Ebrei, islamici e massoni screditano Isabella la Cattolica. Che invece seppe unire fede indiscussa, politica rigorosa, costumi specchiati, prudenza massima. Una regina di cui i cattolici posso vantarsi.
Nel 1992, le celebrazioni del quinto centenario della scoperta dell’America ebbero risvolti paradossali. Cristoforo Colombo, ritenuto in passato il più grande degli scopritori, fu accusato di genocidio dei nativi e di disconoscere il diritto all’esistenza delle culture indigene. La regina Isabella di Castiglia (1451-1504), che aveva finanziato il viaggio, fu accusata d’essere la mandante. Eppure, un secolo prima, nel 1892, da vari comitati era stata avanzata la proposta di chiamare Colombia il continente americano e di introdurre la causa di beatificazione sia di Colombo, sia della regina Isabella.
Quelle proposte non ebbero seguito. Ebrei, islamici e massoni trovarono il modo di insabbiare il progetto.
Gli ebrei sefarditi, rimpiangono Sefarad, cioè l’Andalusia, da loro abitata fin quando ne furono cacciati. Analogo discorso vale per gli islamici. È noto che la massoneria inglese nacque con dichiarati intenti anticattolici anche per scongiurare il ritorno dei pretendenti Stuart sul trono d’Inghilterra. Ma ebrei, islamici e massoni hanno validi motivi per esecrare la memoria di Isabella la Cattolica?
Ai re cattolici Isabella di Castiglia e Ferdinando d’Aragona è rimproverata la creazione del Tribunale dell’Inquisizione spagnola. Quel tribunale è stato sommerso da una pubblicistica ostile, cavallo di battaglia dell’Illuminismo, perché ritenuto la quintessenza dell’ingiustizia, dell’arbitrio, della ferocia, del fanatismo. Ma nei fatti le cose stanno davvero in questi termini?
Bartolomé Bennassar, dell’Università di Tolosa, ha compiuto con numerosi collaboratori una ricerca quantitativa. Risulta che le condanne a morte pronunciate dal Tribunale di Toledo, su duemila casi inquisiti, furono sedici, ossia meno dell’1%, e che le condanne al carcere a vita, anche per mancanza di budget per mantenere i reclusi, in media si ridussero a due anni e mezzo. Inoltre, risulta che si trattava di un tribunale che accettava la ricusazione del giudice, se l’imputato scorgeva il fumus persecutionis. Sicuramente era un tribunale che giudicava a freddo, non sull’onda emotiva prodotta dal reato. Almeno nei primi cinquant’anni di funzionamento, il Tribunale dell’Inquisizione giudicava i casi di dubbia conversione di ebrei e musulmani che accettavano il battesimo, ma che lo facevano solo per evitare l’espulsione e praticare in segreto il proprio culto. In altre parole, non si fece ricorso alla giustizia sommaria o a pogroms come in altri paesi.
I massoni hanno sempre imputato a Isabella di Castiglia, e a Cristoforo Colombo, la distruzione delle Indie, il massacro indiscriminato degli indigeni americani. È vero che nel corso di trent’anni, dal 1492 al 1522, la morte spazzò via nove decimi della popolazione, ma lo storico Pierre Chaunu ha chiarito che la causa fu uno shock microbico, ossia il fatto che quelle popolazioni non avevano anticorpi immunizzanti per malattie come morbillo, scarlattina, influenza e vaiolo, che in Europa non erano letali. Per un altro verso è vero che gli Spagnoli non hanno mai praticato alcuna forma di apartheid e che i matrimoni misti procurarono gli anticorpi agli indios sopravvissuti. Infine, è vero che la prima legislazione a favore degli indigeni fu quella promossa da Carlo V, con le Nuove ordinanze del 1542, anche a seguito del notissimo opuscolo di Bartolomé de las Cases, La distruzione delle Indie, seguito da una profonda discussione condotta presso l’Università di Salamanca da Francisco de Vitoria. Questi, che è il creatore del diritto internazionale moderno, si chiese con quale giustificazione gli Spagnoli avessero occupato un continente che non era il loro. La conclusione fu che non avevano diritto a quelle terre, ma che gli indigeni lì incontrati praticavano antropofagia, sodomia, sacrifici umani e altri disordini morali che potevano essere sanati solo dalla predicazione del Vangelo e dalla conversione al cristianesimo. Perciò, fino a quel momento, gli Spagnoli avevano il diritto di occupare il Nuovo Mondo, ma col dovere di impartire l’istruzione religiosa, un impegno realmente mantenuto.
