello Sanchez Sorondo, Vitalità di una proposta, in «Studi cattolici», 415 (1995), p. 530).

BIBLIOGRAFIA


Cornelio Fabro, Riflessioni sulla libertà, Maggioli 1983; Edizioni del Verbo Incarnato 2004, scaricabile su www.comeliofabro.org.
Idem, La preghiera nel pensiero moderno, Edizioni di Storia e Letteratura 1983.
Ariberto Acerbi, La libertà in Cornelio Fabro, in corso di pubblicazione per Armando.
Cartos Cardona, Metafisica del bene e del male, Ares 1991.
Lluis Clavel, Metafisica e libertà, Armando 1996.
Adriano Bausola, La libertà, La Scuola, 1985.

IL TIMONE – N.40 – ANNO VII – Febbraio 2005 pag. 50-51

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