Ritorniamo alla metafisica, che porta l’uomo a Dio. Parla Battista Mondin: la Chiesa ha sempre difeso la capacità della ragione umana di giungere all’esistenza di Dio. La disfatta del pensiero moderno.
Le vie del Signore sono infinite: anche quelle che puntano a dimostrarne l’esistenza. Un esperto in materia è padre Battista Mondin, 75 anni e 100 libri pubblicati, missionario saveriano nonché professore emerito di filosofia medievale alla Pontificia Università Urbaniana. Con lui esaminiamo la posizione della Chiesa davanti alle “prove” dell’esistenza di Dio.
Cominciamo dal concilio Vaticano I, il quale ha dichiarato che “Dio, principio e fine di tutte le cose, può essere conosciuto con certezza col lume naturale della ragione umana attraverso le cose create”. Dopo un secolo e più di pensiero relativista, che valore dare a quest’affermazione?
“La Chiesa ha sempre difeso la filosofia e la metafisica, sostenendo la ragione sanamente intesa. Lo dice l’enciclica Fides et ratio, ma già il concilio Lateranense IV per esempio affermava la possibilità di dimostrare l’immortalità dell’anima. Il Vaticano I dunque non fa altro che ribadire la capacità dell’intelletto di arrivare al Creatore attraverso le creature”.
D’accordo: che la ragione sia un indispensabile supporto alle ragioni della fede si può capire. Ma si fa più fatica ad ammettere che il cervello da solo riesca a raggiungere la certezza dell’esistenza di Dio. Riproporre la dottrina tomista (o ancor prima aristotelica) non fa i conti con l’ultimo secolo di ricerca filosofica.
“Anzitutto si dovrebbe verificare se questa ricerca è autentica o se non si tratti di sbandamento profondo. Noi viviamo un tempo di crisi, che di fatto ha ribaltato la sua posizione di partenza. La modernità infatti è nata con l’illuminismo, il quale aveva grandissime pretese e affermava addirittura la potenza assoluta della ragione; noi ha constatato che i postulati del razionalismo erano assurdi ed è precipitata nel loro opposto, concludendo che la ragione è impotente a spiegare alcunché. Ma si tratta di una sfiducia filosoficamente non fondata “.
Si dice del resto che, per paradosso, la più forte difesa della ragione oggi proviene proprio dalla Chiesa.
“Proprio la Fides et ratio riafferma la necessità assoluta di un ritorno alla metafisica, ovvero a una filosofia capace di superare i dati dell’esperienza per raggiungere l’assoluto. L’intelligenza non deve restringersi nell’ambito di ciò che appare, ma può conquistare la realtà con vera certezza. E la Chiesa, che non ha una sua metafisica, difende il diritto della ragione a risolvere parzialmente la questione della natura di Dio, dopo averne dimostrata l’esistenza”.
Difatti anche il concilio Vaticano II, nella costituzione dogmatica Dei Verbum, ripete che “Dio può essere conosciuto con certezza col lume naturale dell’umana ragione”. L’esistenza di Dio si da insomma per dimostrata non solo per un cattolico, ma per qualunque uomo ragionevole.
“Meglio: si da per certamente dimostrabile, e variamente dimostrata. Le vie per arrivare a Dio sono infinite, da Platone ad Aristotele a sant’Agostino… E la Chiesa, pur indicando come maestro di verità san Tommaso, tuttavia non lo privilegia al punto di far di lui l’unico filosofo”.
Ma – alla fine – a che serve sapere con certezza che Dio esiste? Non è meglio credere e affidarsi semplicemente a lui?
“Il problema di Dio è legato alla dimensione religiosa dell’uomo, che è religioso per natura perché è portato a riconoscere qualcosa di superiore a lui. Però questo istinto ha bisogno di una giustificazione razionale, altrimenti potrebbe aver ragione Freud, quando sostiene che si tratta di una grande illusione, oppure Nietzsche, che parla di un’invenzione dei preti. L’esistenza di Dio va dimostrata proprio per provare che ciò a cui la religione porta non è una realtà illusoria o sentimentale”.
