Nascondendosi dietro la battaglia per “i diritti dei bambini”, si vuole estromettere la famiglia dall’educazione dei figli. Dando licenza ai giovanissimi di abortire e di avere rapporti omosessuali. E intanto a Roma un giudice del Tribunale dei Minori spara: “II figlio ha il diritto di uccidere il proprio padre”
Gli inquietanti obiettivi del prossimo vertice di settembre dell’Unicef
“In circostanze eccezionali, la madre ha il diritto di uccidere il figlio che porta in grembo”. Se questa frase fosse stata usata dagli abortisti così, nuda e cruda, come slogan, ai tempi della battaglia prò o contro l’aborto legalizzato, forse l’esito di quell’acceso confronto sarebbe stato diverso: la gente avrebbe capito con maggior chiarezza che con la legge 194 (ipocritamente definita “a tutela della maternità”), sono in gioco non tanto e non solo la salute e il benessere della donna o la sua autodeterminazione, ma la vita e il benessere del figlio, una nuova creatura umana. Si è sempre preferito invece ricorrere a morbidi eufemismi, come “ivg”, che sta per “interruzione volontaria della gravidanza”, “feto” al posto di bambino, e così via.
Per astuzia politica, o magari per un soprassalto di pudore, mai si è usata, né si usa tuttora, a proposito di aborto consentito dalla legge, l’espressione citata all’inizio, e cioè che “la madre ha il diritto di uccidere il figlio” (aggiungiamo: “a spese dello Stato”). Anche se, nella sostanza, è proprio quello che accade, e si contano purtroppo a milioni le vittime innocenti di questa legislazione liberalizzatrice, ormai diffusa in quasi tutto il mondo. Cambiamo scenario e veniamo ai giorni nostri. Ebbene, oggi quell’attenzione e discrezione linguistica, tesa ieri ad attenuare la durezza di un dato di fatto e a rendere più “digeribile” quello che è un vero e proprio “infanticidio di Stato”, non c’è più. Anzi. Si parla chiaro e senza mezzi termini, per andare diritti allo scopo e compiere un altro passo avanti verso la distruzione della famiglia e dei valori tradizionali. Così, uno di quei giudici-divi che frequentano con disinvoltura i salotti televisivi, Simonetta Matone, sostituto procuratore del Tribunale dei Minori di Roma, ha affermato papale papale: “Nella maggior parte dei casi di cui mi sono occupata, il figlio aveva tutto il diritto di uccidere il proprio genitore, perché era un padre-padrone”.
Lo scenario della “sparata” è stato uno dei tanti convegni sorti come funghi dopo il duplice delitto di Novi Ligure, in questo caso organizzato da Roma Europea e dall’Eurispes, dal titolo un po’ spregiudicato “T’amo da morire. Genitori e figli nell’era del disagio”. In soldoni, per la signora Matone, se i genitori sono cattivi i figli hanno licenza di uccidere. Parricidi e matricidi non hanno più colpa. E qualche agenzia dì stampa ha interpretalo così: “Molti genitori meritano dì morire”. Agghiacciante. Nel caso specifico di Erika e Ornar, prima di mandarli assolti con una ramanzina e una pacca sulla spalla, resterebbe solo da dimostrare che la madre di Erika era un concentrato di turpi malvagità e il povero fratellino magari complice della perversa mamma. Bazzecole. A giudicare dai metodi inquisitori dì tanti, troppi Tribunali dei Minori, lanciati nella crociata di strappare il maggior numero possibile di figli ai loro genitori, potrebbe non essere difficile far passare i ragazzi di Novi da carnefici a vittime.
Ma il giudice Simonetta Matone forse è un caso isolato. Ha esagerato, potrebbe dire qualcuno. Si è fatta prendere un po’ la mano. E quei Tribunali dei Minori così accaniti verso padri e madri, al punto di portar loro via i figli per un nonnulla, magari inventandosi castelli di accuse inverosimili, in fondo fanno il loro dovere… Alt!
Non è così, purtroppo. In realtà ci troviamo di fronte a episodi, a frammenti inquietanti di un disegno più ampio e preoccupante. E cioè il tentativo, portato avanti ai massimi livelli nelle organizzazioni mondiali che contano, di delegittimare la famiglia come nucleo fondante della società, di metterla da parte, di estrometterla dall’educazione dei figli, fino al punto di criminalizzarla. In termini biblici, dopo essersi “liberati” dei comandamenti “non commettere atti impuri”, “non desiderare la donna d’altri”, “non rubare” e, come abbiamo visto, persino “non uccidere”, giudicati inutili e superati da una certa cultura, ora tocca a “onora il padre e la madre”. Non si devono più “onorare” il padre e la madre. E si convoca persino un “vertice” internazionale per far passare l’idea nelle zucche vuote di tutti coloro, cominciando dalla Chiesa cattolica, che si ostinano a difendere concetti così superati come la centralità della famiglia e il rispetto dovuto ai propri genitori.
A New York, nel settembre 2001, è previsto appunto un vertice organizzato dall’Unicef (United Nations Children’s Fund) sui “diritti dei bambini”, per celebrare il decimo anniversario dell’applicazione della “Convenzione dell’Orni sui Diritti del Bambino”. Fa ironicamente notare il reverendo Louis P. Sheldon, presidente della Coalizione per i valori tradizionali, di cui ci è giunta una nota: “Quando un’agenzia dell’Onu si incontra per discutere dei diritti dei bambini, i genitori si mettano in allerta”. Ha ragione. Nel linguaggio “mondialista” e massonico dell’Onu, l’espressione “diritti dei bambini” nasconde il fatto che lo Stato deve essere l’autorità finale sul bambino, mentre il genitore viene relegato al ruolo di “custode”. Sempre secondo l’Onu, di cui l’Unicef è una filiazione, la “famiglia” è solo una sotto-unità dello Stato ed è sussidiaria ai bisogni dello Stato.
In particolare, al vertice di settembre si discuterà sia di aborto (possibilità per i minorenni di poter abortire ancora più facilmente e senza intoppi da parte delle famiglie), che di omosessualità (possibilità per i minorenni di poter vivere pienamente una sessualità a tutto campo, in pratica un via libera ai pedofili). Il fine scellerato è ridefinire e ridurre il ruolo della famiglia tradizionale, come prima educatrice, promovendo l’idea aberrante che i ragazzi e le ragazze dai 10 ai 18 anni – i nostri figli! -hanno il diritto inalienabile ad avere un’attività sessuale con partner dello stesso sesso e il diritto di abortire i loro bambini indesiderati. Concetti, peraltro, che derivano direttamente dalla Dichiarazione dell’Onu sui Diritti del Bambino, che ora si vuole portare alle estreme conseguenze. In pratica, le Nazioni Unite diventano una sorta di “genitore globale”, che fa piazza pulita dei diritti dei genitori e da ai bambini una libertà pressoché illimitata di decidere dei propri destini senza alcuna interferenza da parte dei familiari. Il bambino potrà, tra l’altro, rifiutare ogni insegnamento religioso impartito dai genitori, avrà diritto di frequentare chiunque voglia, il diritto di vedere, sentire o leggere qualunque cosa desideri.
Anche se i genitori sono contrari. Tanto ci pensa l’Onu.
RICORDA
“Chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me. Chi invece scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino e fosse gettato negli abissi del mare. Guai al mondo per gli scandali! È inevitabile che avvengano scandali, ma guai all’uomo per colpa del quale avviene lo scandalo!” [Mt 18, 6-7).
IL TIMONE N. 13 – ANNO III – Maggio/Giugno 2001 – pag. 12-13