I referti scientifici confermano: il mondo non esiste da sempre.
Ecco il punto di partenza per una prova dell’esistenza di Dio.
Supponiamo di costruire una stanza perfettamente isolata termicamente (cioè che non scambi calore con l’esterno) e poniamo entro di essa un ferro da stiro rovente e, sullo stesso tavolo, un blocco di ghiaccio. La temperatura dell’aria nella stanza è di 25 gradi. Poi stacchiamo l’interruttore della corrente elettrica e chiudiamo il gas, usciamo e serriamo la porta perfettamente isolante. Cosa ci si aspetta se torniamo nella stanza dopo un mese? Che il ghiaccio si sia sciolto, che il ferro da stiro si sia raffreddato in modo che la sua temperatura sia quasi indistinguibile da quella dell’acqua proveniente dal ghiaccio sciolto e da quella dell’aria della stanza (rimaste pressoché a venticinque gradi centigradi). Viceversa, se entrassimo in una stanza che sappiamo isolata termicamente e trovassimo il ferro da stiro ancora abbastanza caldo ed il pezzo di ghiaccio non ancora completamente sciolto, dedurremo che quel sistema (la stanza) era stato così preparato non molto tempo prima.
Osserviamo ora il cielo: vi sono stelle (il sole è una stella di media grandezza) caldissime, pianeti tiepidi o freddi, spazi interstellari, e soprattutto intergalattici, estremamente freddi. Poiché l’universo è un sistema isolato (poiché include la totalità delle cose fisiche e quindi non scambia calore con qualche altro sistema), deduciamo che è stato preparato così (cioè con queste temperature disomogenee) non da sempre, altrimenti la temperatura si sarebbe già livellata, ossia sarebbe uniforme ovunque.
Ora le cose esistono e tutti concordano nel dire che qualcosa di necessario sia sempre esistito, poiché dal nulla non può scaturire niente. Un materialista dirà che questo qualcosa è la materia, un panteista dirà ancora che è la materia, a cui attribuisce proprietà magico-divine, un teista dirà che è Dio. Come abbiamo visto, la materia non può essere sempre esistita, altrimenti la temperatura sarebbe uniforme, mentre invece vi sono notevoli differenze di temperatura fra stelle, pianeti e spazi interstellari. Anche il panteismo è sconfessato poiché al giorno d’oggi tutto ciò che è fisico è noto e non ha affatto proprietà magico-divine.
Pertanto, visto che la materia non esiste da sempre e visto che essa non è divina, è necessario (cfr. l’articolo di G. Samek Lodovici in questo dossier) che Qualcosa di non naturale, cioè di natura qualitativamente diversa da quella fisica, abbia creato l’universo.
C’è un’obiezione: noi non conosciamo lo stato della materia appena dopo il grande scoppio primordiale e soprattutto, anche ora, la materia che conosciamo (quella barionica, composta da protoni, neutroni ed elettroni), è solo il 4% del totale, essendo il 30% quella «oscura» (di cui la scienza ufficiale non ha la minima idea circa la sua composizione), ed il 66% la quint’essenza (o energia oscura) di cui non solo non conosciamo la composizione, ma che dovrebbe avere proprietà fisiche alquanto strane. Ma la risposta è semplice: la tendenza al livellamento della temperatura è valida per qualsiasi tipo di forza fra particelle elementari, ossia per qualsiasi tipo di carica (elettrica, nucleare, ecc.) e per qualsiasi dipendenza dalle loro mutue distanze e dalle loro velocità ed accelerazioni. La tendenza al livellamento delle temperature è una conseguenza del secondo principio della termodinamica, che è come un grande ombrello sotto cui stanno tutte le altre leggi fisiche: anche se le leggi fisiche cambiassero (sia realmente, sia nella nostra comprensione), la loro mutazione non scalfirebbe la validità dell’ombrello. Infatti, il secondo principio della termodinamica è una conseguenza del fatto che un sistema isolato o è stazionario, oppure, se cambia, evolve verso stati più probabili (cioè che possono essere ottenuti in più modi rispetto agli stati precedenti).
