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12.12.2024

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La pretesa della verità
31 Gennaio 2014

La pretesa della verità

 

 

 

È Cristo l’unico salvatore? È il cristianesimo la sola vera religione? Questo è il problema. Ecco come risponde il cardinale Ratzinger.


Il libro del card. Joseph Ratztinger Fede Verità Tolleranza tocca alcuni punti che sono all’origine delle crisi di fede di molti cristiani contemporanei, che non hanno avuto buoni educatori capaci di abituarli a riflettere sulla domanda fondamentale: Cristo è l’unico Salvatore degli uomini oppure soltanto una delle possibili vie di salvezza?
E quindi il cristianesimo è la vera religione, oppure una delle diverse religioni presenti e operanti nel mondo, magari più adatta agli europei per ragioni storiche e filosofiche, ma non la religione che offre la salvezza a tutti gli uomini e che può penetrare nelle diverse culture?
È vero che per molti di noi cristiani queste domande non rappresentano un problema perché non vengono neppure percepite nella loro importanza, ma è proprio questo il problema, perché, disabituati a riflettere e a rispondere alla domanda sul rapporto fra cristianesimo e verità, i cristiani si troveranno incapaci di fronteggiare il dubbio seminato nel loro cuore dal professore scettico che insegna ai figli o dall’intellettuale ascoltato alla televisione o letto in qualche libro famoso. La responsabilità è anche di quei sacerdoti e catechisti (la catechesi per gli adulti) che, nelle omelie o nelle conferenze, così come nella direzione spirituale o in occasione della confessione, trascurano completamente l’argomento, riducendo il cristianesimo a una specie di “religione da pronto soccorso”. Per la mia esperienza, posso dire che quando viene adeguatamente posta la domanda a proposito della divinità di Cristo e quindi della verità del Cristianesimo, le persone capiscono chela “pretesa” cristiana di essere la vera religione è una diretta e logica conseguenza della divinità di Cristo. Tuttavia bisogna porre adeguatamente la domanda: per esempio dall’anticipazione apparsa nel Corriere della sera (10 ottobre 2003)della ricerca della casa editrice Il Mulino sul pluralismo culturale, e religioso degli italiani, emerge che molti cattolici trovino “verità importanti” nelle altre religioni. La cosa non deve essere presentata in contraddizione con il ritenere la religione cattolica come l’unica vera, perché trovare tracce di verità nelle altre religioni non contrasta con il fatto che la pienezza della Rivelazione divina sia avvenuta soltanto nella persona di Gesù Cristo.
Ma vediamo il libro del card. Ratzinger.
Nell’impossibilità di una vera e propria recensione in uno spazio troppo ristretto, che tenga conto dei tanti argomenti affrontati, mi limiterò a un punto fra i molti toccati nell’opera, che è una raccolta dei testi del cardinale degli ultimi dieci anni, anche se, come spiega nella premessa, è soprattutto un modo di affrontare l’autentico problema, quello della verità: “Si può conoscere la verità? O il problema della verità nell’ambito della religione e della fede è puramente e semplicemente inappropriato?
Ma, allora, che cosa significa la fede, che cosa significa positivamente la religione se non può entrare in rapporto con la verità?”. Più avanti, tornerà sul tema: “Se vige l’uguaglianza di principio delle religioni, allora la missione non può che essere una specie di imperialismo religioso, al quale si deve resistere. Se però in Cristo ci è offerto un dono nuovo, il dono essenziale – la verità – allora è dovere fame dono anche all’altro, liberamente, si capisce, poiché altrimenti la verità non può operare né essere amore” (p. 110).
Prima di entrare nel merito, un consiglio: leggete il libro, ma soprattutto rileggetelo, perché lo scopo principale non deve essere soltanto cercare risposte definitive e assolute, ma entrare dentro il problema della verità, capire che esso non può essere estraneo al cristianesimo, che il Dio che ha creato la ragione umana è lo stesso che si è incarnato, che il Padre e il Figlio sono due persone del Dio uno e trino e che il mistero della santissima Trinità non è contrario alla ragione umana, anche se la sovrasta.

