Missione cristiana e culture
Il problema sul quale attiro l’attenzione riguarda tutti coloro che hanno a cuore l’evangelizzazione. La domanda è: esiste un diritto alla missione, cioè esiste il diritto di proporre la fede agli uomini delle diverse culture che abitano il mondo contemporaneo? E in che misura queste culture devono cambiare per poter diventare compatibili con la fede? Il cardinale, a questo punto, propone una definizione di cultura (pp. 62 ss), per poi verificare le modalità attraverso le quali la fede cristiana può incontrarsi con le diverse culture con cui viene in contatto. Anzitutto, il card. Ratzinger ricorda che si devono esaminare le culture con le quali ci si deve confrontare e anche le religioni che stanno alla base delle diverse culture, perché se è vero che vi possono essere tracce della verità nelle religioni, è anche vero che non tutte le religioni sono sempre e comunque raccomandabili. Così porta l’esempio di quando, “nel 1487, in occasione della consacrazione del tempio principale degli Aztechi appena ricostruito, in quattro giorni 20.000 uomini, secondo le stime più basse, morirono dissanguati come vittime umane nel nome del Dio Sole sull’altare di Tenochtitlan (la capitale degli Aztechi nell’altopiano Ricorda del Messico)” (p.77), per concludere che non tutte le religioni meritano di essere rimpiante. In sostanza, afferma il cardinale, il compito dei cristiani oggi è certamente quello di comprendere e accogliere le religioni più di quanto sia avvenuto fino a oggi, ma il compito delle altre religioni è “di riconoscere il loro carattere di Avvento, che le rimanda a Cristo” (p. 81).
Naturalmente questo pone un problema, perché i cristiani rischiano di essere considerati come “imperialisti”che pretendono di finalizzare tutte le religioni a Cristo. Il cardinale cerca di affrontare questa difficoltà in un apposito capitolo (pp. 83-88). Le cose da mettere a posto e da tenere insieme sono molte: il cristianesimo non può rinunciare alla “pretesa” della verità, che è Cristo; d’altra parte, è necessario trovare il modo di superare l’inevitabile sconcerto di chi professa un’altra religione e si trova di fronte a questa “pretesa”, perché “Ia verità non fa violenza a nessuno” (p. 84). Il cardo Ratzinger ricorda anzitutto come il cristianesimo è una religione rivelata dall’alto e la fede in Cristo non proviene da nessuna cultura, anche se poi crea una cultura.
Questo permette al cristianesimo di offrirsi come compimento o inveramento a tutte le religioni preesistenti e di penetrare, purificandole, nelle diverse culture, senza assorbirle né annientarle. Il cardinale propone, a questo proposito, . una immagine suggestiva, fondata sul miracolo della Pentecoste, “nel quale non è prescritta un’unica lingua (un’unica civiltà) per tutti, come a Babilonia (tipo della cultura del fare e del potere), ma l’unità si attua nella pluralità. Le molte lingue (culture) si comprendono nell’unico Spirito. Esse non vengono eliminate, ma guidate a comporre una sinfonia” (p. 85).
La propongo alla riflessione di quanti hanno a cuore la “nuova evangelizzazione” e sono consapevoli delle difficoltà che questa entusiasmante e difficile opera comporta.
“Retrospettivamente, possiamo dire che la forza che ha trasformato il cristianesimo in una religione mondiale è consistita nella sua sintesi tra ragione, fede e vita: è precisamente questa sintesi che è raccolta nell’espressione religio vera”.
(Joseph Ratzinger, Fede Verità Tolleranza. Il cristianesimo e le religioni del mondo, Cantagalli, Siena 2003, p. 184).
IL TIMONE – N.28 – ANNO V – Novembre-Dicembre 2003 – pag. 54-55
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