Però, provato che Dio c’è, non conosciamo null’altro di lui. Potrebbe persino essere che Dio sia cattivo…
“Questo no, il Fine ultimo non può essere cattivo, è contro la sua natura. Però in che misura Dio sia buono, quale sia il suo tipo di bontà, quale attività compia, quale sia il rapporto che ha col mondo resta molto oscuro. Si deve parlare perciò di ineffabilità di Dio: Dio è un grandissimo mistero, così fitto ma nello stesso tempo sublime. Non si tratta infatti di oscurità cieca, bensì di un abbagliamento creato dalla potenza della sua stessa luce”.
Tuttavia il rovello della filosofia dell’ultimo secolo, più che l’Essere supremo, è stato risolvere il problema del Male. Perché esiste il dolore? Da dove arrivano l’imperfezione e la morte? Dimostrare l’esistenza di Dio potrebbe allora condurre ad accusarlo di essere il responsabile del Male, o almeno di non far nulla per evitarlo.
“Il male va riconosciuto come una realtà che non può essere esclusa dalla provvidenza e dalla previdenza di Dio: esso è permesso per operare misteriosamente un bene maggiore. Ma sappiamo con certezza che la luce non può essere sopraffatta dalle tenebre”.
Resta Nietzsche, il quale – più che interessarsi all’esistenza di Dio – ne ha proclamato la morte. Magari Dio c’è, in ogni caso ci è indifferente, non c’entra coi destini dell’uomo. Non è questa la scommessa vera della filosofia moderna?
“Sì, Nietzsche è davvero ‘il padre della modernità’, soprattutto nella sua fase di disfacimento. E siccome la religione è un rapporto tra uomo e Dio, è vero che – se tale rapporto vien meno per volontà dell’uomo -in qualche cultura Dio può morire. Però è un fatto che le grandi civiltà sono tutte religiose; e la nostra, la quale invece è dissacratoria, paga la morte di Dio con la sua decadenza e con l’essere divenuta culturalmente esausta”.
Qual è secondo lei la prova più convincente dell’esistenza di Dio?
“lo sono un patito di san Tommaso, quindi la prova che mi colpisce di più è la terza via: gli esseri visibili non possono essere tutto, perché sono così fragili, evanescenti e precari che hanno bisogno di un sostegno. Il quale dev’essere l’Assoluto. Questa mi sembra tra l’altro una prova assai valida ancora nel mondo moderno, che non ha più una visione positiva e felice della natura”.
E la famosa “scommessa di Pascal”, davanti a tante dimostrazioni razionali, dove va a finire?
“Si tratta di un’altra via verso l’Assoluto. Pascal sosteneva che, anche se ci fosse una minima probabilità di vincere, varrebbe la pena sacrificare tutto il mondo per scommettere sull’infinito. La sua scommessa è per Dio, non contro di lui”.
FEDE E RAGIONE
“[San Tommaso] ebbe il grande merito di porre in primo piano l’armonia che intercorre tra la ragione e la fede. La luce della ragione e quella della fede provengono entrambe da Dio, egli argomentava; perciò non possono contraddirsi tra loro. Più radicalmente, Tommaso riconosce che la natura, oggetto proprio della filosofia, può contribuire alla comprensione della rivelazione divina. La fede, dunque, non teme la ragione, ma la ricerca e in essa confida. Come la grazia suppone la natura e la porta a compimento, così la fede suppone e perfeziona la ragione”.
(S.S. Giovanni Paolo II, Fides et ratio, n. 43).
Dossier: Dal Creato al Creatore con la ragione
IL TIMONE N. 16 – ANNO III – Novembre/Dicembre 2001 – pag. 38-39
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