Aspetti del ritorno della cristianità nella penisola iberica: la Reconquista. Un’epopea conclusa nel 1492, dopo 750 anni di lotta contro i regni moreschi musulmani. Le vere radici della Spagna
Quanti musulmani in Spagna prima della Reconquista?
Quanti musulmani erano presenti in quella che il mondo islamico chiama ancora Al Andalus? Secondo Richard Fletcher, in base ad un calcolo abbastanza ipotetico si può considerare che, ancora nell’800, dopo un secolo di dominio, solo l’8% della popolazione fosse musulmana. «La percentuale salì al 12,50% nell’850, al 25 nel 900 e al 50 nel 950 fino raggiungere il 75% nel 1000» (El Cid, Garzanti, 1989, p. 24). Fu, questo, il frutto di una politica di intensa islamizzazione, con la conversione all’Islam di larghe fasce della popolazione ma anche con una massiccia emigrazione di mozarabi (da “mustarib”, cristiani arabizzati) verso i regni cristiani che, col passare dei secoli, erano divenuti sempre più popolosi e potenti. Tale emigrazione era seguita ad alcune grandi rivolte (come quella di Toledo dell’837) e a un certo numero di martiri avvenuti intorno alla metà del IX secolo. Gli storici spesso descrivono questi confessori della fede come “fanatici”: per essere tali, nella società musulmana di allora, bastava dire che Maometto non era ispirato da Dio, oppure, come sant’Eulogio, sacerdote e martire nell’anno 859, avere ospitato una musulmana convertita al cristianesimo. Certamente si trattava di cristiani impavidi, decisi a resistere contro una certa diffusione nella penisola iberica dell’eresia adozionista, che permetteva forme di coesistenza con l’islam ma rinunciava ad affermare la divinità di Cristo. L’alternativa, forse più gradita ai cristiani “politicamente corretti” di oggi, sarebbe stata quella di venire a patti con l’islam, trovare un terreno di dialogo comune, “sedersi attorno a un tavolo e discuterne”: loro no, anche perché avevano a che fare con un mondo, quello islamico, che non era per niente disposto a relativizzare e ammetteva una verità nel cristianesimo soltanto in quanto rivelazione imperfetta. In ogni caso la caparbietà dei cristiani fu notevole e fu un esempio per tutti, anche per quei cristiani che vivevano liberi nel nord della Spagna. Non è eccessivo affermare che fu la tenacia dei cristiani mozarabi a determinare la fine del califfato di Cordova. La resistenza, anche solo passiva, dei cristiani spagnoli costrinse i califfi a portare nella penisola nuovi immigrati e, con essi, le divisioni tribali e razziali che portarono alla frammentazione dei regni di taifas e, in conclusione, alla scomparsa della Spagna moresca.
Quanto ai regni cristiani del nord va considerato come l’inserimento della Spagna nella cultura e nella vita politica europea sia stata dovuta in buona parte proprio alla lotta contro l’islam. L’influenza franca si fece sentire fin dall’inizio del IX secolo quando Carlo Magno (742- 814) conquistò Barcellona (801). A ciò va aggiunta la costruzione del santuario di Santiago di Compostela che attirò fedeli pellegrini da tutta l’Europa. Questo collegamento fra Spagna ed Europa fece sì che il flusso di pellegrini, nel tempo, diventasse un flusso di volontari nella lotta contro i mori.
Non si possono ripercorrere le fasi di questa lotta di frontiera, ma se ne possono evidenziare alcuni caratteri fondamentali. Le scorrerie musulmane, per quanto fossero spesso vittoriose, come quelle del responsabile militare e politico del califfato di Cordova, Almanzor (938-1002), non tesero mai a diventare occupazione stabile del territorio conquistato, sempre per la carenza di organici di cui si è detto. Con il tempo gli eserciti cristiani non si limitarono solo ad avere fanterie coraggiose e incrollabili, ma anche una cavalleria pesante, efficace e manovriera.
Le continue vittorie cristiane alla fine dell’XI secolo provocarono l’afflusso di eserciti musulmani, come gli almoravidi e gli almohadi, di grande combattività ma di altrettanto grande fanatismo, tanto da far sentire gli stessi andalusi come soggetti a nuovi padroni, per quanto essi fossero correligionari. Al contrario, per quanto i regni cristiani si facessero spesso la guerra tra loro, l’opera della Chiesa e dei Papi, sia in campo spirituale che diplomatico e finanziario, fece sì che tali discordie potessero essere superate, costituendo grandi alleanze che portarono alla strepitosa e decisiva vittoria di Las Navas di Tolosa, il 17 luglio 1212, dove la coalizione cristiana (Navarra, Aragona, Castiglia, Catalogna, Portogallo) ottenne una vittoria importantissima nella storia della Reconquista.
L’unione di Castiglia e Aragona
Alla fine del XV secolo Isabella di Castiglia (1451- 1504) e Ferdinando II d’Aragona (1452-1516) univano i propri regni ed espugnavano Granada, l’ultima roccaforte moresca: era il 2 gennaio del 1492. Per raggiungere tale risultato, i due sovrani avevano dovuto predisporre uno Stato efficiente e un esercito duttile nell’impiego, moderno negli armamenti (famosa la sua artiglieria) e che ereditava le tradizioni dei combattenti medioevali, sia a piedi che a cavallo. Fu questo formidabile strumento militare a permettere la conquista di gran parte dell’Europa e di un impero nelle Americhe.
Il successo della Spagna e del suo “siglo de oro” affondano così le proprie radici in quella lotta discontinua e sanguinosa che oggi si vorrebbe non tanto riesaminare, come sarebbe legittimo e doveroso, quanto cancellare dai libri di storia o metterla nel museo delle idee estinte. Andare contro la propria storia, cancellarla e rinnegarla è una politica miope che non ha mai portato buoni frutti: anche perché, considerando la politica di favore nei confronti dell’islam e l’aggressione alla Chiesa portata dal governo Zapatero in questi anni, non si può non pensare che “il morbo gotico” sia ancora ben vivo.
Per saperne di più…
Alessandro Vanoli, La reconquista, il Mulino, 2009.
Alberto Leoni, La croce e la mezzaluna, Ares, 2009.
Alberto Leoni, L’Europa prima delle crociate, Ares, 2010.
IL TIMONE N. 99 – ANNO XIII – Gennaio 2011 – pag. 22 – 24
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