La lotta di Giacobbe contro l’angelo, narrata in Gn 32,25-32, ben si presta a simboleggiare la lotta della teologia neo-modernista contro l’esistenza degli angeli, una lotta da cui tale teologia ne esce “con l’anca slogata”, costretta ad allontanarsi zoppicando. Se infatti si eliminano gli angeli dalla Sacra Scrittura, non stanno in piedi gran parte dei racconti della Rivelazione, a partire dall’Annunciazione dell’angelo a Maria, e quindi a partire proprio dal più grande mistero della fede che è l’Incarnazione. Eppure, gli angeli sono più “credibili” di noi, in quanto sono creature più semplici: mentre l’essere umano è composto sia di corpo sia di spirito, gli angeli sono semplicemente puro spirito.
Ma l’odierna teologia neo-modernista, sempre alla ricerca del plausibile anziché della verità, è particolarmente esposta alla tentazione del materialismo contemporaneo, in base al quale è credibile solo ciò che è fatto di materia ed è sperimentabile dai sensi. Come se la materia fosse qualcosa di perfettamente conoscibile. Ma non è così. In fondo, che cosa sappiamo della materia? Siamo sicuri che sia un argomento “più solido” degli altri? In realtà, la materia è molto più “vuota” di quel che crediamo. Secondo la fisica delle particelle, protoni ed elettroni sono separati da lunghissime distanze in cui non c’è nulla, ed anche queste stesse particelle sono costituite dal 99,999999999999 per cento di vuoto! E di che cosa è fatto il rimanente 0,000000000001 per cento? Niente che potremmo definire “solido”: semplicemente un’onda, una fluttuazione quantistica, intangibile e non misurabile. Una “informazione”. Come un bit che viaggia nel nostro computer. È quest’informazione che “dà la forma” alla materia. Ciò che alla fisica classica appare solido è, per la fisica quantistica che scandaglia l’infinitamente piccolo, pura “informazione”.
In una chiave di lettura teologica potremmo dire: “comunicazione”. Comunicazione di Dio. Espressione del Verbo. Siamo fatti della Parola di Dio. Siamo “parole” di Dio, parole di quel dialogo misterioso che la Trinità si scambia fra le Persone divine. E fra queste parole c’è anche l’ànghelos, l’annuncio di luce che si fa angelo. Nel nostro credo proclamiamo Dio creatore «di tutte le cose visibili e invisibili». Gli angeli non sono raffigurazioni mitologiche alla stregua delle fate; Giovanni Paolo II ha spiegato che «gli angeli, in quanto creature puramente spirituali, si presentano alla riflessione della nostra mente come una speciale realizzazione dell’immagine di Dio» (Udienza Generale del 30 luglio 1986). Gli angeli non sono perciò realtà impersonali o puramente simboliche; bensì, come precisa il Magistero, «in quanto creature puramente spirituali, essi hanno intelligenza e volontà: La lotta contro l’angelo sono creature personali e immortali. Superano in perfezione tutte le creature visibili» (CCC 330). Le affermazioni che riducono l’esistenza degli angeli a semplici “ispirazioni” di Dio sono dunque contrarie all’insegnamento della Chiesa, che da sempre include gli angeli perfino nella liturgia. Dice il Catechismo: «L’esistenza degli esseri spirituali, incorporei, che la Sacra Scrittura chiama abitualmente angeli, è una verità di fede. La testimonianza della Scrittura è tanto chiara quanto l’unanimità della Tradizione» (CCC 328).
Oltretutto, l’esclusione degli angeli dal sentire della fede fa sì che questi vengano poi liberamente ripresi da certe forme di spiritualismo e di “angiolismo” lontane dal cristianesimo, ma sempre pronte a raccogliere ciò che noi imprudentemente lasciamo ogni volta cadere.
La difficoltà nel comprendere gli angeli è legata alla difficoltà di vedere la nostra stessa componente spirituale, ed è direttamente proporzionale al nostro allontanamento dalla grazia. La nostra natura, lasciata a se stessa, non ci facilita nella conoscenza del mondo angelico, perché a causa del peccato viviamo in una scissione continua fra mente e cuore, fra razionalità e sentimento, fra il ragionare e l’amare. Gli angeli non vivono in questa scissione: intelletto e cuore sono in essi una cosa sola. Gli angeli buoni – non i demoni, angeli malvagi, che vivono in un odio perenne verso Dio e le sue creature – amano con l’intelletto e ragionano con l’amore. Sono i nostri più perfetti educatori perché ci indicano, già solo con il loro essere, la via del ritorno verso il vero noi stessi, e dunque verso Dio.
IL TIMONE N. 115 – ANNO XIV – Luglio/Agosto 2012 – pag. 61
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