Missione cristiana e culture
Il problema sul quale attiro l’attenzione riguarda tutti coloro che hanno a cuore l’evangelizzazione. La domanda è: esiste un diritto alla missione, cioè esiste il diritto di proporre la fede agli uomini delle diverse culture che abitano il mondo contemporaneo? E in che misura queste culture devono cambiare per poter diventare compatibili con la fede? Il cardinale, a questo punto, propone una definizione di cultura (pp. 62 ss), per poi verificare le modalità attraverso le quali la fede cristiana può incontrarsi con le diverse culture con cui viene in contatto. Anzitutto, il card. Ratzinger ricorda che si devono esaminare le culture con le quali ci si deve confrontare e anche le religioni che stanno alla base delle diverse culture, perché se è vero che vi possono essere tracce della verità nelle religioni, è anche vero che non tutte le religioni sono sempre e comunque raccomandabili. Così porta l’esempio di quando, “nel 1487, in occasione della consacrazione del tempio principale degli Aztechi appena ricostruito, in quattro giorni 20.000 uomini, secondo le stime più basse, morirono dissanguati come vittime umane nel nome del Dio Sole sull’altare di Tenochtitlan (la capitale degli Aztechi nell’altopiano Ricorda del Messico)” (p.77), per concludere che non tutte le religioni meritano di essere rimpiante. In sostanza, afferma il cardinale, il compito dei cristiani oggi è certamente quello di comprendere e accogliere le religioni più di quanto sia avvenuto fino a oggi, ma il compito delle altre religioni è “di riconoscere il loro carattere di Avvento, che le rimanda a Cristo” (p. 81).
Naturalmente questo pone un problema, perché i cristiani rischiano di essere considerati come “imperialisti”che pretendono di finalizzare tutte le religioni a Cristo. Il cardinale cerca di affrontare questa difficoltà in un apposito capitolo (pp. 83-88). Le cose da mettere a posto e da tenere insieme sono molte: il cristianesimo non può rinunciare alla “pretesa” della verità, che è Cristo; d’altra parte, è necessario trovare il modo di superare l’inevitabile sconcerto di chi professa un’altra religione e si trova di fronte a questa “pretesa”, perché “Ia verità non fa violenza a nessuno” (p. 84). Il cardo Ratzinger ricorda anzitutto come il cristianesimo è una religione rivelata dall’alto e la fede in Cristo non proviene da nessuna cultura, anche se poi crea una cultura.
Questo permette al cristianesimo di offrirsi come compimento o inveramento a tutte le religioni preesistenti e di penetrare, purificandole, nelle diverse culture, senza assorbirle né annientarle. Il cardinale propone, a questo proposito, . una immagine suggestiva, fondata sul miracolo della Pentecoste, “nel quale non è prescritta un’unica lingua (un’unica civiltà) per tutti, come a Babilonia (tipo della cultura del fare e del potere), ma l’unità si attua nella pluralità. Le molte lingue (culture) si comprendono nell’unico Spirito. Esse non vengono eliminate, ma guidate a comporre una sinfonia” (p. 85).
La propongo alla riflessione di quanti hanno a cuore la “nuova evangelizzazione” e sono consapevoli delle difficoltà che questa entusiasmante e difficile opera comporta.

RICORDA

“Retrospettivamente, possiamo dire che la forza che ha trasformato il cristianesimo in una religione mondiale è consistita nella sua sintesi tra ragione, fede e vita: è precisamente questa sintesi che è raccolta nell’espressione religio vera”.
(Joseph Ratzinger, Fede Verità Tolleranza. Il cristianesimo e le religioni del mondo, Cantagalli, Siena 2003, p. 184).

IL TIMONE – N.28 – ANNO V – Novembre-Dicembre 2003 – pag. 54-55

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