Occorre ricordare che ben altro fu il trattamento degli indigeni da parte dei protestanti dell’America anglosassone. Là le guerre contro gli indiani terminarono solo nel 1892, non ci fu meticciato e l’epopea americana dei film western presentò negativamente gli indiani, almeno fino a quando fu girato Balla coi lupi che ha iniziato a celebrare la loro bontà. Per tacere gli interessanti tentativi compiuti da Gesuiti e Francescani, con la creazione delle reducciones in Paraguay, di salvare gli indigeni dal contatto coi mercanti di armi e alcolici, causa non secondaria della distruzione degli indigeni.
Nel vissuto degli Spagnoli la regina Isabella ha il merito d’aver chiuso il periodo torbido del regno del fratellastro Enrico IV, costellato di scandali e di ribellioni; d’aver unificato tutta la Spagna, ma in una confederazione tra regni aventi pari dignità, che lasciava ciascuno padrone in casa propria. I loro discendenti sarebbero stati re di un unico Stato, ma sempre mantenendo le antiche autonomie. Solo i folli governi liberali del XIX secolo, quando vollero introdurre l’accentramento politico di matrice francese, hanno compromesso una convivenza così rispettosa delle culture locali.
Con Isabella inizia la stagione straordinaria che prelude, sul piano artistico, al secolo d’oro della letteratura spagnola. Grazie a quella sovrana, che visse un rigoroso ascetismo personale sorretta dalla direzione spirituale dell’arcivescovo Francisco Jimenez de Cisneros, avvenne la riforma degli ordini religiosi e il rinnovamento degli studi universitari con la fondazione dell’Università di Alcalá de Henares. Così fu promosso uno sviluppo della teologia che al Concilio di Trento salvò la Chiesa cattolica quando la Riforma protestante si apprestava a condurre l’attacco più insidioso.
I vescovi e i fedeli spagnoli hanno sempre considerato questi fatti come meriti altissimi della regina Isabella che seppe unire fede indiscussa, politica rigorosa, costumi specchiati, prudenza massima, certamente coi limiti della cultura del XV secolo. L’avranno vinta i suoi diffamatori?
RICORDA
“(…) mater nostra, così definivano Isabella i francescani dell’Osservanza, e così scriverà il converso Luis de Leon, e così sentono, nel profondo, tutti gli alti rappresentanti delle Chiese d’America che ci invitano, oggi, a onorare la sua memoria. I promotori della beatificazione di Isabella, fra cui vescovi e cardinali eminenti, l’hanno affermato in modo brillante: Isabella resta «un modello per gli adolescenti, le donne, le madri, i leader politici e i capi di governo»“.
(Jean Dumont, La regina diffamata. La verità su Isabella la cattolica, SEI, Torino 2003, p. 166).
BIBLIOGRAFIA
Jean Dumont, La regina diffamata, SEI 2003.
Bartolomé Benassar, Storia dell’Inquisizione spagnola, Rizzoli 1981.
Pierre Chaunu, La durata, lo spazio e l’uomo nell’epoca moderna, Liguori 1983.
Eugenio Corti, La terra dell’Indio, Ares 1998.
Alberto Caturelli, Il nuovo mondo riscoperto, Ares 1992.
IL TIMONE – N. 30 – ANNO VI – Febbraio 2004 – pag. 26 – 27