C’è una seconda obiezione. Qui il discorso diventa necessariamente tecnico e difficile. Pertanto mi rivolgo agli specialisti: chi non frequenta abitualmente testi di fisica legga direttamente, se ritiene, l’ultimo paragrafo del mio articolo. Quest’obiezione deriva da un’errata interpretazione della relatività generale di Einstein: anche il tempo sarebbe sorto con l’apparire dell’universo e quindi non avrebbe senso parlare di una causalità temporale. In realtà, è vero che il ritmo di un orologio viene progressivamente rallentato all’aumentare del campo gravitazionale. Se però si immaginasse di ridurre progressivamente le masse di tutti i corpi celesti, il ritmo di un orologio aumenterebbe fino ad un massimo che è quello newtoniano (se l’orologio è fermo rispetto all’osservatore). Questo ritmo massimo corrisponde allo svanire di tutto l’universo ed avrebbe ancora pieno senso parlare non solo di tempo ma anche della sua misura. Ma c’è ancora di più. È stata sviluppata una teoria che parte dallo spazio-tempo piatto, ad opera di Wolfgang Pauli e suoi collaboratori, da Richard Feynman, poi da altri, tra cui spicca Stanley Deser, ed infine completata dal prof. Giancarlo Spinelli e da me, in cui la gravitazione è trattata come un qualsiasi altro campo della fisica. Ne risulta che i corpi, e quindi le aste graduate, vengono accorciate e i ritmi degli orologi rallentati, in modo che lo spazio-tempo misurato con questi strumenti modificati risulta proprio quello curvo della relatività generale. Ha quindi ancora senso la concezione newtoniana di tempo che scorre anche prima dell’apparire della materia. Qui poi interessa solo un prima e un dopo e non come variano i ritmi degli orologi con la loro velocità relativa o con diversi campi gravitazionali. Tant’è vero che i fisici hanno elaborato teorie con «energie di vuoto quantistico» che precedono il grande scoppio primordiale (da cui è apparsa la materia che ora osserviamo). Il livellamento progressivo della temperatura limita però l’esistenza dell’energia di vuoto (precedente il big bang) ad un tempo passato limitato. I tentativi di estenderlo all’infinito richiedono densità di energia infinite e sono stati da me criticati sul Timone (Maggio 2004, pp. 50-51).
Abbiamo visto che l’universo è stato creato da Qualcosa di natura qualitativamente diversa da quella fisica. Ebbene, osservando l’universo si scopre anche che questo Qualcosa ha creato l’universo con leggi fisiche intelligenti (cfr. il mio articolo sul Timone, maggio 2004, cit.) e quindi è un Qualcuno, che è intervenuto anche per l’origine della vita (cfr. il Timone, novembre/dicembre 2001, pp. 40-41). Questa prova dell’esistenza di Dio non solo conferma la conoscibilità della sua esistenza mediante la sola ragione umana (come definito nel Concilio Vaticano I del 1869-70), ma anche un secondo dogma, enunciato nel IV Concilio Lateranense (1215): «Dio, pur con decreto eterno, ha creato il mondo nel tempo», ossia in un passato limitato.
DIO E LA RAGIONE
«L’ho chiesto al mare, agli abissi e ai rettili con anime viventi [cfr. Gen 1,20] e mi hanno risposto: “non siamo il tuo Dio, cerca al di sopra di noi”. L’ho chiesto ai venti che soffiano, e tutta l’atmosfera con i suoi abitanti mi ha risposto: “Anassimene si inganna: io non sono Dio”. L’ho chioesto al cielo, al sole, alla luna, alle stelle: “Neanche noi siamo il Dio che tu cerchi”, rispondono. L’ho chiesto a tutti questi esseri che stanno attorno al mio corpo: “Parlatemi del mio Dio; poichè voi non lo siete, ditemi qualche cosa di lui”: Ed essi acclamarono a gran voce: E’ lui che ha fatto noi [cfr. Sal 100,3]».
(Agostino, Confessioni, Lib X, c. VI).
BIBLIOGRAFIA
Giancarlo Cavalleri, L’origine e l’evoluzione dell’universo, Tecniche Nuove, 1987.
Dossier: A Dio con la ragione
IL TIMONE – N. 47 – ANNO VII – Novembre 2005 – pag. 44 – 45